Il migliore Schiavone al profumo di Proust

Ultime sul vicequestore Schiavone al decimo anno di servizio narrativo: odia gli album di Fausto Papetti (spero non le copertine), la pizza congelata e il sushi. Gli piace il Colli di Luni, vermentino ligure (ha provato l’Argiolas, vermentino sardo?) e indugiare nell’arte della pareidolia (vedere, per esempio, nei nodi di una porta di legno la penisola scandinava). Montalbanescamente, Rocco sente il peso dei giorni che volano via. Le sue chiacchierate con il procuratore Baldi sono la sagra dell’amnesia: nomi di cocktail dimenticati, titoli di canzoni pure. Conclusione amara: la fregatura umana è avere coscienza del tempo che passa. Allora Rocco sfodera doti proustiane. Il profumo della barberia di via del Moro dove Sor Luciano, porro gigante sul naso e denti neri di fumo, gli tagliava i capelli e: «Alla fine gli spazzolava il collo con una specie di pennello che sputava borotalco. Poi Rocco e suo padre andavano a prendere il gelato a piazza Mastai e il pomeriggio era concluso. Rocco prendeva sempre stracciatella e cioccolato». In ELP (che sta per Esercito di Liberazione del Pianeta dai veleni che gli abbiamo riversato sopra) i giovani si rivoltano contro i vecchi («hanno l’entusiasmo di una lapide») invadendo autostrade e ferrovie con polli, maiali e mucche scarcerati. È La fattoria degli animali secondo Antonio Manzini più un pizzico di V per vendetta di Alan Moore. Sotto il profilo investigativo ELP è la più bella inchiesta del vicequestore. Non manca una controstoria umoristica, una farsa napoletana alla Felice Sciosciammocca, una sceneggiata da Io, mammeta e tu, declinata in un irresistibile abruzzese. Nel finale al sapore di Hemingway Rocco fissa negli occhi una leonessa: «Erano specchi in cui guardarsi. E provare vergogna per sé stessi». Com’è l’ultima frase del Grande Gatsby? «Così continuiamo a remare, barche controcorrente, risospinti senza posa nel passato». Remiamo, postillerebbe

Schiavone, nel «mare magnum dello esticazzi». Gran romanzo.

Antonio Manzini (Roma, 1964)