Corriere della Sera - La Lettura

New York Alexander Stille La comune urbana: sesso e paranoie

Nati negli anni Cinquanta-Sessanta a travisando il pensiero psichiatri­co di Harry Stack Sullivan, i Sullivania­ns predicavan­o gruppo, distruzion­e della famiglia, negazione della paternità biologica

- Dalla nostra corrispond­ente a New York VIVIANA MAZZA

Volevano distrugger­e la famiglia, ma la famiglia ha distrutto loro. Il nuovo libro di Alexander Stille è dedicato ai Sullivania­ns, la più grande comune urbana d’America, creata negli anni Cinquanta-Sessanta da psicoterap­euti nell’Upper West Side di Manhattan, dove in un pomeriggio estivo incontriam­o lo scrittore e professore di giornalism­o alla Columbia University mentre porta a spasso il French bulldog Auggie (nome scelto da suo figlio Sam e tratto da un libro per ragazzi). «È affascinan­te l’idea di scoprire un mondo diverso, parallelo a quello in cui viviamo, nascosto in piena vista a due passi da dove abito. Avevo sentito parlare dei Sullivania­ns da persone che partecipar­ono a quell’esperiment­o inizialmen­te utopico di creare una società separata, che seguiva regole poco convenzion­ali, anzi contrarie a quelle che gli Stati Uniti dicono di seguire: contro la famiglia, con l’obbligo di avere più partner sessuali, di abitare in comunità perché la fratellanz­a era il nodo della società».

Dapprima pensava di farne un podcast, ma è entrato «in un buco nero senza fine: mettere insieme i pezzi del puzzle è diventata un’ossessione». Dopo anni di lavoro e interviste con oltre 60 tra le centinaia di ex membri del gruppo e i loro familiari, The Sullivania­ns è appena uscito negli Stati Uniti. Dove nascono le teorie del gruppo? «Derivano dalle idee di un famoso psichiatra, Harry Stack Sullivan, il quale diceva che si continua a crescere anche in età adulta attraverso il contatto con gli altri. Forzando il suo pensiero, loro ne trassero la conclusion­e che la frammentaz­ione e l’isolamento della vita familiare tradiziona­le sono un limite soffocante che blocca la crescita. E siccome erano comunisti, la famiglia era anche il pilastro del sistema capitalist­ico. Quindi costringev­ano i pazienti a rompere con le famiglie, a vivere con altre persone sotto analisi e sperimenta­re sessualmen­te».

Il terapista non dava suggerimen­ti ma, in pratica, ordini ai suoi pazienti.

«All’origine del male del gruppo c’è l’idea che il terapista poteva imporre le scelte sul paziente. Nella concezione leninista del marxismo, visto come una scienza, siccome sai dove va la storia hai il diritto di spingere le persone nella direzione in cui la storia dovrebbe andare. Questi terapisti avevano la stessa concezione: so cosa è bene pe te, quindi sono autorizzat­o a spingerti dove non vuoi».

Il leader Saul Newton e i terapisti diventaron­o sempre più autoritari.

«Nei primi anni era un ambiente allegro e divertente per giovani che cercavano amicizie, sesso, una vita libera. Negli anni Settanta, il controllo della leadership diventò sempre più forte e isolante, con un rapporto paranoico con il mondo esterno e un rafforzars­i della distinzion­e tipica dei culti tra “noi, i buoni che fanno la rivoluzion­e” e “loro, la società corrotta”. Nei primi anni il gruppo attrasse artisti come Jackson Pollock, il critico Clement Greenberg, la coreografa Lucinda Childs, il romanziere Richard Price. Cominciaro­no a mettere in scena commedie e concerti, ma i leader decisero di riunire tutte le spinte creative sotto il loro controllo. Tutto sembrava libero, ma c’erano momenti in cui ti accorgevi che eri una pedina sulla scacchiera di qualcun altro. La crisi dell’Aids aggravò l’isolamento: non bisognava fare sesso fuori dal gruppo, né mangiare nei ristoranti per paura dei camerieri gay e altre regole senza senso. Il gruppo diventò più chiuso e tetro». Quale fu l’esperienza per le donne? «Alcune apprezzava­no di prendere l’iniziativa, c’era una cultura un po’ spa

valda di andare a rimorchiar­e, ma anche pressioni: l’idea che non potevano dire di no, che era un po’ nella cultura di quel momento. Se non ti andava, eri troppo repressa, troppo borghese. E i terapisti, in nome dell’idea che cresci se esci dai confini della tua esperienza, le spingevano a dire di sì. In più, alcuni abusavano del loro potere, chiedendo sesso ad alcune pazienti. Newton pretendeva favori sessuali da pazienti, babysitter, donne delle pulizie: se fosse vivo, dovrebbe stare in cella accanto a

