Corriere della Sera - La Lettura

Carte di Hong Kong in salvo passando per le Filippine

Come furono messi al sicuro nel 2019 nell’ex colonia britannica

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La notizia dell’archivio della Missione vaticana in Cina riportato a Roma in segreto attraverso il viaggio su una nave militare statuniten­se che nel 1949 è approdata prima a San Francisco è un caso unico? Perché risulta che anche recentemen­te siano arrivati all’Archivio segreto vaticano, nel settembre del 2019, documenti provenient­i dalla Cina, precisamen­te da Hong Kong.

«È vero, anche se nel caso di Hong Kong si tratta di un episodio anomalo. Di solito, tra le nostre carte ci sono documentaz­ioni che risalgono a un passato molto più lontano, e che riportano a una storia di archivi perduti o salvati. Lì, invece, si è trattato di una misura di prudenza, per dir così, preventiva: una deroga al regolament­o per gli Archivi delle rappresent­anze pontificie. L’8 luglio

2019 il sostituto della Segreteria di Stato vaticana, monsignor Edgar Peña Parra, aveva scritto una lettera al capo della Missione diplomatic­a a Hong Kong, monsignor Javier Herrera Corona, con il quale autorizzav­a “il versamento all’Archivio segreto vaticano del materiale archivisti­co di questa Missione di studio, per il periodo dal 1989 al 1997”».

E a lei la notizia quando fu comunicata?

«Ebbi una telefonata con il capo della Missione di studio vaticana a Hong Kong il 5 settembre 2019. L’11 settembre mi arrivò una sua lettera, che abbiamo protocolla­to nell’Archivio segreto vaticano il 17 settembre successivo, nella quale si diceva: “Sono lieto poter confermare che il materiale di riferiment­o è stato imballato e preparato per la spedizione a codesto Ufficio. Come Vostra Eccellenza potrà osservare dall’allegata documentaz­ione, la rimessa consiste in un totale di diciassett­e scatole medie. Per le ragioni esposte a parola, l’Archivio che si spedisce adesso porta come mittente la nunziatura apostolica nelle Filippine...”. Questo è il messaggio del capomissio­ne a Hong Kong. Dopo che monsignor Peña Parra diede l’autorizzaz­ione, fui dunque avvertito che le casse sarebbero partite l’11 settembre. E il 10 ottobre 2019 scrissi alla Missione di Hong Kong comunicand­o che le carte erano arrivate, “ordinate secondo i dorsi delle buste per la Missione di monsignor Gobel e secondo l’elenco di versamento per la Missione di monsignor Filoni”. E in effetti le casse da Manila furono recapitate all’inizio di ottobre. Attualment­e si trovano nei locali “riservati” dell’Archivio, perché non possono ancora essere consultate».

Un passo indietro. Quali erano le

«ragioni esposte a parola» che consigliav­ano di mandare la documentaz­ione a Manila e non direttamen­te a Roma? Perché questa decisione? Perché liberarsi delle carte conservate nell’Archivio della vostra Missione a Hong Kong?

«Un personaggi­o che non posso nominare, perché mi ha pregato di restare anonimo per questioni di sicurezza, di incolumità personale, un personaggi­o della gerarchia cattolica presente sul posto, mi informò che bisognava salvare questo Archivio e farlo giungere il prima possibile in Vaticano, come alla fine è avvenuto, spiegandom­i: “Lei tenga conto, Eccellenza, che dove finiremo forse noi lo sappiamo. Non sappiamo solo quando. È bene dunque che le carte espatrino”».

Che cosa intendeva dire?

«Che l’esito del giro di vite cinese su Hong Kong, in quel momento, era scontato, inevitabil­e, anche se non era ancora chiaro quando si sarebbe concretizz­ato. I timori erano tanti. E quindi, aggiunse, era bene che tutto il materiale conservato nella nostra Missione di studio espatriass­e. Erano cominciate da poco le manifestaz­ioni di protesta a Hong Kong contro il regime di Pechino. E forse già si temeva che sarebbe finita male. Vedevano le mosse cinesi avvicinars­i».

È vero che la città-Stato è stata assimilata totalmente alla Cina continenta­le, ma forse non sarebbero mai entrati nell’edificio occupato dalla Santa Sede.

«Temo che invece non li avrebbe fermati niente e nessuno. E dunque il capomissio­ne monsignor Javier Herrera Corona ha fatto bene a spostare tutto. Hanno arrestato neanche tre anni dopo perfino il cardinale Joseph Zen, ultranovan­tenne, perché lo considerav­ano un nemico della Cina che appoggiava le proteste di Hong Kong».

Perché fu deciso di mandare le carte a Manila e non direttamen­te a Roma?

«Queste triangolaz­ioni sono normali, nella prassi diplomatic­a, quando si tratta di documenti molto riservati. Quando esistevano pericoli concreti, o si voleva evitare che certi documenti fossero identifica­ti, fin dall’Ottocento si ricorreva a queste procedure. È stato deciso così perché le autorità cinesi non vedessero che alcune casse della Missione erano destinate al Vaticano, per prudenza, più che comprensib­ile. Manila e le Filippine sono state ritenute il luogo di passaggio più sicuro».

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