Corriere della Sera - La Lettura
Allerta Italia: frontiera fragile anche del clima
Siccità e alluvioni saranno sempre più frequenti: è necessario limitare i danni
Questa visualizzazione non avrebbe bisogno di commenti. Parla da sola. Basta guardare come si alzano le curve totali degli eventi estremi su tutto il territorio nazionale tra il 2017 e il 2018, restando poi stabilmente molto superiori alle precedenti. L’Italia sta cambiando, anzi è già cambiata, irreversibilmente. Ma è importante analizzare le statistiche perché ci fanno staccare lo sguardo dalla cronaca quotidiana delle sciagure, per cogliere una dinamica più ampia.
Per «evento ambientale estremo» si intende un fenomeno meteorologico molto violento che causa gravi danni a persone e cose. Per quanto rari, questi disastri ci sono sempre stati. Qui vediamo però chiaramente che la loro frequenza in Italia sta aumentando. Nel caso dell’alluvione in Romagna, alcuni commentatori hanno sostenuto che non si può dimostrare un legame «diretto» di causa-effetto tra il riscaldamento globale e il singolo evento estremo localizzato. Ammesso che sia fatta in buona fede, questa affermazione è corretta, ma parziale. Il legame infatti è indiretto, ma statisticamente reale. Il punto spesso frainteso è che il surriscaldamento del pianeta è un’evoluzione appunto «globale», cioè si misura sulle medie e sulle tendenze complessive. Nel caso in questione, è accertato che implica un aumento di probabilità di fenomeni sempre più estremi.
Ricorrendo a una metafora forse diventa più chiaro. Pensiamo a un campione di calcio, Cristiano Ronaldo, che mediamente, nelle ultime stagioni, ha segnato tanti gol. Il fatto che Cristiano Ronaldo faccia rete, mettiamo, trenta volte a campionato non significa che andrà a segno anche domenica prossima. Il prossimo gol che segnerà sarà dovuto a una sua prodezza, a una papera del portiere, a un bel passaggio di un compagno. Quindi la sua media stagionale non «causerà direttamente» il prossimo gol. Tuttavia, è evidente che quella media stellare renderà piuttosto probabile che Cristiano Ronaldo sarà un marcatore anche nella prossima partita. Esiste eccome un legame tra la sua media complessiva da capocannoniere e il singolo gol. Chiamiamolo il principio di Cristiano Ronaldo.
Ora al posto di Cristiano Ronaldo mettiamo la quantità media crescente di calore che circola in atmosfera a causa del cambiamento climatico di origine antropica. Alterando gli schemi della circolazione atmosferica (in
Italia, con un flusso non più solo da ovest a est, ma sempre più anche da sud a nord e da nord a sud), aumentando i contrasti termici e interagendo con altri processi fisici, essa renderà più probabili e più estremi i fenomeni atmosferici violenti. Detto altrimenti, i dati scientifici a disposizione — migliaia di pubblicazioni accumulate ormai da decenni — attestano che le precipitazioni si stanno intensificando in molte regioni del mondo e i singoli eventi estremi diventano più frequenti e più forti che in passato. Lo stesso vale — in modo complementare e connesso — per le siccità sempre più lunghe, estese e impietose. Troppa acqua tutta insieme o troppo poca, come notiamo nella visualizzazione.
La confusione tra media ed evento singolo genera errori logici diffusi nel dibattito pubblico. Trattandosi di medie globali (il principio di Cristiano
Ronaldo), è possibile che, cercando bene negli archivi, si trovino in anni lontani picchi di caldo anche superiori a quelli attuali. Non importa, perché non contano gli eventi singoli, ma la tendenza generale di aumento della frequenza dei valori più estremi delle temperature. Allo stesso modo, è possibile che in Europa e Nord America talvolta faccia più freddo del solito. Non cambia nulla, perché valgono le medie globali delle temperature (in aumento: siamo già a +1,2 gradi rispetto al periodo preindustriale) e le frequenze complessive di questi freddi anomali (in diminuzione). In alcune regioni magari piove meno di prima (per esempio nel meridione d’Italia) o più di prima, ma per gli eventi estremi ciò che importa è l’aumento della variabilità dei fenomeni, cioè della forchetta tra lunghe siccità e precipitazioni persistenti. Quanto all’adagio per cui «il clima è sempre cambiato», è vero, ma negli ultimi 600 milioni di anni non era mai cambiato così velocemente e mai a causa delle attività di una specie sola, Homo sapiens.
Visto che parliamo di scenari globali, nel suo ambito l’Italia rischia di più o di meno della media? Purtroppo, di più. Siamo nell’occhio del ciclone. A causa della posizione geografica in mezzo al Mediterraneo e della fragilità del suo territorio, il nostro Paese è in Europa tra quelli più esposti agli eventi estremi in tutte le dieci categorie riportate nel grafico. Oltre all’aggravarsi del rischio idrogeologico, per i prossimi anni i modelli prevedono per l’area mediterranea un’impennata delle curve 5 e 10 della visualizzazione (siccità prolungate, incendi e temperature estreme nelle città).
Dunque non è questione di allarmismo, ma di realismo. Nel 2030 il surriscaldamento climatico toccherà il grado e mezzo. Anziché tergiversare su quanto debba essere graduale la transizione ecologica, sarebbe meglio attrezzarsi presto per ridurre i danni, soprattutto nell’interesse delle future generazioni, come adesso prevede anche l’articolo 9 della Costituzione. E invece il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici non è ancora approvato in via definitiva e non è diventato vincolante. Prevenire ove possibile gli eventi estremi costa molto meno che affrontarli dopo che hanno seminato morte e distruzione. Alluvioni, tempeste, frane, siccità prolungate, grandinate violente, ritiro dei ghiacciai, bolle di calore in città non sono più una sequenza di «emergenze» di cui stupirsi e dolersi ogni volta, ma il segnale che siamo entrati in uno stato di vulnerabilità permanente.