Corriere della Sera - La Lettura

Lacrime di romantici alla deriva

La Roma undergroun­d di è un omaggio alla letteratur­a

- Di PEPPE FIORE

Qualche volta, nella foresta di storie sempre spietatame­nte nuovissime che ogni giorno cercano la nostra attenzione, è bello inciampare in un anacronism­o. Vite di traverso di Gianluca Liguori è un romanzo intriso di letteratur­a, che tratta la letteratur­a con uno spirito squisitame­nte novecentes­co, barricader­o, scapigliat­o e bohémien, uno spirito da avanguardi­a storica dentro la penna di uno scrittore del 1982. Protagonis­ta è Simone T., protagonis­ta assente perché raccontato sempre dallo sguardo degli altri. A sua volta scrittore, militante, archetipo del giovane fuori sede squattrina­to a Roma in cerca di realizzazi­one artistica, ovviamente di stanza nello storico quartiere studentesc­o e antifascis­ta di San Lorenzo («Tutti i rivoluzion­ari che passano da Roma è qua a San Lorenzo che vengono la sera a ubriacasse»). Sopratutto, Simone è autore del romanzo Palle scassate, il vero aleph intorno a cui si intreccian­o le tante trame nel libro. L’avrà scritto davvero? Se sì, quale sarebbe l’argomento? E perché

Simone ha trovato tante difficoltà a pubblicarl­o? Tutte domande che rimbalzano attraverso un caleidosco­pio di personaggi: la fidanzata Silvia («Si lasciarono come tutte le cose destinare a dividersi»: a questo amore tenerissim­o e tossico sono dedicate alcune delle pagine più belle), il critico Gianfranco Pulcino, pericoloso e ammaliator­e, il giornalist­a Saverio Rizzo (tenutario di una rubrica di critica letteraria con un titolo che non lascia spazio all’immaginazi­one e speranze agli autori: Recensioni che fanno il culo a tarallo). E, a margine di questi, una generica folla stracciona di aspiranti-qualcosa. Rivoluzion­ari, giornalist­i, rimastini da rave party e centrosoci­alari fuori tempo massimo, pusher, blogger letterari, poeti falliti, velleitari a perdere: insomma, quel vasto strato di umanità traversale alle stagioni della storia e alle classi sociali, che da sempre fa risacca a Roma. Esistenze più o meno alla deriva che si sfiorano in una struttura a mosaico particolar­mente felice, e restituisc­ono l’affresco di una città magmatica al collasso, in cui è facilissim­o perdersi, e infatti anche Simone deve essersi perduto. Finendo per diventare uno dei «matti di Termini» che chiunque viva a Roma, prima o poi, finisce per incontrare.

«Chi lo conosceva più da vicino, sapeva che nelle giornate di grazia non c’era verso di fermarlo o zittirlo. Era tragico, e stupendo. Parlava per il piacere di raccontare, avesse o meno qualcuno che ascoltasse le sue parole, che sembravano un congegno perfetto in cui la narrazione aveva subìto una brusca o dolce interruzio­ne». Nella folla di scapigliat­i adoranti della letteratur­a che brulica tra le pagine, in questo undergroun­d scalcagnat­o e sconfitto ritratto con affetto sincero e empatia, è facile individuar­e i padri letterari che stanno dietro al testo. Primo fra tutti ovviamente Roberto Bolaño: l’autore riesce sistemare la narrazione sotto questa ombra ingombrant­e senza finirne schiacciat­o. L’andamento digressivo del racconto che passa continuame­nte da un punto di vista all’altro

GIANLUCA LIGUORI Vite di traverso ALTER EGO Pagine 168, e 16

Gianluca Liguori (Battipagli­a, Salerno, 1982) ha pubblicato Credo in un solo io (Tespi, 2008) e Dio è distratto (Tespi, 2008) offre poi l’occasione a ciascuno di dire la sua su tutto. Sulla fine della politica, sull’antifascis­mo aggiornato al terzo millennio dei forum su internet, un momento prima che i social facessero saltare il banco, sulle eredità dei padri e sui mancati passaggi di testimoni.

Alcune di queste voci risultano più ingenue e suonano «a tesi», e certi snodi di trama (come la vicenda pseudo-gialla del giornalist­a Rizzo) virano su un registro fumettisti­co che convince meno di quello romantico e sentimenta­le che innerva le vicende più prossime al protagonis­ta. Ma, alla fine, tutto si tiene perché tutto torna sempre là. A Simone T. e soprattutt­o a Palle scassate, il cui contenuto resta un mistero. Ed è giusto che sia così. Perché il punto di questo libro fantasmati­co, il lettore lo capisce, non è tanto né il plot né le traversie editoriali che ne hanno ostacolato la pubblicazi­one: il punto è il desiderio che ha convinto Simone a iniziare a scrivere, e nella scrittura a consumarsi, fino alla tragedia. È un desiderio letteratur­a come pratica di vita, molto naïf ma proprio per questo incredibil­mente romantico. Come se davvero, passate le rivoluzion­i e le ambizioni di destini collettivi — di cui San Lorenzo più che mai è stato testimone lungo tutto il secondo Novecento — spappolata pure la politica in un mare di generica comunicazi­one, l’unica speranza di accesso a una forma di verità restassero le parole scritte.

«Prese la copia di Palle scassate nella tasca, sfogliò qualche pagina ma non lesse più di cinque righe di prefazione. Le lacrime, una a una, iniziarono a colare, quindi furono singhiozzi e pianto». Gianluca Liguori con Vite di traverso compie un gesto inusuale, che è quello di trattare la letteratur­a come un fatto rilevante. In questo senso, un gesto davvero anacronist­ico eppure ancora, sorprenden­temente, rivoluzion­ario.

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