Corriere della Sera - La Lettura
Yoshimoto Una vita in prosa
Banana
Il lungo apprendistato all’età adulta, Banana Yoshimoto lo ha compiuto attraverso i suoi romanzi. Dall’esordio di Kitchen a oggi, i personaggi dell’autrice giapponese forse più nota al mondo articolano, tutti insieme, una gamma minuziosa delle sfumature emotive ed esistenziali tra l’infanzia e la decrepitezza. Eppure è nelle figure al margine di un’età, e non ancora approdate a quella che viene dopo, che Banana dà il meglio di sé: le incertezze e gli sbandamenti anticipano una presa di coscienza, una consapevole maturità, senza che tuttavia il processo possa mai dirsi concluso.
La fluviale produzione della scrittrice testimonia un lavoro — un lavorio, verrebbe da dire — meticoloso e sistematico. Ma evidentemente lo schermo della fiction, al quale si sentiva chiamata sin da bambina, a lei non basta. Che cosa significa diventare adulti?, pubblicato in patria nel 2015 e ora tradotto da Gala Maria Follaco, costituisce una sorta di distillato di quanto Banana ritiene di aver appreso dalla vita e riversato nelle proprie trame narrative. E se i suoi estimatori sanno quanto le tonalità malinconiche di molte storie non siano che cangianti modulazioni di un dolore intimo, qui la scrittrice esplicita la fiducia nel potere trasformativo della sofferenza. Che, afferma, «è sempre il preludio di qualche cosa».
Il libro è una sorta di lettera al lettore, un’offerta di conforto scandita in capitoli brevi e frasi asciutte. Banana rivendica il diritto al «divertimento», che considera quasi un dovere perché apre al mondo, così come l’«indipendenza» è la configurazione della vita da perseguire, distaccandosi anche da ogni dolceamaro legame con la famiglia d’origine. Sottolinea la provvidenziale energia del «darsi da fare», che emancipa dall’inerzia. C’è soprattutto l’esortazione a un’esistenza fatta non di simulacri digitali ma di persone: «Credo che non si possa definire qualcuno amico in assenza di un certo linguaggio del corpo, della condivisione di molto tempo, della conoscenza reciproca di odori e idiosincrasie, di un reciproco linguaggio dello spirito o di una mentalità affine». Il corpo, la presenza. Ripeterlo, nell’era della virtualità, non è poi così male. Anche se già i romanzi di Banana insegnano che sono gli esseri umani, e persino i loro sogni, la spina dorsale della realtà.
Le storie della narratrice giapponese sono un campionario di figure al confine tra un’età e l’altra. «Che significa diventare adulti?» è il titolo di una sorta di lettera al lettore che distilla il succo di tutte le sue trame: qui esorta a rendersi indipendenti, a «darsi da fare» e a coltivare il «linguaggio del corpo»