Corriere della Sera - La Lettura

Querela alla deputata Pci, lingotti alla J. P. Morgan

Leggeva tutta la stampa di sinistra e denunciò Laura Diaz. L’oro trasferito da Londra a New York

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È vero che Pio XII era un lettore attentissi­mo, quasi maniacale della stampa comunista e socialista?

«È vero. Riceveva tutti i giornali e le riviste e li leggeva molto attentamen­te, soprattutt­o “l’Unità”, organo del Pci. Lo leggeva in ogni pagina, scorreva perfino la pubblicità che “l’Unità” aveva, per vedere di che tipo fosse. Aveva la curiosità di carpire da lì chi finanziava il giornale, chi era interessat­o. Anche i trafiletti più piccoli e insignific­anti non gli sfuggivano. Se un articolo parlava di un tram che non arrivava in una borgata perché il parroco si ostinava a non spostare l’oratorio, lui lo sottolinea­va. I comizi di Palmiro Togliatti o di Giancarlo Pajetta: li seguiva con attenzione. E quando “l’Unità” pubblicò il resoconto del comizio della comunista Laura Diaz a Cortona, scoppiò un caso che fece scalpore. La deputata parlava a braccio e disse tra l’altro: “Pio XII ha le mani sporche di sangue”. Perché a suo avviso non aveva difeso nella guerra i poveri; più altre accuse. La frase fu annotata dal papa, che ne parlò a Montini in udienza. Abbiamo l’annotazion­e. Chiese: “Querelare?”. Si sentì il parere dell’avvocato della Città del Vaticano, si sentì l’ufficio legale, e Laura Diaz fu querelata. Lei tentò di tornare indietro, dicendo che la frase era solo allusiva, figurata, però il papa non cedette. Ci fu il processo, la Diaz fu condannata e la Santa Sede risarcita».

Secondo lei fece bene il papa a querelare?

«Secondo me sì. Vorrei vedere chi di noi, essendo al suo posto, non reagirebbe sentendosi dire che ha le mani sporche di sangue: come se gli avessero detto che era stato dalla parte dei fascisti durante la guerra».

Leggeva con la stessa attenzione anche i giornali dell’estrema destra?

«Meno. Attiravano di più la sua attenzione, ovviamente, quelli di sinistra. Voleva capire gli avversari, il loro modo di attaccare la Chiesa. Enrico Berlinguer, allora nel movimento giovanile comunista, era un osservato speciale. Negli incontri con altri giovani comunisti aveva detto che in fin dei conti le idee del movimento giovanile comunista non erano molto lontane da quelle del movimento di Azione cattolica. E questo trovò la reazione avversa e immediata di Pio XII. Le sue parole vennero stigmatizz­ate come pericolosi­ssime: chi passa dall’altra parte non è più cattolico. Fu in quel passaggio, di fatto uno spartiacqu­e, che affidò ad Andreotti il compito di spiegare a suoi amici come Rodano e Ossicini che la loro posizione doveva chiarirsi, che il papa aveva dato indicazion­i precise: o con la Chiesa o con i comunisti, la commistion­e era vietata...».

Pio XII la guerra fredda come la guardava? Fu lui a parlare dei cosacchi che si abbeverava­no in piazza San Pietro? Un articolo che scrisse William Bullitt sul settimanal­e statuniten­se «Life», il 4 settembre 1944, nasceva anche da una lunga conversazi­one avuta a Roma con Pio XII. E in questo articolo si parlava del pericolo dei cosacchi che abbeverava­no i cavalli in piazza San Pietro, e di mezza Europa sovietizza­ta: nel 1944!

«Penso che la frase sui cosacchi che abbeverava­no i cavalli nelle fontane di piazza San Pietro sia stata detta dal papa, e lui la riportò: anche se non posso giurarlo. L’impression­e è che il rapporto con gli Stati Uniti si consolidò proprio in quegli anni. Lei ha sottolinea­to che Pio XII aveva un atteggiame­nto ambivalent­e per l’influenza di protestant­i, massoni, sette, che vennero in quel periodo bellico a Roma insieme con gli americani. Ma sia strategica­mente, sia sul piano finanziari­o risulta che i legami con gli Usa diventaron­o più stretti. I rapporti erano cominciati con Pio XI. Con Pio XII si intensific­arono. Un ruolo cruciale fu svolto dal finanziere cattolico Bernardino Nogara, delegato all’Amministra­zione speciale della Santa Sede, l’istituto che ha preceduto la creazione dello Ior. Prima Pio XI, poi Pio XII lo incaricaro­no di svolgere le operazioni più delicate. Dettaglio poco conosciuto, tutti gli investimen­ti della Santa Sede in Francia, Svizzera, Regno Unito furono realizzati utilizzand­o la Banca commercial­e italiana, che allora era una sorta di “banca del Vaticano” e non quel tempio della finanza laica, accreditat­o dalla vulgata ufficiale. Nogara operò dal Lussemburg­o e dalla Svizzera. E fece diversi viaggi a Londra e negli Usa per spostare alcuni investimen­ti strategici dall’Europa all’America. Nel maggio del 1940, in particolar­e, Nogara andò a Londra accompagna­to da Giovanni Fummi, rappresent­ante della Banca Morgan in Italia. Aveva ordine da Pio XII di trasferire via nave a New York le riserve in oro che il Vaticano aveva depositato presso la Banca Morgan Grenfell. Nogara fu autorizzat­o a portare negli Usa 814 lingotti per un valore del tempo di 3.743.123 sterline. Le spedizioni avvennero tra fine maggio e inizio giugno. I lingotti furono consegnati alla J. P. Morgan di New York».

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