Corriere della Sera - La Lettura
Il sino-thriller prende il Covid
Il nuovo libro di ambientato nella Shanghai del virus, è un affondo contro il regime
Se la società è un corpo, allora come un organismo può covare germi insidiosi, farsi attaccare da un virus. E se il corpo sociale è quello della Cina di Xi Jinping e se l’agente patogeno è il Covid-19, le conseguenze sono quelle di cui il mondo è stato testimone nel 2020. Una malattia al quadrato, una spirale di dati epidemiologici e decisioni politiche che hanno provocato convulsioni delle quali la Repubblica popolare paga gli effetti ancora oggi.
Neppure la saga poliziesca dell’ispettore (anzi ex) Chen Cao, personaggio creato da Qiu Xiaolong, è rimasta indenne dallo tsunami pandemico che ha investito la Cina. È un format rigoroso e insieme elastico quello che Qiu — nato a Shanghai, residente negli Usa dal 1989, cittadino americano — ha messo a punto negli anni. Di fronte al corto circuito tra l’autoritarismo repressivo del Partito comunista e il virus, lo scrittore ha impiegato nuovamente gli stilemi del genere per setacciare le dinamiche che trafiggono una società già sfibrata da un controllo pervasivo e dall’ossessione delle autorità per la stabilità sociale. I suoi romanzi hanno trattato di volta in volta temi rilevanti della storia recente e della cronaca: i conti con la Rivoluzione culturale, la corruzione, le faide nel Partito, l’emergenza ambientale e così via; stavolta l’investigazione su tre omicidi avvenuti nei pressi di un ospedale di Shanghai muta ben presto in un atto d’accusa nei confronti del regime e in un abbraccio solidale alla popolazione, vittima «di quella follia che è la politica zero-Covid» voluta da Xi.
È il mal cinese. Il dossier Wuhan, tredicesimo caso di Chen che ora Marsilio manda in libreria, non è ovviamente un antidoto o una medicina. Qiu è un autore statunitense. Scrivere passaggi come «la nostra è una società all’insegna della sorveglianza onnipresente e onnisciente» o «quello stupido capo del partito di Pechino» è un privilegio riservato a chi in Cina non vive, idem il parallelismo con la società immaginata (e temuta) da George Orwell: «1984 si sta letteralmente ripetendo in Cina, ma in modo ancora più spietato e inumano» e «quasi tutti i funzionari cinesi devono essere abili sia con la neolingua che con il bipensiero».
Questo è il contesto nel quale si muove Chen, convocato dalle autorità municipali di Shanghai per scoprire chi abbia massacrato un dirigente della propaganda del Partito dell’ospedale Renji, un’infermiera e un noto cardiochirurgo. Era stato rimosso, messo sotto osservazione in quanto politicamente poco affidabile, e invece Chen, assistito dalla devota «piccola segretaria» Jin, dribbla le intromissioni della politica e arriva a sciogliere il triplice mistero. Soluzione che, di per sé, è abbastanza semplice, ma consente all’autore di evocare la vita in una metropoli cinese durante la stretta sanitaria: persone chiuse in casa, accesso vietato agli ospedali senza un tampone negativo nelle 24 ore precedenti, partorienti costrette ad abortire o a morire davanti all’irraggiungibile pronto soccorso, l’ottusa crudeltà dei «Grandi Bianchi», cioè le guardie nascoste dalle tute.
Passano in second’ordine, rispetto ad altri thriller di Qiu, le predilezioni gastronomiche del gourmand
Chen, mentre sono funzionali le citazioni poetiche che intessono la storia. Du Fu, grande autore classico, per esempio: «Vecchio, infermo, privato d’ogni ufficio,/ solo e sbattuto dal vento, a chi somiglio?/ Tra cielo e terra a un gabbiano solo, sopra una spiaggia». Poi l’amore di Chen per T. S. Eliot: «Mi viene in mente La terra desolata... La Cina di oggi non è forse una terra desolata?». Soprattutto, però, l’autore ringrazia nella nota conclusiva «i coraggiosi netizen cinesi, a me noti o sconosciuti, che hanno protestato e denunciato correndo rischi enormi». Decisiva, come una tragica elegia intonata dalla realtà, è infatti la cronaca attribuita a Pang, amico di Chen, che vive a Wuhan, epicentro della pandemia, dove più feroce è la stretta del confinamento. Chen progetta di tradurla in inglese per farlo conoscere all’estero. Quasi un calco della vicenda vera di Fang Fang, scrittrice le cui cronache dalla metropoli circolarono sul web prima che le autorità le bloccassero: 60 capitoli redatti tra il 25 gennaio e il 24 marzo 2020 che, nella versione inglese e poi in altre lingue (in italiano: Wuhan. Diari da una città chiusa, Rizzoli), consentirono all’opinione pubblica internazionale di eludere la cortina di omissioni e disinformazione delle autorità di Pechino. Cesellava polizieschi politici, Qiu Xiaolong: la pandemia lo ha portato sulla soglia del poliziesco dissidente, in un Paese che non è più il suo.