Corriere della Sera - La Lettura
L’estate più calda dei millennial
Una generazione di trenta-quarantenni alle prese con gli argomenti urgenti del dibattito: clima, mercato immobiliare, alienazione metropolitana, iperconnessione, precariato cognitivo... L’ottimismo disperato di Gabriella Dal Lago
Greta ha circa trent’anni e vive con Gian, quarantacinquenne, che è stato suo professore all’università. Insieme hanno fondato un’agenzia creativa, Bomba Agency, per cui lavorano tutte le altre dramatis personae: Laura, oppressa dal suo ragazzo; Carlo, la cui vita privata è stata stravolta dalla pandemia; Alma, che forse è attratta da Tommi — e sarebbe la prima volta che le piace un uomo — e Tommi, luminoso oggetto del desiderio, che sembra non essere attratto da nessuno; infine Vic, che viene percepita a volte come «spaziale», in luogo di specialissima, altre come strana, e invece è solo un po’ più giovane degli altri. Chiudono il cerchio Leo, il figlio di otto anni di Gian, e Lily, la gatta di Greta.
«Giovani, vecchi, millennial, [...] creativi, imprenditori, pubblicitari, artisti, precari»: tutti loro, più bambino e animale, sono riuniti per una full immersion lavorativa nella casa di campagna di Gian, l’unico abbastanza adulto da potersi permettere «delle case altre, oltre al luogo in cui si abita», dove proteggersi dall’estate più afosa di sempre.
Il punto è che fa troppo caldo per imparare a stare vicini, e i componenti di Bomba Agency non si vogliono bene, non si conoscono abbastanza, non si trovano neanche particolarmente simpatici. Al lettore è presto chiaro che il loro ritiro creativo sarà, più che altro, distruttivo: la storia di uno scioglimento, in linea col clima torrido.
Estate caldissima di Gabriella Dal Lago, pubblicato da 66thand2nd, è un romanzo corale che tiene insieme tutti gli argomenti cardine del dibattito pubblico odierno: crisi climatica, mercato immobiliare, alienazione da metropoli, privilegio, insoddisfazione perenne, cinismo contro idealismo, processo al lavoro, FOMO (la paura di perdersi qualcosa di rilevante), iperconnessione e «precariato cognitivo: bello, perché sembra che a essere precarie siano anche le loro menti, le loro riflessioni, i loro pensieri». Oltre, naturalmente, ai classici intramontabili, come il sesso, il possesso, la solitudine, i soldi, la gelosia.
L’aggettivo «caldissima» nel titolo sembra riferirsi, quindi, più che al clima, ai discorsi, e al fatto che tutti i personaggi sono vittime di un sovraccarico cognitivo, visto che ogni nuovo giorno porta con sé un nuovo problema, una nuova amarezza su cui informarsi e farsi un’idea — per poi, immancabilmente, litigare con gli altri, e amareggiarsi ancora, all’infinito. Insomma, caldo o temi caldi: cos’è che soffoca di più, cos’è che ci allontanerà per sempre gli uni dagli altri? Dal Lago prova a offrire una risposta con l’epilogo ambientato nel 2042, che le consente di incapsulare l’oggi e farne oggetto di studio definito e definitivo. Ma anche di scongiurare il rischio di avvitamento — alto, visti temi e ambientazione — spingendo personaggi e lettori oltre questo presente eterno che, tra apocalissi, scrivanie e sogni infranti sembra non offrire progressioni. «È più il tempo che sprecano di quello che vivono; si lamentano di non avere tempo libero, ma quando ce l’hanno non sanno che farci. Passano intere serate a scagliarsi contro le famiglie nucleari, gli amori monogami, l’eteronormatività, eppure nessuno di loro si è mai imbarcato in un progetto di vita che fosse radicalmente diverso da quello dei loro genitori. [...] Si chiedono in continuazione: cosa siamo? Con questa domanda intendono varie cose, prima tra tutte: cosa siamo rispetto a noi stessi? [...] Sono ironici, alcuni dicono post-ironici, sono fondamentalmente disillusi, e cinici, anche se poi si definiscono attivisti, e guardano con occhi sognanti “le giovani generazioni”».
Oltre a costituire la quota più convincente del romanzo, questo identikit generazionale è tra i migliori letti in narrativa negli ultimi anni, e contribuisce con intelligenza a un discorso culturale sui trenta-quarantenni che sembra convergere — libro dopo libro, film dopo film — sulla centralità di tre nodi: ironia, disillusione e senso di spreco. Specie in relazione a quest’ultimo, Estate caldissima fa sorgere il sospetto che i millennial siano più portati per abitare i romanzi che la vita reale, visto che in letteratura, stando a Flaubert, il nulla è un obiettivo, una sfida, e non una condanna.
Gabriella Dal Lago è molto brava a incuriosire il lettore, a farlo sentire coinvolto e a creare la giusta dose di tensione affinché — tra un flashback, un flashforward e un dialogo vivace — sia spinto a finire il libro il prima possibile. In balìa della sua prosa, peraltro, ogni paragrafo, ogni scena, ogni botta-e-risposta atterra bene, evocando belle immagini e componendo belle frasi. In uno di questi atterraggi a effetto, l’autrice si (ci) pone di soppiatto una domanda potenzialmente devastante: «Cosa succede se quello che siamo, se quello che saremo, rimane detto a bassa voce, così a bassa voce che nessuno è davvero in grado di sentirlo?». Ecco, l’esistenza di quel «se», dimostra che Estate caldissima, pur parlando di disperazione, è un libro pieno di ottimismo. Dà freschezza e sollievo.