Corriere della Sera - La Lettura
Il terrorismo contro le donne
Bruno De Stefano ha raccolto cento femminicidi «Fatti, nomi e volti che non dobbiamo dimenticare»
Margaret Atwood, scrittrice canadese e icona femminista (Il racconto dell’ancella e il sequel I testamenti continuano a rappresentare uno specchio dello stato dei diritti delle donne in tutto il mondo) chiese una volta a un amico maschio perché gli uomini si sentono minacciati dalle donne. L’amico rispose: «Hanno paura che le donne ridano di loro». Atwood domandò quindi a un gruppo di donne perché si sentissero minacciate dagli uomini: «Abbiamo paura che ci uccidano».
Documentare l’esistenza della violenza contro le donne è difficile; documentare storicamente l’entità della violenza è ancora più problematico. Nel 1976 Diana E. H. Russell (1938-2020), attivista, studiosa e scrittrice femminista americana, definisce per la prima volta come femminicidio «l’uccisione delle donne da parte degli uomini in quanto donne». L’intento è quello di «politicizzare» il termine e attirare l’attenzione sulla misoginia che guida «questi crimini letali contro il genere femminile». «La maggior parte delle uccisioni di donne da parte di mariti, amanti, padri, conoscenti e sconosciuti» spiega in Femicide: The Politics of Woman Killing, saggio scritto con Jill Radford nel 1992, «non sono il prodotto di qualche inspiegabile devianza. I femminicidi sono la forma più estrema di terrorismo sessista, motivati da odio, disprezzo, senso di possesso»: tutte le società patriarcali «hanno usato, e continuano a usare, il femminicidio come forma di punizione e controllo sociale sulle donne».
L’antropologa e politica messicana Marcela Lagarde amplia nel 2004 il concetto di femminicidio aggiungendo — nel contesto delle «Muertas de Juárez», l’ondata di donne assassinate negli anni Novanta a Ciudad Juárez, al confine tra Messico e Usa (in trent’anni, dal 1992 al 2022, 2.376 donne assassinate, 282 disperse, secondo un articolo della giornalista Beatrice Guillen apparso sul quotidiano spagnolo «El País» il 30 gennaio 2022) — «negligenza, omissione e complicità di istituzioni e autorità incaricate di prevenire e sradicare questi crimini».
Dal 2012 le giornaliste del «Corriere della Sera» danno conto sul blog «La 27esima ora» dei femminicidi commessi nel nostro Paese. Una Spoon River per non dimenticare storie e volti delle vittime. Un dovere «della memoria» di cui si è fatto carico anche Bruno De Stefano, giornalista autore del libro I femminicidi che hanno sconvolto l’Italia (Newton Compton Editori) in cui ripercorre «cento storie di donne uccise da chi diceva di amarle».
«La rapidità con cui giornali e tv divorano le notizie — riflette De Stefano — spinge verso l’oblio fatti, nomi e volti che non dovremmo dimenticare. La morte di Giulia Tramontano, accoltellata al settimo mese di gravidanza dal compagno Alessandro Impagnatiello nel maggio scorso, ci ricorda che la stessa sorte ha subito Jennifer Zacconi, strangolata nel 2005 dal padre del bimbo che portava in grembo, Lucio Niero, sposato e padre di due figli; o Mariella Anastasi, assassinata nel 2012, al nono mese di gravidanza, dal marito Salvatore Savalli con la complicità dell’amante, Giovanna Purpura. Del delitto i due si accuseranno a vicenda».
Nella «sterminata galleria degli orrori» raccolti nel libro — che esce nei giorni in cui si insedia la Commissione bicamerale sul femminicidio con la nomina di Martina Semenzato (Noi moderati) alla presidenza — il delitto che più ha sconvolto l’autore è quello di Gloria Pompili: «Ho raccontato delitti di camorra e mafia, ma mai ho provato raccapriccio come per gli assassini di questa giovane donna di Frosinone». Alla bestialità del delitto, si aggiunge la mostruosità in cui lo stesso è maturato: «A 7 anni Gloria finisce col fratello in una casa famiglia, a 18 sposa un ragazzo romeno, che verrà arrestato per droga, da cui ha due figli. Sola, disoccupata, con due bambini da crescere. Una cugina della madre, Loide Del Prete, le offre un lavoro nel negozio di frutta e verdura che sta per aprire col marito, l’egiziano Saad Mohamed Elesh Salem». Il piano è però un altro: «I due costringono a suon di botte Gloria a prostituirsi, tenendo per loro gli “incassi”. La giovane non denuncia, teme possano toglierle i figli. Nell’estate del 2017 non ce la fa più, vuole abbandonare quella vita. La sera del 23 agosto, i suoi aguzzini vanno a prenderla sul posto di lavoro, in macchina ci sono anche i bambini. Durante il tragitto, Gloria viene picchiata selvaggiamente, un colpo le spappola la milza con conseguente emorragia interna. Quando Saad chiama i soccorsi è troppo tardi: Gloria muore a 23 anni in una piazzola di sosta, sotto gli occhi dei figli».