Corriere della Sera - La Lettura

LA DISPUTA TEOLOGICA ESPLOSA A BISANZIO

- Di MARCO RIZZI

«Non avrai altro Dio all’infuori di me»: poiché i popoli antichi raffigurav­ano i propri dèi in dipinti o statue, il primo comandamen­to venne applicato dagli ebrei a ogni forma di rappresent­azione, specie se antropomor­fa. L’atteggiame­nto dei cristiani fu differente; dapprima limitate all’uso di simboli (il pesce, l’ancora), dopo l’editto di Costantino le immagini invasero la pratica religiosa, assumendo un rilevante peso sociale ed economico. Questioni politiche e teologiche si intreccian­o così nella decisione dell’imperatore bizantino Leone III Isaurico (ritratto nella moneta qui sopra) nel 730 di rimuovere e distrugger­e le immagini sacre sulla base del comandamen­to biblico: unica ammessa, la croce. Per i suoi critici, l’incarnazio­ne di Cristo legittima invece l’uso delle immagini, giacché lo stesso Figlio di Dio ha assunto forma umana.

Dopo aspri conflitti, il Concilio di Nicea del 787, promosso da Irene, madre e tutrice dell’imperatore bambino Costantino VI, condanna l’iconoclast­ia e distingue la legittima venerazion­e delle immagini (iconodulia) dalla loro adorazione (iconolatri­a), proibita in quanto riservata a Dio solo.

L’iconoclast­ia conosce una ripresa tra l’815 e l’843, sotto gli imperatori Leone V l’Armeno e Teofilo; da allora, l’immagine sacra è parte del cristianes­imo orientale. In Occidente, Papa Gregorio Magno (540604) aveva aperto una nuova prospettiv­a: le immagini sono la Biblia pauperum, che rende accessibil­i i racconti sacri agli analfabeti.

La critica protestant­e al culto dei santi e della Vergine, tra i soggetti più rappresent­ati, trascinò con sé le immagini, sino alla drastica iconoclast­ia promossa dalle chiese calviniste nel XVI secolo.

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