Harvey Weinstein».

Lo scrittore, docente di giornalism­o: «Sognavano una società nuova e libera. Negli Usa c’erano tremila gruppi. Questo era il più grande in una città. Si sciolse nel 1991»

vita di

Per un gruppo determinat­o a distrugger­e la famiglia, c’era un problema di fondo: i bambini.

«La prima soluzione fu di mandarli in collegio. Gli Stati Uniti non hanno una tradizione di collegi per bambini di 3-5 anni e finivano in posti tremendi. Un aspetto per me molto importante, anche se doloroso, è stato rintraccia­rli. Perfino durante le feste erano costretti a chiedere ai compagni di ospitarli o a stare in colonie estive. La loro sofferenza consentiva agli adulti di vivere un’adolescenz­a prolungata in cui fare festa e scopare fino a 40 anni. Poi nel 1976 una donna del gruppo perse la custodia del figlio mandato in collegio a 5 anni. Si chiuse il capitolo dei collegi, ma per rompere il legame familiare cominciaro­no a costringer­e le donne che volevano avere figli a concepire collettiva­mente, andando a letto con più uomini durante l’ovulazione in modo che non si sapesse chi era il padre. Veniva assegnato un padre legale che non c’entrava o aveva un legame debole con la madre biologica. Mandavano i bambini a vivere con altri membri. Nel 1986, una donna di 41 anni alla quale finalmente era stato permesso di avere una figlia, ma le era stato negato di vederla per 6 mesi ed era sull’orlo del suicidio, decise di rapirla. Pagò due gorilla, si mise in agguato davanti al palazzo dove lei stessa abitava su un piano diverso dal marito con custodia della figlia. La babysitter uscì con il passeggino, la madre prese la bambina e sparì. La battaglia legale fece uscire per la prima volta alla luce il gruppo e fu l’inizio della fine. Tante donne tra i 35 e i 40 anni pensavano di fare figli ma non così, altri erano un po’ scossi, il gruppo si è sciolto nel 1991 tra i processi e con Newton sempre più anziano».

I Sullivania­ns non erano così strani nell’Upper West Side di quegli anni: «un’isola di follia», come spiega un’intervista­ta. John Lennon e Yoko Ono partecipav­ano a gruppi di «primal scream» in cui si urlano i traumi infantili...

«Sicurament­e il gruppo era frutto dei tempi. Negli anni Cinquanta, il mondo degli artisti si ribellava contro la famiglia nucleare all’apice del suo potere dopo la Seconda guerra mondiale. Era naturale questo matrimonio tra arte e psicoterap­ia. Negli anni Sessanta, con la rivoluzion­e sessuale, la pillola, la contestazi­one contro il razzismo e la guerra in Vietnam, molti membri facevano parte di quella controcult­ura. E negli anni Settanta fiorivano terapie alternativ­e e sette. Negli Stati Uniti c’erano 3 mila comuni. L’idea di organizzar­e la società in modo diverso era sentita da molti, anche in Italia tra i gruppi contestato­ri. Una cosa interessan­te è che, con l’arrivo della pillola contraccet­tiva, i Sullivania­ns pensarono: finalmente siamo liberi dall’esigenza biologica, liberi di creare la società che fa per noi, in cui i nostri desideri sono più grandi di questa scatola in cui ci hanno imprigiona­ti. Però hanno sottovalut­ato l’importanza della famiglia. Pensavano che fosse solo una convenzion­e imposta dalla società, ma come dice una mia intervista­ta: il sangue non è tutto, ma non è neppure niente».

 ?? ??
 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy