Corriere della Sera - La Lettura
Le profezie del messia folle scritte «in quarta persona»
Con 1.120 pagine numerate all’indietro e geniali invenzioni, «I libri di Jakub» giustifica il Nobel a Olga Tokarczuk: l’autrice polacca, che il 10 chiuderà il Festivaletteratura, affronta il Settecento e lambisce altri mondi parlando di noi
Quando, nel 2019, Olga Tokarczuk ricevette il premio Nobel per la letteratura (per l’anno precedente), il suo nome apparve ad alcuni come la conferma di un vecchio pregiudizio contro l’Accademia di Svezia, che andrebbe a cercare nomi oscuri onde deludere chi tifa per autori troppo celebri, o rieducare chi osa tifare per quelli midcult. Ad alimentare il pregiudizio, la contemporanea premiazione del più noto Peter Handke, che per di più si prese la scena con le polemiche relative al suo apprezzamento per Slobodan Miloševic. Ma i lettori italiani più avveduti avevano già gli anticorpi contro tale pregiudizio, dato che nottetempo aveva pubblicato diversi libri di Tokarczuk, come il magico-realista Nella quiete del tempo o il fanta-thriller femminista Guida il tuo carro sulle ossa dei morti, e, al momento del Nobel, Bompiani aveva appena dato alle stampe il sebaldiano I vagabondi. Tutti titoli che testimoniavano l’ecletticità dell’autrice, oltre che il suo stile impeccabile; tuttavia, restava l’impressione che per una bibliografia «da Nobel» mancasse uno di quei romanzi-mondo di enorme ambizione tematica e formale, capaci di strappare vasti territori all’inesistente e far sì che lettori, critica e colleghi si chiedano: «Ma come ha fatto?». In realtà, quel romanzo esisteva, era uscito nel 2014, e a ben guardare era anche al centro delle motivazioni espresse dall’Accademia. Solo, non era stato ancora tradotto in italiano (né in inglese). Il 6 settembre, dopo molteplici rinvii della data d’uscita, arriva finalmente per Bompiani I libri di Jakub, nella traduzione di Ludmilla Ryba e Barbara Delfino, e tutti i lettori potranno prendere atto del fatto che l’Accademia svedese aveva semplicemente localizzato e indicato una delle più grandi autrici del nostro tempo. L’autrice poi, domenica 10, chiuderà il Festivaletteratura.
Il titolo fa il paio con la mole — 1.120 pagine, numerate all’indietro in omaggio alla tradizione libraria ebraica