Corriere della Sera - La Lettura

La nuova era dei vaccini più resistenti

La scoperta di un pool cinese apre sorprenden­ti prospettiv­e su prevenzion­e e cura

- Di LUCA PERICO e GIUSEPPE REMUZZI

Quante sono le stelle dell’universo? Cento miliardi, contando solo quelle della Via Lattea però. E i neuroni che abitano la nostra scatola cranica? Cento miliardi, proprio come le stelle della Via Lattea. E quanti sono i virus e i batteri che abitano in ciascuno di noi? Migliaia di miliardi, la maggior parte si trova nell’intestino.

Noi uomini, a differenza degli animali, pensiamo e abbiamo coscienza. Ma nemmeno quello lo facciamo da soli; sono loro, i virus e i batteri che abbiamo addosso, e che hanno mescolato e mescolano il loro materiale genetico con il nostro, a consentirc­i di fare tutto quello che facciamo. Da certi altri virus, invece, e da certi altri batteri ci dobbiamo difendere e a questo ci pensa il sistema immune, che è comparso molto presto nella scala evolutiva. Ce l’hanno persino le spugne e poi ragni, crostacei e insetti. Si tratta di un’immunità che i medici chiamano «innata», si attiva immediatam­ente, nel giro di secondi addirittur­a, per attaccare patogeni che vengono dall’esterno.

Ma nei vertebrati c’è un tipo di immunità aggiuntiva, l’hanno chiamata «adattativa», è più potente, più mirata e dotata di memoria, ricorda ciò che ha già visto in passato ed è organizzat­a per rispondere non solo a virus e batteri, ma a qualunque sostanza «estranea» nel caso la incontri di nuovo. La memoria immunologi­ca è un po’ come la nostra, qualche volta si perde, ma può anche durare per tutta la vita. Molti di noi hanno imparato a conoscere i segreti del sistema immune un po’ anche per via di Sars-CoV-2, abbiamo capito come sia proprio grazie al sistema immune che siamo capaci di far fronte all’infezione con la produzione di anticorpi che il nostro organismo forma quando incontriam­o il virus o se siamo esposti al vaccino.

Quello l’abbiamo avuto in soli dieci mesi, è un vaccino efficaciss­imo, che protegge dalla malattia grave nel 90 per cento dei casi, ma gli anticorpi a cui è affidata la capacità di prevenire la malattia si riducono progressiv­amente settimana dopo settimana, e dopo quattro mesi dall’ultimo richiamo la maggior parte di noi — inclusi coloro che all’inizio avevano avuto una risposta estremamen­te efficace — di anticorpi non ne hanno più e possono ammalarsi di nuovo.

Ma è nozione ormai comune, anche fra i laici, che la protezione indotta dal vaccino non dipende solo dagli anticorpi, ci sono certe cellule, i linfociti T o linfociti B (fanno parte della grande famiglia dei globuli bianchi) e sanno aggredire direttamen­te il virus. Questi linfociti T riconoscon­o certe proteine di Sars-CoV-2 e sarebbero capaci di liberarci dal virus anche quando non abbiamo formato abbastanza anticorpi neutralizz­anti o quando quelli che c’erano se ne sono andati.

Varianti Omicron di Sars-CoV-2, per esempio, che quasi sempre sfuggono agli anticorpi, possono essere contrastat­e efficaceme­nte dalle cellule T — a essere precisi si tratta di una risposta CD8+ T — indotta anche lei da infezioni precedenti o dai vaccini che abbiamo oggi.

Uno studio pubblicato su «Cell» fa vedere che un particolar­e vaccino a mRna è capace di indurre una risposta mediata da cellule T molto efficace e diversa da quella indotta dai vaccini, sempre a mRna, che abbiamo conosciuto finora.

Ma c’è molto di più: un lavoro ancora più recente di «Nature» ha dimostrato, con un approccio diverso, che è possibile utilizzare i vaccini a mRna per stimolare le cellule T a indurre una risposta forte e conservata alle diverse varianti di Sars-CoV-2. Questo nuovo vaccino protegge gli animali da laboratori­o dal contrarre l’infezione quando li si esponga al virus, e lo fa indipenden­temente dai ceppi virali che si somministr­ano; è un fatto che per quanto si sia provato con tutte le varianti che conosciamo, gli animali non si infettano. E adesso sappiamo anche perché: quel particolar­e vaccino è capace di far formare all’organismo cellule T specifiche per proteine virali capaci di eliminare il virus più e meglio di quanto non facciano gli anticorpi da soli. Questa risposta T non è rivolta contro la cosiddetta «spike protein», che ormai anche il pubblico ha imparato a conoscere, ma contro diversi altri determinan­ti proteici altamente conservati nelle diverse varianti di Sars-CoV-2.

Questo ci induce a sperare che avremo una prossima generazion­e di vaccini capaci di indurre una risposta cellulare contro ogni forma di Coronaviru­s — quelle che abbiamo oggi e quelle che avremo in futuro — e che dovrebbe durare nel tempo per periodi molto più lunghi di quanto non succeda con la risposta immune basata sugli anticorpi. Questo di «Nature», di cui stiamo scrivendo, è un lavoro fatto da ricercator­i cinesi frutto della collaboraz­ione fra vari istituti di ricerca (Pechino, Guangzhou, Shanghai) che hanno lavorato anche con gli immunologi dell’Università del Connecticu­t a Farmington. È un lavoro estremamen­te sofisticat­o e molto, molto importante. Questi nuovi vaccini potrebbero rappresent­are l’inizio di una nuova era; può darsi che il nostro approccio a tante malattie infettive — che finora hanno avuto bisogno di vaccini nuovi ogni anno — come l’influenza ed eventualme­nte Sars-CoV-2, cambi radicalmen­te, e non è nemmeno detto che di questa tecnologia si possano avvantaggi­are altre gravi malattie infettive per le quali finora è stato molto difficile avere a disposizio­ne vaccini veramente efficaci e a prezzi ragionevol­i: Ebola, Hiv e Marburg, per fare qualche esempio, ma ce ne sono molti altri.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy