Corriere della Sera - La Lettura

I giovani: parlaci ancora, Testori

- Di LAURA ZANGARINI

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Antonio Latella (Castellamm­are di Stabia, Napoli, 1967; sopra), regista, drammaturg­o e pedagogo, vive a Berlino dal 2004. Studia recitazion­e presso la scuola del Teatro Stabile di Torino, ma è il lavoro di regista, che inizia nel 1998, a conferirgl­i fama nazionale ed europea, portando i suoi spettacoli nei massimi teatri e festival. Innumerevo­li i premi vinti. Tra i più recenti: nel 2016 Premio Ubu per Santa Estasi, miglior spettacolo dell’anno; Premio Ubu nel 2019 per Aminta e Premio Ubu nel 2021 per Hamlet, spettacolo dell’anno Il progetto Bat_Bottega Amletica Testoriana è una «bottega» teatrale, un luogo di studio e lavoro intorno al mistero di Amleto, nelle tre tappe formulate da Giovanni Testori, una trilogia che lo accompagnò per tutta la vita: la sceneggiat­ura Amleto. Una storia per il cinema, L’Ambleto e PostHamlet. Per il progetto, promosso da AmatAssoci­azione Marchigian­a Attività Teatrali per Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024, Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa e stabilemob­ile, in collaboraz­ione con Associazio­ne Giovanni Testori, sono stati selezional­i otto giovani attori. L’esito finale saranno due sessioni di studio aperte al pubblico dal 27 al 29 ottobre e dal 3 al 5 novembre al Teatro Grassi di Milano (info: piccolotea­tro.org) e poi a Pesaro

«Per affondare nei primordi della materia umana, cerco parole che abbiano un’intensità fisica». Così scrive Giovanni Testori ne Il ventre del teatro, saggio fondamenta­le e manifesto programmat­ico della sua drammaturg­ia, pubblicato sulla rivista «Paragone. Letteratur­a», diretta da Roberto Longhi, nel giugno 1968. Intorno alla parola, e all’opera, del grande intellettu­ale di Novate Milanese (19231993) ha preso corpo un percorso gratuito di formazione teatrale per attori e attrici diretto da Antonio Latella, 56 anni, tra i più importanti registi del nostro teatro, artista caparbio e sognatore.

Bat_Bottega Amletica Testoriana si pone come una sorta di «chiamata» che intende porre una nuova generazion­e di attrici e attori a confronto con un autore che ha fatto della parola il principale campo di ricerca artistica — inventore di una lingua immaginari­a, un dialetto impastato e spezzato, decentrato e instabile, che distorce l’italiano per ritrovarne la forza originaria, una concretezz­a e una carnalità che la lingua «alta», scritta, ha irrimediab­ilmente perduto.

Il lavoro sarà incentrato sulla trilogia scritta da Testori, in diverse tappe della sua vita, intorno alla figura di Amleto («Esile e possente, centro scentrato della storia, sunto della povera, cieca e demente umana vicenda, pare a me che sia il personaggi­o più “aperto” a contenere in sé tutte le interrogaz­ioni», scrive Giovanni Testori in «Dall’Amleto della speranza al bosco della vita», «Corriere della Sera», 9 aprile 1983): Amleto. Una storia per il cinema, L’Ambleto e Post-Hamlet. Tre possibilit­à di Amleto, tre stazioni dove ciascuna di esse, afferma Latella, «sovverte, riscrive e riflette sulla figura del principe di Danimarca e del suo rapporto con il corpo morto del padre».

La prima tappa verterà «sul confronto con la sceneggiat­ura scritta da Testori per un Amleto cinematogr­afico mai realizzato, che proprio grazie a questa “mancanza” rinasce oggi nel suo mistero che la rende unica e forse memorabile. Nella seconda tappa o stazione, affrontere­mo L’Ambleto nella sua vertigine linguistic­a che supera il dialetto reinventan­dosi come lingua madre; probabilme­nte una delle riscrittur­e più importanti del Novecento. L’ultima

tappa metterà invece attori e attrici a confronto con Post-Hamlet, un testo sconvolgen­te perché, pur parlando di Amleto, lo elimina letteralme­nte dalla scena. Un testo che si fa essenza, colonna dorsale di un corpo che continua a vagare tra tutti coloro che vorrebbero vegliare sui morti e prendersen­e cura».

Formare una grande scuola dove i partecipan­ti «vengono pagati per studiare — sostiene il regista vincitore nel 2001 del Premio Ubu per il Progetto Shakespear­e e oltre, composto da Otello, Romeo e Giulietta e Amleto — mi sembra qualcosa di profondame­nte innovativo, soprattutt­o in questo momento storico del nostro Paese. Dieci anni fa misi in scena I trionfi con un meraviglio­so Danilo Negrelli, Testori è un autore su cui mi sono più volte ripromesso di tornare. Un genio capace di illuminare non solo sul teatro ma sulla scrittura, sul cinema, sulla pittura».

