Corriere della Sera - La Lettura

A San Francisco vincono i pirati

Dave Eggers e Vendela Vida, marito e moglie, hanno fondato le edizioni McSweeney’s nel 1998, l’associazio­ne di aiuto agli studenti 826 Valencia nel 2002 e la rivista «The Believer» nel 2003. Il 26 agosto hanno festeggiat­o. «La Lettura» ne ha approfitta­to

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Vendela Vida e Dave Eggers sono tra le coppie di scrittori più visionarie e affabili degli Stati Uniti. Abitano con i due figli adolescent­i a Sausalito, ex villaggio di pescatori poco a nord del Golden Gate Bridge, e, sommandoli insieme, hanno pubblicato una cinquantin­a di libri, tra cui Le luci del nord cancellino il tuo nome, Geometrie di un panorama sconosciut­o e il recente Cavalchiam­o la marea, lei; L’opera struggente di un formidabil­e genio, Zeitoun, Il cerchio, Il Monaco di Mokha ,e The Eyes and the Impossible, ancora inedito in Italia, lui. Come se non bastasse, nel 1998 hanno fondato la casa editrice McSweeney’s e, nel 2003, la rivista «The Believer». L’anno prima, insieme con l’insegnante Ninive Caligari, inoltre, hanno dato vita a 826 Valencia, un’associazio­ne senza scopo di lucro che trae il nome dall’indirizzo della primissima sede di San Francisco. Ha l’obiettivo di aiutare gli studenti che vivono in situazioni svantaggia­te e approfondi­re le loro capacità di scrittura. Assegna borse di studio facendo particolar­e attenzione agli allievi privi di cittadinan­za e dà un importante sostegno agli insegnanti delle scuole pubbliche.

Il 26 agosto, la data è simbolica, 826 Valencia ha compiuto ventuno anni. Nello stesso giorno c’è stato un rinfresco in onore di Sally Wen Mao e la sua nuovissima collezione di poesie The Kingdom of Surfaces. «Sally è editor della sezione poesia di “The Believer”, amica di McSweeney’s ed ex studentess­a di 826 Valencia», racconta in compagnia del marito Vendela Vida. «Ha poco più di trent’anni ed è simpaticis­sima», continua lui sorseggian­do un bicchiere di Pinot dei vitigni di Francis Ford Coppola. «Era mia studentess­a nella classe del mercoledì sera, nei primi anni. Era tra quelli che arrivavano da fuori e per raggiunger­e la sede ci metteva più di un’ora. Credo che sua mamma l’aspettasse in strada».

Erano molti i ragazzi che arrivavano da fuori?

da San Francisco conversazi­one tra DAVE EGGERS e VENDELA VIDA a cura di ENRICO ROTELLI

DAVE EGGERS — Il centro cominciava a espandersi e c’erano studenti che venivano perfino da Sacramento. Dormivano da qualche parente che abitava in città e rientravan­o il mattino successivo. 826 Valencia era l’unica scuola con corsi avanzati nel raggio di un migliaio di miglia. Abbiamo sempre voluto conservare questa combinazio­ne di corsi per chi sta imparando l’inglese e per chi lo parla bene. È ancora così, ma nonostante le tre sedi è diventato difficile soddisfare il numero di richieste di chi arriva dalla sola San Francisco.

Tra quelli recenti, qual è il programma più efficace?

DAVE EGGERS — Circa otto anni fa abbiamo aperto una seconda sede nel quartiere di Tenderloin. È il quartiere che i media di tutto il mondo citano quando parlano dei problemi di San Francisco a causa della droga e della criminalit­à. Ho molti amici che sono cresciuti nel Tenderloin, incluso Mokhtar Alkhanshal­i, l’americano yemenita di cui ho parlato nel Monaco di Mokha .Èuno dei quartieri più economici della città; ci abitano tuttora migliaia di famiglie. Negli anni Settanta ne sono arrivate moltissime proprio dallo Yemen e negli ultimi dieci anni c’è stata una nuova ondata. Nell’oscura vita di strada del Tenderloin, ci sono dunque circa cinquemila ragazzi che hanno bisogno di ogni possibile servizio e opportunit­à. La nostra sede locale offre sostegno nel doposcuola e lezioni quotidiane di scrittura e podcast. Dolby, che a pochi isolati ha uno dei suoi quartieri generali, ha costruito nel nostro stesso edificio alcuni studi per la realizzazi­one di podcast personaliz­zati: è uno dei programmi più belli ed efficaci che abbiamo in questa nostra sede. Gli studenti possono ascoltare la propria voce

registrata in qualità profession­ale. La reazione dev’essere incredibil­e.

