Corriere della Sera - La Lettura
C’è un altro «Figlio di Dio»
Il serial killer di Danya Kukafka, scrittrice neanche trentenne nata in Colorado, è un parente — non tanto stretto, ma altrettanto efficace — dell’assassino seriale di Cormac McCarthy
Grazie a una narrazione in seconda persona, a una scrittura gotico americana, diretta, efficace e amara, Appunti su un’esecuzione si rivela un brillante romanzo drammatico che preme per avvicinarsi tematicamente — soprattutto con falsa delicatezza —, alla crudeltà esistenziale di Figlio di Dio di Cormac McCarthy. I protagonisti dei due romanzi sono serial killer di una spietatezza di diversa natura. Lester Ballard, il criminale di McCarthy, non dimostra alcun tipo di umanità o pentimento, anzi insiste nelle sue violenze; mentre quello di Kukafka, Ansel Packer, possiede sentimenti, profondità, emana una surreale empatia (anche se solo in superficie) e forse anche pentimento (quasi sicuramente prova amore e odio in contemporanea). Ciò che sente è comunque un mistero, difficile da chiarire.
«Siedi sul pavimento con la schiena appoggiata al telaio del letto, tenendo il vassoio in grembo: una scivolosa cotoletta di maiale, un grumo di purè, un cubo di gelatina verde fluorescente. Tagli la carne con il lato della forchetta: è la stessa che servono ai detenuti in bassa sicurezza nel resto del carcere centrale. Niente di speciale. Il famigerato Ultimo Pasto non esiste più, fu bandito anni fa quando le richieste si fecero troppo eccentriche e arrivò un nuovo direttore. La carne si taglia facilmente. Infilzi un pezzo, te lo porti alla bocca. Ha un sapore gommoso, salato, irreale; ingoi, immaginando come viaggerà lungo la gola, poi nell’intestino, come si dissolverà lentamente insieme
La storia del libro è costruita secondo un’architettura romanzesca, tra il passato (1973) e il presente (oggi), in attesa dell’esecuzione, come se si leggesse il diario emotivo di un paziente redento solo per finta. Ansel è un detenuto nel braccio della morte, mancano dodici ore all’esecuzione. Il suo memoriale, che è in effetti il romanzo, emana una sensazione di costante fatalità, mentre si alternano i racconti sulle donne uccise, tre, a 17 anni. Quali sono le radici e le ragioni del male che hanno spinto Ansel agli omicidi? È cresciuto nel cuore povero degli Stati Uniti, in una collina selvaggia, con un fattore rude, Johnny Packer, «una vaga presenza che incombe in lontananza» e una madre bambina, Lavender, costretta a violenze, presto senza più forze, che fugge verso San Diego lasciando soli i figli. Ansel è stato abbandonato a quattro anni, il fratellino è morto presto. Assegnato all’ultima famiglia affidataria, dopo la maturità, vive da solo in un campo roulotte.
La prima ragazza uccisa è un’estranea, una collega di un locale, il Dairy Queen, presso cui lavora e che corteggia senza riuscire a consumare l’amplesso. La seconda è una cameriera di una tavola calda. Anch’essa un’estranea. La terza una ragazza seduta al bar durante un concerto. Tutte e tre strangolate. È l’incontro con due gemelle, Jenny e Hazel, conosciute al primo anno della Northern Vermont University, che lo accolgono nella casa dei genitori, a mitigare forse la tensione delittuosa di Ansel, a fargli provare sentimenti delicati in contrasto con le sue cattive pulsioni che spesso risorgono attraverso pianti interiori a cui non vuole prestare ascolto. Attratte dal magnetismo perturbante e sensuale di questi, le gemelle sembrano contendersi l’attenzione di Packer perché, parafrasando Kukafka, «due cose connesse devono comunque separarsi». A occupare buona parte della storia relativa e vicina al presente narrativo, sono, invece, le vicende attorno a due donne che fanno parte, quasi definitivamente, della vita di Ansel. La prima è la detective della polizia di stato di New York, Saffy, che l’ha incastrato e lo conosce dai tempi del campo roulotte. Il suo rapporto con il serial killer è improntato sulla severità della giustizia dopo anni di disperazione e di duri ricordi, tra cui una volpe smembrata per opera del giovane Ansel. La seconda è la guaralla
dia carceraria Shawna. Si innamora di Ansel, a lui promette di pianificare la fuga prima dell’esecuzione. Lo fa mentre si scambiano bigliettini e di nascosto manifestano il loro morboso affetto. Se nel primo caso Saffy fa rispettare la legge arrivando alla cattura di Ansel; nel secondo, Shawna si lascia ammaliare dal fascino conturbante e cede a quella specie di mistero attraente che emana il criminale. Riuscirà Shawna a organizzare la fuga, nonostante le evidenti difficoltà logistiche? Oppure Ansel pagherà, con la vita, la sua malvagità?
Appunti su un’esecuzione, complice il suo eclettismo strutturale e la varietà narrativa, non è soltanto un romanzo dalla cruda drammaticità, è un ottimo thriller poliziesco ed esistenziale. Da una parte porta alla memoria — al di là del collegamento istintivo ed entusiasta al Lester Ballard di Cormac McCarthy –, il serial killer ambiguo, dall’amore malato, di L’assassino che è in me di Jim Thompson. Dall’altra parte offre un miscuglio, assolutamente peculiare, tra Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides, per come Kukafka tratta fino alla minuzia le vite domestiche delle figure femminili, e Fermento di luglio di Erskine Caldwell per come la scrittrice del Colorado movimenta le investigazioni.
Il romanzo è adatto a una trasposizione cinematografica grazie anche a una concisione stilistica che permette di individuare con facilità le scene cruciali. Inoltre, in Appunti su un’esecuzione sembrano intravedersi alcune figure del piccolo e del grande schermo: la tormentata detective Ani Bezzerides di True Detective (nella seconda stagione della serie tv Hbo); e le somiglianze con il detenuto Gerald «Stone» Creeson, dal film omonimo di John Curran. Qui il fascino criminale influenza catastroficamente le relazioni con la giustizia fino a incrinarla e disturbarla.