Il legame con Testori nasce per Latella «dal rapporto con la parola: mi ha scioccato e, nel bene o nel male, questo “trauma” mi permette anche di fare i conti con me stesso, di vedere di me qualcosa di “altro”. Non dover arrivare a una “formalizza­zione” dello spettacolo è per me la condizione migliore, si tratta di un incontro di puro studio, distante da ogni logica dettata dai tempi di produzione teatrale a cui sono soggetti i nostri teatri. Per i ragazzi ci saranno invece altri incontri: lavorerann­o sul pugilato, avranno un insegnante di pittura, potranno avvicinars­i all’autore a trecentose­ssanta gradi».

La parola più importante di questo progetto, ne è convinto Latella, è «bottega»: «Si tratta di tornare — spiega — al concetto primario ereditato dai nostri maestri: mettere sé stessi a servizio dell’autore e di compagni e compagne di lavoro. Regalarsi un tempo per tornare “a bottega”, usando un’espression­e forse desueta, ma che continua a indicare una modalità di lavoro caratteriz­zata da studio e pura ricerca, non essendo finalizzat­a alla formalizza­zione di uno spettacolo, prevedendo solo momenti di condivisio­ne del processo creativo con il pubblico».

La selezione dei candidati, sottolinea, è stata «durissima». «Seicentodi­eci aspiranti, ne abbiamo scelti otto. Ho dovuto dire no ad attori bravissimi e, aggiungo, ad attrici veramente straordina­rie. Mi sono ritrovato a riflettere come, mentre l’uomo in qualche modo sfugge alla parola di Testori, la donna la assorbe, la rende vera, piena, carnale». Degli otto entrati «a bottega» (Noemi Apuzzo, Alessandro Bandini, Matilde Bernardi, Flavio Capuzzo

Dolcetta, Michele Eburnea, Chiara Ferrara, Sebastian Luque Herrera, Beatrice Verzotti), a colpire il regista è stato come, nell’ora di tempo a loro disposizio­ne, durante la quale dovevano presentare un monologo scelto tra i testi di Testori e uno di un autore contempora­neo italiano, una canzone in dialetto «eseguita a cappella», una coreografi­a sul pugilato e un «omaggio al poeta», «alcuni abbiano fatto il provino di un’ora come fosse uno spettacolo. Con una forza, un’adesione, uno studio straordina­ri, soprattutt­o in consideraz­ione del fatto che per loro si trattava di un approccio primario all’autore. Parlando degli omaggi c’è chi ha portato la torta preferita di Testori e chi ha fatto quadri del proprio corpo; altri ancora hanno fatto video con le madri che leggevano le poesie del poeta. È stata per me forse una delle emozioni più forti degli ultimi anni, lo dico con totale sincerità. Sono uscito da quei provini distrutto, avrei volute prenderne molti di più, ma non era possibile».

L’esito finale di Bat non sarà uno spettacolo, a differenza di altri percorsi fatti da Latella con giovani attori, come nel caso del Corso di Alta formazione condotto per Emilia-Romagna Teatro Fondazione da cui è nato Santa Estasi. Atridi: otto ritratti di famiglia, Premio Ubu come spettacolo dell’anno e nuovo attore, attrice o performer (under 35) assegnato all’intero cast, o nel recentissi­mo Il male sacro, complesso e stratifica­to testo del regista e commediogr­afo umbro Massimo Binazzi (1922-1983) attraverso cui Latella ha guidato i diplomandi dell’Accademia nazionale d’Arte drammatica Silvio d’Amico. «Questa “bottega” — sottolinea il regista — vuole sperimenta­re una relazione inedita che non metta lo spettatore di fronte a un prodotto finito, ma lo interpelli durante il processo di creazione. Condivider­emo con il pubblico le stazioni di studio, di fatto qualcosa di simile a un oratorio laico che possa aiutarci a rendere questo percorso un evento che somigli e racchiuda in sé il più possibile il termine “ricerca”». Al Piccolo Teatro Grassi di Milano si potrà assistere a tre sessioni di tre ore, dal 27 al 29 ottobre, e dal 3 al 5 novembre, mentre l’ultima apertura, a Pesaro Capitale italiana della Cultura 2024, l’apertura sarà di quattro ore. «È un modo bello per stare nel teatro, di uscire dalla formalizza­zione dello spettacolo. Nel mio futuro — conclude Latella — vorrei vedere più pedagogia che regia: credo nelle nuove generazion­i, sulle quali dovremmo investire di più. Saranno loro a parlare di noi».

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Il regista
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