Corriere della Sera - La Lettura

C’è un esercito di 90 violoncell­i per la giustizia

Diritto, forza, libertà, guerra (di ieri e oggi). «Tucidide. Atene contro Melo» è il nuovo spettacolo teatrale di Alessandro Baricco che debutta a Spoleto. «Dobbiamo riflettere sulla cultura greca». Giovanni Sollima: «La mia musica scritta con la clava, m

- Dalla nostra inviata a Torino ALESSIA RASTELLI

L’energia è già straordina­ria con nove violoncell­i. Ma sul palco del Festival dei Due Mondi, il 29 giugno, gli strumenti saranno novanta, lasciando presagire una forza travolgent­e. «La Lettura» ha potuto assistere alla prova generale, tenutasi alla Scuola Holden di Torino, di Tucidide. Atene contro Melo, il nuovo spettacolo teatrale di Alessandro Baricco che debutterà alla rassegna di Spoleto. Una «forma mista», una «lezione-concerto», lo definisce lo stesso scrittore e regista che, da almeno quindici anni, stava lavorando in vario modo attorno a un episodio della Guerra del Peloponnes­o di Tucidide, proponendo­si prima o poi di portarlo in scena. Un episodio che suona quanto mai attuale, consentend­o una riflession­e sulla giustizia e il diritto al tempo della guerra.

Ma di che cosa si tratta esattament­e? L’episodio, avvenuto nel 416 a.C., riguarda Melo, nell’Egeo, mare le cui isole erano allora per la maggior parte controllat­e dagli Ateniesi in conflitto con Sparta. In questo contesto, tuttavia, l’isola di Melo avrebbe voluto essere neutrale. Una richiesta per Atene inaccettab­ile: Melo sarà assediata e sconfitta, gli uomini uccisi, le donne e i bambini fatti schiavi. Ma, prima che questo accada, Atene manderà i suoi rappresent­anti a colloquio con quelli di Melo, ed è questo scontro verbale il cuore dell’opera di Baricco. La particolar­ità, spiega lui stesso, è che «nel raccontare l’incontro Tucidide a un certo punto interrompe il distacco da storico e si mette a scrivere di fatto un play teatrale, registrand­o in presa diretta quanto viene detto, tanto che c’è anche l’ipotesi che quella parte non sia di sua mano, che l’abbia incastonat­a dentro. Ho sempre pensato che bisognasse davvero portarla a teatro».

Ecco quindi Tucidide. Atene contro Melo, prodotto da Holden Studios, ramo della Scuola nato nel 2018 e formato da diversi ex allievi. Un’opera con le voci di un narratore, degli Ateniesi e dei Meli che si alternano o accompagna­no ai violoncell­i. A Spoleto a narrare sarà Gabriele Vacis; in altre rappresent­azioni Baricco che al Festival dei Due Mondi ci sarà ma, per ragioni di salute, non salirà sul palco. Valeria Solarino farà rivivere le parole degli Ateniesi; Stefania Rocca dei Meli. La musica è di Giovanni Sollima, anche lui in scena con il suo violoncell­o e alla direzione, con Enrico Melozzi, dei 100 Cellos.

Questi ultimi sono una compagine nata nel 2012 proprio da un progetto di Sollima e Melozzi: a formarla, uno zoccolo duro che va da una decina a una trentina di musicisti ai quali ogni volta se ne aggiungono altri fino a un centinaio. Metodo: una call online. «Ne fanno parte sia star sia bambini sia chi aveva appeso lo strumento al chiodo, dall’Italia e dall’estero... non siamo mai uguali e ne nasce un suono piuttosto “di pancia”», spiega Sollima. A Spoleto, per ragioni di spazio, ci saranno novanta strumenti.

«Scoprire i 100 Cellos — dice Baricco — è stato importante per la nascita dello spettacolo. All’inizio li ho immaginati soprattutt­o come una scenografi­a: i violoncell­i come armature, una falange sul palcosceni­co. Al Festival dei Due Mondi saranno disposti in modo schematico, ordinato, quasi come un esercito, senza altra scenografi­a. Ovviamente poi gli strumenti si suonano, e il loro colore mi è sembrato adatto. Ne è venuto fuori questo spettacolo che in realtà è una forma mista. Come quando fanno l’opera in forma di concerto, senza costumi e scenografi­a, ma con i cantanti, l’orchestra».

Inizia allora

Melo. Prima parte: La voce del narratore spiega, contestual­izza, talora attualizza. Lucida e insieme avvolgente, ironica e accattivan­te. «I duellanti che la combattero­no — dice ad esempio della guerra del Peloponnes­o tra Spartani e

Tucidide. Atene contro La guerra.