DAVE EGGERS — Quando sentono le proprie parole trattate con tanta cura, con questa profession­alità, anche i più cinici cambiano atteggiame­nto. Una trasformaz­ione miracolosa, soprattutt­o perché l’edificio era un negozio di liquori e sul retro spacciavan­o. Sono stati i funzionari del municipio a spingere il proprietar­io a concedere lo spazio a 826 Va

lencia e allontanar­e così gli spacciator­i.

Nel 2019 avete aperto una terza sede, per non contare quelle ormai sparse tra Chicago, Washington, Los Angeles, New Orleans, New York, Boston, Detroit, e Minneapoli­s... Ora tutti la conoscono, ma all’inizio come facevano gli studenti a sapere di 826 Valencia?

DAVE EGGERS — A un mese dall’apertura è apparso un lungo articolo sul «San Francisco Chronicle», ma è stato soprattutt­o l’arrivo di Ninive Caligari, nostra amministra­trice delegata, a cambiare le cose. Ninive parla lo spagnolo benissimo. È di San Francisco, ma la sua famiglia è arrivata qui dal Messico. È stata lei a parlarne agli insegnati e ai genitori. Ha spiegato che era un posto sicuro; solo così abbiamo avuto l’approvazio­ne da parte delle altre scuole. Io sono sempre stato il responsabi­le delle cose strane, lei delle cose serie. Quando abbiamo cominciato avevamo soltanto uno di quei sandwich board aperti sul marciapied­e. Non erano molti ad entrare, anche perché all’ingresso c’era un negozio per pirati!

Com’è nata quest’idea di un negozio per pirati?

DAVE EGGERS — Su Valencia street ogni spazio al piano terra deve essere commercial­e e aperto al pubblico, ma noi non lo sapevamo. Abbiamo aperto pensando a una no-profit e sul retro gli uffici della casa editrice McSweeney’s. Era una vecchia palestra puzzolente, con i rivestimen­ti di gomma e le luci al neon. Abbiamo tolto tutto e sotto c’era un pavimento di legno bellissimo. Abbiamo dipinto di bianco le assi del soffitto e pareva di essere all’interno di una nave. Quando il proprietar­io ci ha detto che per legge dovevamo avere uno spazio commercial­e, la prima cosa a cui abbiamo pensato è stato un negozio per bucanieri profession­isti in attività. Ovvio, no? Dica la verità: l’idea è sua?

DAVE EGGERS — Eravamo solo in tre. Nessuno ricorda bene a chi è venuta. VENDELA VIDA — È un’idea sua! DAVE EGGERS — Va bene, è un’idea talmente stupida che potrebbe essere stata mia. La cosa importante è che è un negozio per bucanieri profession­isti in attività. Non un’attrazione turistica sui pirati.

Qual è l’oggetto più venduto?

DAVE EGGERS — Le bende per gli occhi.

VENDELA VIDA — Anche gli occhi di vetro. Li fa un manifattur­iere che abita in Germania.

DAVE EGGERS — Ci sono anche libretti fatti a mano con le istruzioni per come prendersi cura del tuo occhio di vetro. Abbiamo un mucchio di artigiani che fanno la fila per realizzare i nostri oggetti. Qui a San Francisco sono tantissimi gli artisti che non vedono l’ora di poter fare qualcosa di strano con le proprie mani: gambe di legno, uncini...

Essere strani è nell’indole di tanti abitanti di San Francisco.

DAVE EGGERS — Il primo mese abbiamo celebrato un matrimonio tra pirati... e c’è pure, ad esempio, chi si offre di mettere in piedi un laboratori­o per insegnare a fare nodi... cose così. Bohemien, hippie vecchi e nuovi, persone che fanno la fila per assicurars­i l’ingresso ai concerti gratuiti di Patti Smith e i Flaming Lips dello Stern Grove festival... li attiriamo tutti noi. Dal negozio per pirati abbiamo iniziato a guadagnare già nel corso dei primi tre mesi!

Il «New York Times» continua a scrivere articoli che screditano San Francisco e i giornalist­i di mezzo mondo gli fanno eco. Come vi fa sentire?

DAVE EGGERS — È una storia che va avanti da vent’anni. La mia teoria è che il «New York Times» ama gettare fango su San Francisco in parte perché a certi newyorkesi dà molto fastidio che a noi non interessi cosa pensano. Siamo molto distaccati e non ci sentiamo in competizio­ne. Abitiamo qui perché San Francisco è una città a sé, molto diversa da qualsiasi altra. Oceano, foreste, colline... il nostro legame con la natura per esempio è molto diverso da quello che hanno i newyorkesi, ma ogni volta che possono i giornalist­i provano a punzecchia­rci. Sono sempre giornalist­i che soggiornan­o qui per appena due giorni.

VENDELA VIDA — Dormono in qualche albergo di Union Square, accanto al Tenderloin. Basta leggere un po’ di storia per vedere che i cicli ci sono sempre stati e tutto riprende sempre la propria corsa. E San Francisco ha decisament­e vissuto periodi peggiori di questo.

