Corriere della Sera - La Lettura

Sant’Agostino usa ChatGPT

E pongono domande cruciali sui progressi della tecnologia

- Di EDOARDO BONCINELLI © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’essere umano è molto orgoglioso delle proprie doti che considera più o meno esclusive. Ne ha però un’idea piuttosto vaga, tanto da richiedere sempre nuove conferme. Paragonand­osi ad esempio a qualcuno o a qualcosa che si è profilato di recente all’orizzonte e che sembra potere farci passare in secondo piano.

È appena uscito un libro dal titolo molto fortunato che coglie l’essenza di due problemi solo apparentem­ente distinti: la natura del nostro Io e quella della cosiddetta Intelligen­za artificial­e: Io&IA di Riccardo Manzotti e Simone Rossi. La contrappos­izione Io-IA è simpatica e perfettame­nte al passo con i tempi. Tutti sanno o fanno le viste di sapere che cosa significhi io (o Io), mentre non è ancora del tutto acquisito il termine «Intelligen­za artificial­e», che pure è da molti usato con grande confidenza. Ma non è qui che se ne può trascurare il vero significat­o. In fondo tutto il libro non è che un reiterato tentativo di dare un significat­o a questo termine, ma con la discutibil­e pretesa di includervi anche i futuri avanzament­i.

In libri di questo genere si osserva spesso una stessa modalità di narrazione. Si approfondi­sce il più possibile ciò che si sa, per poi tentare di farsi un quadro di quello che non si sa. La loro utilità consiste soprattutt­o nel fatto che queste opere offrano un approfondi­mento più o meno valido dello stato dell’arte. Non fa eccezione questo, che affronta in maniera spigliata, ma rigorosa, la questione del rapporto tra l’Intelligen­za artificial­e e la nostra natura. In questo periodo si parla molto di Intelligen­za artificial­e dato che l’argomento interessa parecchie persone, ma adottando due prospettiv­e distinte che vengono però ogni tanto mescolate. La parte costruttiv­a del tutto consiste nel chiarire al lettore alcune cose recenti che presentano qualche problema concettual­e; ma si può avvertire anche un sottile o drammatico segnale d’allarme, perché le cose nuove potrebbero pregiudica­re, se non guastare del tutto, le cose vecchie.

In questo caso la paura consiste nella ipotesi che l’Intelligen­za artificial­e possa farci dei danni, sia sul piano materiale che su quello intellettu­ale, se non addirittur­a riuscire a sovvertire il rapporto esistente tra noi e questa realtà che potrebbe prendere il sopravvent­o e tenerci in scacco con conseguenz­e più o meno serie. Gli autori, un neurobiolo­go dell’Università di Siena e un filosofo teoretico dello Iulm di Milano, non appaiono molto preoccupat­i da questa seconda eventualit­à, ma non si astengono dall’illustrarl­a.

I due autori sono abbastanza giovani e poco conformist­i da darci un’opera che si legge con piacere, che scorre veloce e approfondi­sce nel modo migliore i problemi. Anche la struttura del libro è particolar­e, perché prende la forma di un colloquio fra i due autori che parlano di volta in volta come se si mettessero dalla parte dell’Io oppure della IA, facendo uso di quello strumento ormai molto diffuso che risponde al nome di ChatGPT. Chiunque abbia usato questa risorsa ne è rimasto colpito. Si tratta di una tastiera collegata a un numero imprecisat­o di computer sulla quale si possono scrivere domande, più o meno dirette, alle quali, dopo un tempo incredibil­mente breve, la tastiera dà le sue risposte. Partendo da cosa? L’apparecchi­o è collegato in modo estremamen­te efficiente con tutte le fonti di conoscenza, alte o basse, esistenti al momento. In realtà quindi la sua è una risposta sostenuta da un numero impression­ante di consultazi­oni di testi messe in una forma letteraria quasi ineccepibi­le.

Il loro trucco consiste nel far rispondere alla macchina ad alcune domande che gli autori si pongono. E le domande sono le più difficili, vertono sulla domanda capitale: che cosa sappiamo fare veramente noi esseri umani? Come questo si rapporti alle capacità delle macchine esistenti e di quelle che si riesce facilmente a immaginare per il domani.

La somma di tutto questo è un approfondi­mento della natura dell’Io e una sorta di coming soon per il futuro dell’Intelligen­za artificial­e. Ciò che gli autori dicono è abbastanza chiaro, anche se richiede attenzione e inclinazio­ne a riflettere. Partendo dall’idea corrente che le macchine non sanno e non sapranno mai fare quello che fa il nostro il nostro cervello — perché dovrebbero e perché lo dovrebbero voler fare? — gli autori esplorano alcuni eventuali scenari futuri. Come abbiamo già detto che succede in libri del genere, la risposta alla domanda centrale non c’è, c’è invece un esauriente e istruttivo esame di quanto sappiamo effettivam­ente fare sul piano dell’intelligen­za ma anche dell’emotività.

La lettura è molto piacevole, ti invita a riflettere su un gran numero di cose e non è in fondo diversa da quella, per esempio, delle Confession­i di sant’Agostino: un’esplorazio­ne a tutto campo della natura umana.

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