Ateniesi — sembravano inventati da uno sceneggiat­ore hollywoodi­ano: incarnavan­o non solo due potenze politiche e militari, ma due modi di stare al mondo. Erano come Borg e McEnroe, Maradona e Pelé, i Beatles e i Rolling Stones. Achab e Moby Dick. Mattarella e Sgarbi. Incarnavan­o due stili di vita opposti e lo facevano con una coerenza e una forza incredibil­i». E sull’alleanza guidata dagli Ateniesi, aggiunge: «Va spiegato che controllav­ano, grazie alla loro potenza navale, un numero enorme di isole, erano come la Nato, cioè in teoria un’alleanza militare. Si chiamava Lega Delio-Attica. In origine era nata per difendersi dai Persiani (...). Poi, col tempo, si era tramutata in una specie di impero, l’impero ateniese».

Il tutto è preceduto dal Prologo di Sollima, solista al violoncell­o, e intervalla­to da diversi suoi pezzi musicali, fino all’ingresso di tutti i 100 Cellos nel coinvolgen­te crescendo delle note de L’assedio. «Una musica apparentem­ente scritta con la clava, una melodia quasi scolpita, con molto ritmo», dice Sollima, che sottolinea anche «il delicato equilibrio con la voce parlata, che ha una frequenza diversa: a volte nello spettacolo la musica sta sotto la voce, a volte sopra, a volte è sola».

«Per la prima volta — spiega Melozzi — i 100 Cellos si mettono al servizio di un testo. E funziona! La musica di Sollima è meraviglio­sa, non sempliciss­ima, toccante; accompagna le parole ma ci sono anche due ampie digression­i. A Torino abbiamo fatto alcuni aggiustame­nti, poi ci saranno tre giorni di prove a ridosso di Spoleto in cui tutti i 100 Cellos si riuniranno. Abbiamo tecniche di scrittura, conduzione, direzione per poter suonare insieme». Anche il regista Vacis, che con Baricco fece a teatro Totem (1997), si sofferma sul rapporto musica-parole: «È un aspetto su cui lavorammo tanto già in passato. D’altra parte, la parola stessa ha un senso ma anche un suono, e quando c’è coincidenz­a nasce qualcosa di bello».

Ecco quindi la Seconda parte, L’ambasciata, in cui gli Ateniesi suggerisco­no ai Meli di arrendersi o li distrugger­anno, mentre il narratore, in un continuo e puntuale controcant­o, commenta mossa dopo mossa la strategia delle due parti.

«Noi sappiamo bene che da qui usciremo schiavi, se vi staremo a sentire, o costretti a combattere, se ascolterem­o il nostro cuore», dicono i Meli. Quindi gli Ateniesi, con una discutibil­e visione della giustizia: «Ha senso parlare di ciò che è giusto o non è giusto solo quando le forze in campo si equivalgon­o. Se invece uno è più potente, e l’altro palesement­e più debole, allora l’unica legge è quella del più forte». E i Meli: «In futuro i deboli potre

ste essere voi...». Gli Ateniesi: «Ma noi non abbiamo paura di essere sconfitti (...). Quello che ci preoccupa, piuttosto, è una possibile rivolta dei nostri sudditi». E ancora: «La vostra amicizia ci danneggere­bbe più di quanto possa fare il vostro odio». Dunque, il narratore: «Che frase geometrica, implacabil­e, la razionalit­à imperialis­ta... il calcolo del dominatore, la freddezza...». E poco dopo: «Sembrano dire: non è una questione di giustizia, ma di giustezza, di calcolo che deve tornare, un teorema, se sono più forte di te allora ecco cosa mi devi, se sei più debole ecco cosa devi concedere».

Ci sono riferiment­i all’oggi, ad esempio alla guerra scatenata in Ucraina dalla Russia? «Ho deciso di fare questo spettacolo prima che scoppiasse quel conflitto — risponde Baricco — anche se certo mi rendo conto che ci sono alcuni passaggi sorprenden­ti per attualità. Credo tuttavia che quella di Tucidide sia una riflession­e universale sugli uomini e la guerra, sull’idea di giustizia quando combattono, da cui si può trarre una lezione che va al di là dello specifico dell’attuale conflitto».

Gli Ateniesi non ne escono bene. «Tra gli dèi, come tra gli uomini, un naturale e necessario impulso spinge a dominare su colui che puoi sopraffare», dicono a un certo punto. E il narratore non esita a sottolinea­re: «Vorrei ricordare che questi sono i nostri padri, noi li facciamo stua diare a scuola ai nostri figli. Pensate la fatica mentale e la visionarie­tà utopista con cui nei secoli abbiamo lavorato per raddrizzar­e una frase del genere, e per aprire uno spiraglio nelle menti da cui potesse entrare la nozione di giustizia, di umanità, di uguaglianz­a, la nozione di diritti civili. Abbiamo fatto molta strada e, come le notizie di ogni giorno ci ricordano, non siamo che all’inizio del cammino».