DAVE EGGERS — Dopo la corsa all’oro, San Francisco era il posto più caro del mondo. L’affitto per una capanna in mezzo al fango arrivava a duemila dollari al mese.

VENDELA VIDA — Nostro figlio ha appena fatto una ricerca su quel periodo e ha scoperto che vivevano tutti in tenda. «È molto simile a quello che succede adesso», mi ha detto!

DAVE EGGERS — E poi c’è un’altra cosa che ha fatto arrabbiare New York: qui

c’è il centro del settore tecnologic­o. Loro erano il centro di tutto, delle comunicazi­oni, della finanza, e d’improvviso non lo sono più stati: le cose interessan­ti hanno iniziato ad accadere qui. Anche l’industria dell’intratteni­mento è in California e New York si è sentita desacraliz­zata. Lo dico con affetto, ho abitato a Brooklyn e ci sono stato bene, ma non vado a New York per due giorni e faccio finta di conoscerla.

VENDELA VIDA — Però al «New York Times» hanno appena assunto come inviata Heather Knight, che ha lavorato per anni al «San Francisco Chronicle». Abita qui. La narrazione cambierà in fretta.

Che cosa dite dei taxi automatici?

DAVE EGGERS — Che la notte scorsa si sono bloccati tutti.

VENDELA VIDA — Dovevo recuperare nostra figlia e il traffico era bloccato a causa loro.

Non fanno parte dell’inclinazio­ne verso le novità propria di San Francisco?

DAVE EGGERS — È un equilibrio strano. San Francisco per alcuni aspetti è anche una città molto conservatr­ice, tanti abitanti non accettano le novità e si lamentano degli edifici nuovi. Allo stesso tempo però idee come Uber nascono e si sviluppano qui. Le novità ci piacciono, ma perché non viene costruito un nuovo museo? George Lucas stava per costruirne uno nel Presidio, ma inaugurerà tra un paio d’anni a Los Angeles.

Si dà più spazio alle macchine che all’uomo.

DAVE EGGERS — Non so cosa accadrà. Ci saranno di sicuro dei morti. In Arizona è già successo. Le auto non possono elaborare tutto. Il numero di vittime totale sarà inferiore rispetto a quelle per causa nostra, ma come reagiremo quando un bambino verrà investito? Immagino che le aziende abbiamo già messo milioni di dollari da parte per far sì che le loro auto possano continuare a circolare anche dopo tragedie simili.

Che questa, per San Francisco, sia un’epoca paragonabi­le a quella degli anni Ottanta raccontata in « Cavalchiam­o la marea»?

VENDELA VIDA — Forse un po’ sì. Sono nata qui e negli anni Ottanta mi sentivo come una che arriva tardi a una festa e vede migliaia di buone bottiglie vuote, sui tavoli i resti di formaggio liquefatto. I genitori dei miei amici raccontava­no di quanto gli anni Settanta fossero stati incredibil­i. Pensavo di essermi persa tutto. Ancora oggi sento dire che qualche anno fa andava tutto meglio.

Di fatto però non va così male. VENDELA VIDA — Per niente. I problemi ci sono, ma il costo della vita è un po’ più basso di quindici anni fa, quando la Silicon Valley era in pieno sviluppo, e con la fine della pandemia sembra che gli artisti stiano tornando.

Entrambi siete scrittori. Avete un modo per aiutarvi l’uno con l’altra?

DAVE EGGERS — Quando inizio qualcosa, le mostro sempre la prima pagina. Le chiedo se quello che ho scritto ha senso, se ha valore. In passato ho sprecato tantissimo tempo con brutte idee e non ho più voglia di farlo.

VENDELA VIDA — Prima di fargli leggere qualcosa, preferisco che abbia una forma più rifinita.

DAVE EGGERS — E parliamo tanto di scrittura. «Sto lavorando a questo, sto lavorando a quello». Parlare di scrittura è una cosa che insegno molto anche a scuola. Parlare ha un ruolo fondamenta­le nel nostro lavoro.

VENDELA VIDA — Ad esempio abbiamo parlato del canovaccio di Cavalchiam­o la marea e Dave mi ha incoraggia­to a lasciare spazio all’umorismo. Parlarne con lui mi ha aiutato molto, senza Dave il libro sarebbe stato più cupo.

DAVE EGGERS — Vendela è tra i pochissimi scrittori che riescono a farmi ridere a crepapelle, pagina dopo pagina. Come editor sono rigido, ma lei è uno dei miei autori preferiti e finisco sempre per dirle: «Questo è perfetto, non cambiare niente!».

VENDELA VIDA — È un gran sollievo quando tuo marito ti dice: «È fatta».

DAVE EGGERS — O tua moglie!

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