Corriere della Sera - La Lettura
I soldi sono finiti È meglio simulare una disgrazia
La scozzese imbastisce un giallo nella ricca (ma in rovina) società vittoriana
«Non esisteva dimora più bella di Yalton in tutte le contee orientali. Era un misto fra l’architettura francese e quella scozzese locale, stile caratteristico di una precisa epoca storica». Siamo nel 1890, nella campagna vicino a Edimburgo, la magione è imponente e maestosa, invidia di tutti i notabili della zona, ma corre il rischio di essere venduta per tamponare il grave dissesto finanziario del proprietario.
Questo si narra nell’incipit de L’incredibile storia di Mr Dalyell, romanzo breve dalle inquietanti sfumature gotiche scritto, più di un secolo fa, da Margaret Oliphant (1828-1897). L’autrice, infatti, lo pubblicò nel 1892 come novella a puntate sul «Cornill Magazine», rivista letteraria mensile nata nel periodo vittoriano che, per vezzo, prendeva il nome dall’indirizzo londinese della redazione.
Nonostante la lontananza temporale, lo stile e le tematiche della Oliphant rimangono molto attuali mentre le sue opere sono finalmente arrivate nelle nostre librerie. In questo romanzo, con l’impeccabile traduzione di Eugenia Serravalli, viene raccontato il dramma davanti al quale si ritrova il protagonista Robert Dalyell, uomo d’affari, orgoglioso proprietario del palazzo di Yalton e stimato padre di famiglia, che purtroppo è stato troppo disinvolto e irresponsabile nella smania di guadagno.
Trovandosi di fronte alla rovina, con una moglie devota ma di nessun aiuto, perché come costume all’epoca lontanissima da ogni realtà economica, un figlio maschio da sistemare e due femmine da maritare, la scorciatoia disonesta appare all’uomo come l’unica possibilità. E forse è anche la più interessante, almeno da un punto di vista letterario. Infatti, la scrittrice, ai tempi, confessò che per scrivere questa storia si ispirò a un vero fatto di cronaca nera: la causa legale di un ente assicurativo contro la famiglia di un defunto, sospetto suicida.
Lo scenario imponente della casa di Yalton fa da sfondo a tutta la narrazione, quasi come in una pièce teatrale, in cui
Robert Dalyell pianifica con accortezza e astuzia la sua strategica uscita di scena. Nella serata precedente alla sparizione, passeggiando nel bellissimo giardino, ha un ultimo colloquio con il primogenito: «Il figlio stava illustrando al padre i tenti eventi nuovi e meravigliosi del suo primo anno di università con la deliziosa energia derivante dalla convinzione che nessuno mai avesse vissuto esperienze tanto piacevoli... il padre lo ascoltava tra il divertito e il pensoso con una partecipazione fatta di ricordi preziosi e familiari».
Dalyell non vuole togliere al suo ragazzo la possibilità di finire gli studi. Perciò, si convince ancor più del proprio piano. Dovrà sparire e a causa di una disgrazia, non di un suicidio, altrimenti si perdono i soldi della sua assicurazione sulla vita. Quel denaro che salverà la famiglia. Cerca perciò di chiudere la conversazione nel modo più normale possibile, ma aggiunge un dettaglio che sgomenta il ragazzo. Gli consiglia in caso di qualsiasi necessità di rivolgersi a Janet, la sua vecchia balia. L’anziana ancora vive nella casa come domestica anche se tutti i familiari la evitano e tollerano a fatica.
E proprio con questa raccomandazione, che chiude il primo capitolo, la trama prende una svolta cupa e sincopata che fa avvicinare il ritmo del racconto a quello del romanzo Giro di vite di Henry James.
Nelle mente di Dalyell il piano truffaldino deve andare avanti a tutti i costi. Così il giorno successivo l’uomo va a fare una nuotata che risulterà fatale: viene dato per morto. Un decesso che non è certo una fine, perché da qui in poi si succedono i colpi di scena, in una suspence che sale e sorprende, accompagnando il lettore fino all’ultima pagina.