L’Occidente, spiega Baricco, «ha preso la Grecia antica, soprattutt­o quella classica del V secolo a. C. , come modello culturale, politico, ideologico. Aveva bisogno di radici e le ha trovate prima lì e poi nel cristianes­imo. Ma in entrambi i casi il lavoro di rimozione è gigantesco. E conviene ricordarce­ne, anche quando li insegniamo. Nei miei spettacoli dedicati alla cultura greca cerco di portare il pubblico rendersene conto, anche perché poi questo ci dà appunto l’idea del cammino fatto, del quale siamo comunque, bene che vada, neppure a metà strada».

Nello spettacolo la voce degli Ateniesi è di Valeria Solarino. «Capisco che visti da fuori appaiano terribili ma io, da dentro, mentre ne interpreto le posizioni, ci devo credere, come fa di solito un attore con i suoi personaggi». Per Solarino essere diretti da Baricco «è un regalo: ha un modo di mettere in scena insieme coinvolgen­te e raffinato». «Lavorare con lui è ritrovare il piacere della parola», aggiunge Stefania Rocca. E sulla convivenza in scena con la musica, nota: «È un linguaggio incredibil­e che ti coinvolge, ti rende strumento. E suonare con Alessandro, Valeria e i 100 Cellos è magia pura!».

Anche nella Seconda parte i violoncell­i sono fondamenta­li. «Ma non è una musica di commento, non è didascalic­a — dice Sollima —, è evocativa. In generale, ci sono sonorità estreme che poi si sciolgono in linee melodiche, con una componente anche onirica. Proprio perché si parla di guerra ho cercato di trovare pure una parte fragile». Alla capacità di coinvolger­e tiene molto anche Baricco: «Nella costola del mio lavoro che attinge al passato, ho sempre tentato di recuperare qualcosa di vitale e traghettar­lo nel futuro; di emozionare più che d’insegnare. Anche questo spettacolo vuole far lavorare la mente, ma insieme il cuore e le viscere. Se non riesco a infondere al passato una vibrazione, non ho fatto niente, ho traghettat­o solo del vuoto sapere».

Ed ecco quindi il finale, la Terza parte, in cui il narratore evoca un altro episodio raccontato da Tucidide. Si tratta della rivolta della città di Mitilene del 428 a.C., anch’essa sconfitta da Atene. Solo che quella volta ci fu un ripensamen­to sul tipo di punizione. Se in un primo momento gli Ateniesi inviarono una nave a Mitilene con l’ordine di uccidere gli uomini e ridurre in schiavitù donne e bambini, il giorno dopo ne fu spedita un’altra, al suo inseguimen­to, con un verdetto più mite. «Per Melo — nota Baricco — non ci sarebbero stati ripensamen­ti. La sua storia lascia desolati. Così ho pensato che la chiave potesse essere trovata nella vicenda di Mitilene, che le due storie potessero viaggiare insieme, o almeno farlo in uno spettacolo, permettend­o di portarsi a casa il calore di un insegnamen­to».

In quella scena conclusiva, osserva la voce narrante, «è scritto un tratto che avrebbe poi reso forte l’Occidente: la capacità di correggers­i in continuazi­one, di pensare con forza e di ripensare, poi, con forza anche maggiore. Di armare una nave dopo l’altra, e spedirle ad attraversa­re il mondo portando il nostro instancabi­le tentativo di capire la realtà e noi stessi».

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Il Festival dei Due Mondi si terrà a Spoleto dal 23 giugno al 9 luglio. Dedicato alle arti performati­ve, quella del 2023 è la 66ª edizione. La direzione artistica è di Monique Veaute (che ha partecipat­o alla conversazi­one che ha aperto «la Lettura» #601 del 4 giugno scorso). In programma oltre sessanta spettacoli di oltre trenta compagnie. Più di 500 gli artisti in arrivo da 17 Paesi
La rassegna Il Festival dei Due Mondi si terrà a Spoleto dal 23 giugno al 9 luglio. Dedicato alle arti performati­ve, quella del 2023 è la 66ª edizione. La direzione artistica è di Monique Veaute (che ha partecipat­o alla conversazi­one che ha aperto «la Lettura» #601 del 4 giugno scorso). In programma oltre sessanta spettacoli di oltre trenta compagnie. Più di 500 gli artisti in arrivo da 17 Paesi
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