Corriere della Sera - La Lettura
Sant’Agostino usa ChatGPT
E pongono domande cruciali sui progressi della tecnologia
L’essere umano è molto orgoglioso delle proprie doti che considera più o meno esclusive. Ne ha però un’idea piuttosto vaga, tanto da richiedere sempre nuove conferme. Paragonandosi ad esempio a qualcuno o a qualcosa che si è profilato di recente all’orizzonte e che sembra potere farci passare in secondo piano.
È appena uscito un libro dal titolo molto fortunato che coglie l’essenza di due problemi solo apparentemente distinti: la natura del nostro Io e quella della cosiddetta Intelligenza artificiale: Io&IA di Riccardo Manzotti e Simone Rossi. La contrapposizione Io-IA è simpatica e perfettamente al passo con i tempi. Tutti sanno o fanno le viste di sapere che cosa significhi io (o Io), mentre non è ancora del tutto acquisito il termine «Intelligenza artificiale», che pure è da molti usato con grande confidenza. Ma non è qui che se ne può trascurare il vero significato. In fondo tutto il libro non è che un reiterato tentativo di dare un significato a questo termine, ma con la discutibile pretesa di includervi anche i futuri avanzamenti.
In libri di questo genere si osserva spesso una stessa modalità di narrazione. Si approfondisce il più possibile ciò che si sa, per poi tentare di farsi un quadro di quello che non si sa. La loro utilità consiste soprattutto nel fatto che queste opere offrano un approfondimento più o meno valido dello stato dell’arte. Non fa eccezione questo, che affronta in maniera spigliata, ma rigorosa, la questione del rapporto tra l’Intelligenza artificiale e la nostra natura. In questo periodo si parla molto di Intelligenza artificiale dato che l’argomento interessa parecchie persone, ma adottando due prospettive distinte che vengono però ogni tanto mescolate. La parte costruttiva del tutto consiste nel chiarire al lettore alcune cose recenti che presentano qualche problema concettuale; ma si può avvertire anche un sottile o drammatico segnale d’allarme, perché le cose nuove potrebbero pregiudicare, se non guastare del tutto, le cose vecchie.
In questo caso la paura consiste nella ipotesi che l’Intelligenza artificiale possa farci dei danni, sia sul piano materiale che su quello intellettuale, se non addirittura riuscire a sovvertire il rapporto esistente tra noi e questa realtà che potrebbe prendere il sopravvento e tenerci in scacco con conseguenze più o meno serie. Gli autori, un neurobiologo dell’Università di Siena e un filosofo teoretico dello Iulm di Milano, non appaiono molto preoccupati da questa seconda eventualità, ma non si astengono dall’illustrarla.
I due autori sono abbastanza giovani e poco conformisti da darci un’opera che si legge con piacere, che scorre veloce e approfondisce nel modo migliore i problemi. Anche la struttura del libro è particolare, perché prende la forma di un colloquio fra i due autori che parlano di volta in volta come se si mettessero dalla parte dell’Io oppure della IA, facendo uso di quello strumento ormai molto diffuso che risponde al nome di ChatGPT. Chiunque abbia usato questa risorsa ne è rimasto colpito. Si tratta di una tastiera collegata a un numero imprecisato di computer sulla quale si possono scrivere domande, più o meno dirette, alle quali, dopo un tempo incredibilmente breve, la tastiera dà le sue risposte. Partendo da cosa? L’apparecchio è collegato in modo estremamente efficiente con tutte le fonti di conoscenza, alte o basse, esistenti al momento. In realtà quindi la sua è una risposta sostenuta da un numero impressionante di consultazioni di testi messe in una forma letteraria quasi ineccepibile.
Il loro trucco consiste nel far rispondere alla macchina ad alcune domande che gli autori si pongono. E le domande sono le più difficili, vertono sulla domanda capitale: che cosa sappiamo fare veramente noi esseri umani? Come questo si rapporti alle capacità delle macchine esistenti e di quelle che si riesce facilmente a immaginare per il domani.
La somma di tutto questo è un approfondimento della natura dell’Io e una sorta di coming soon per il futuro dell’Intelligenza artificiale. Ciò che gli autori dicono è abbastanza chiaro, anche se richiede attenzione e inclinazione a riflettere. Partendo dall’idea corrente che le macchine non sanno e non sapranno mai fare quello che fa il nostro il nostro cervello — perché dovrebbero e perché lo dovrebbero voler fare? — gli autori esplorano alcuni eventuali scenari futuri. Come abbiamo già detto che succede in libri del genere, la risposta alla domanda centrale non c’è, c’è invece un esauriente e istruttivo esame di quanto sappiamo effettivamente fare sul piano dell’intelligenza ma anche dell’emotività.
La lettura è molto piacevole, ti invita a riflettere su un gran numero di cose e non è in fondo diversa da quella, per esempio, delle Confessioni di sant’Agostino: un’esplorazione a tutto campo della natura umana.