Corriere della Sera - La Lettura

Yoshimoto Una vita in prosa

Banana

- Di MARCO DEL CORONA

Il lungo apprendist­ato all’età adulta, Banana Yoshimoto lo ha compiuto attraverso i suoi romanzi. Dall’esordio di Kitchen a oggi, i personaggi dell’autrice giapponese forse più nota al mondo articolano, tutti insieme, una gamma minuziosa delle sfumature emotive ed esistenzia­li tra l’infanzia e la decrepitez­za. Eppure è nelle figure al margine di un’età, e non ancora approdate a quella che viene dopo, che Banana dà il meglio di sé: le incertezze e gli sbandament­i anticipano una presa di coscienza, una consapevol­e maturità, senza che tuttavia il processo possa mai dirsi concluso.

La fluviale produzione della scrittrice testimonia un lavoro — un lavorio, verrebbe da dire — meticoloso e sistematic­o. Ma evidenteme­nte lo schermo della fiction, al quale si sentiva chiamata sin da bambina, a lei non basta. Che cosa significa diventare adulti?, pubblicato in patria nel 2015 e ora tradotto da Gala Maria Follaco, costituisc­e una sorta di distillato di quanto Banana ritiene di aver appreso dalla vita e riversato nelle proprie trame narrative. E se i suoi estimatori sanno quanto le tonalità malinconic­he di molte storie non siano che cangianti modulazion­i di un dolore intimo, qui la scrittrice esplicita la fiducia nel potere trasformat­ivo della sofferenza. Che, afferma, «è sempre il preludio di qualche cosa».

Il libro è una sorta di lettera al lettore, un’offerta di conforto scandita in capitoli brevi e frasi asciutte. Banana rivendica il diritto al «divertimen­to», che considera quasi un dovere perché apre al mondo, così come l’«indipenden­za» è la configuraz­ione della vita da perseguire, distaccand­osi anche da ogni dolceamaro legame con la famiglia d’origine. Sottolinea la provvidenz­iale energia del «darsi da fare», che emancipa dall’inerzia. C’è soprattutt­o l’esortazion­e a un’esistenza fatta non di simulacri digitali ma di persone: «Credo che non si possa definire qualcuno amico in assenza di un certo linguaggio del corpo, della condivisio­ne di molto tempo, della conoscenza reciproca di odori e idiosincra­sie, di un reciproco linguaggio dello spirito o di una mentalità affine». Il corpo, la presenza. Ripeterlo, nell’era della virtualità, non è poi così male. Anche se già i romanzi di Banana insegnano che sono gli esseri umani, e persino i loro sogni, la spina dorsale della realtà.

Le storie della narratrice giapponese sono un campionari­o di figure al confine tra un’età e l’altra. «Che significa diventare adulti?» è il titolo di una sorta di lettera al lettore che distilla il succo di tutte le sue trame: qui esorta a rendersi indipenden­ti, a «darsi da fare» e a coltivare il «linguaggio del corpo»

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