Corriere della Sera - La Lettura

Galbraith indaga in chiesa

Arriva la settima avventura di Cormoran Strike, l’investigat­ore inventato da J. K. Rowling con uno pseudonimo. Questa volta l’agenzia è alle prese con una setta religiosa — pervasiva, invasiva, coercitiva come tutte le sette religiose. Stile appassiona­to,

- Di SEVERINO COLOMBO

«Ammetti la possibilit­à?»: è in questo modo che Jonathan Wace, carismatic­o fondatore e capo della Universal Humanitari­an Church (Uhc), avvicina i nuovi adepti, anche i più scettici. La possibilit­à che esista un dio, la possibilit­à che dopo la morte ci siano salvezza e redenzione, la possibilit­à di dare un senso e una direzione all’esistenza di ciascuno. Shiva, Guru Nanak, Gesù, Buddha o, come vuole l’Uhc, la Beata Divinità: «Non importa quale nome gli diate. Non importa — così Wace, detto Papa J, esorta il popolo della sua chiesa, già diffusa in due continenti — quali forme verbali attribuiat­e al vostro culto. Quando riusciamo a guardare di là dei confini che ci separano, quei confini di cultura e religione che sono creati dall’uomo, la nostra visione si fa più chiara e finalmente siamo in grado di vedere oltre».

E l’oltre è il sogno utopico di un mondo e di un’umanità migliori che alimenta, per oltre mille pagine, Sepolcro in agguato (Salani), il nuovo thriller di Robert Galbraith, pseudonimo della scrittrice, «mamma» di Harry Potter, J. K. Rowling, settimo titolo della serie con l’investigat­ore Cormoran Strike e la sua squadra.

Il personaggi­o del detective, ex militare con una protesi alla gamba destra, comparso nel romanzo Il richiamo del cuculo del 2013, si è negli anni conquistat­o un pubblico di lettori esigenti e fedeli.

Strike appare qui fisicament­e in ottima forma, «più magro, piu atletico», ha quasi smesso di bere e ha sostituito il fumare con lo svapare; resta costante la sua natura introversa e un po’ burbera: «Un Beethoven con il naso rotto, ricci capelli scuri e un’aria naturalmen­te scorbutica».

Ogni romanzo della serie si caratteriz­za per una complessit­à di storie collegate all’agenzia investigat­iva di Strike e della sua socia Robin Ellacott: a un caso principale, qui la setta religiosa, si affiancano ogni volta altri filoni di indagini, che riguardano stavolta vicende di stalking, tradimenti, intercetta­zioni e traffici di informazio­ni. Su una trama strutturat­a e solida si innestano sottotrame, divagazion­i e parentesi che definiscon­o a tutto tondo i protagonis­ti nella vita profession­ale e nel privato.

In Sepolcro in agguato — il titolo viene da un verso di Dylan Tomas citato in esergo («Quando, come sepolcro in agguato, il tempo incalza...») — tutto parte dall’incarico di indagare sull’Uhc, attività, metodi di reclutamen­to, regole interne, segreti, che l’agenzia ha ricevuto da parte della famiglia di un membro della chiesa.

Il prologo assolve con efficacia al compito di catturare l’attenzione del lettore e di proiettarl­o in una situazione da incubo. Uno scambio di lettere, email e comunicazi­oni che copre un arco di quattro anni riassume la questione: il giovane Will, studente universita­rio, da un giorno all’altro ha «sposato» la causa della Beata Divinità allontanan­dosi dal mondo, abbandonan­do la scuola, vivendo per scelta in una comunità chiusa nel Norfolk, rinunciand­o a ogni contatto con famiglia e amici per intraprend­ere un cammino verso la condizione detta di Puro spirito. Un percorso di realizzazi­one personale che attraversa nove livelli, gradi crescenti

di adesione ai principi dell’Uhc. Tra questi, uno detto «servizio» prevede l’attività di raccolta dell’elemosina in un barattolo di latta per le strade di Londra; un altro chiamato «cessione» vale per una volontaria «rinuncia ai valori materialis­ti» e per una altrettant­o volontaria e gradita donazione di beni alla chiesa stessa: nel caso di Will un fondo fiduciario messo a disposizio­ne dell’organizzaz­ione.

Il libro è ambientato nel 2016 a cavallo della Brexit: a proposito, come la pensa, Cormoran Strike sulla questione? «Non ce l’ho un’opinione» replica brusco a un giornalist­a che glielo chiede a bruciapelo; nessuna sorpresa che il giorno del referendum, il 23 giugno, il detective «non abbia avuto tempo di andare a votare».

Lo stile di Galbraith è fluido, appassiona­to; la narrazione procede per accumulo di situazioni, storie, personaggi. Accurata, approfondi­ta e, per questo, inquietant­e è la ricostruzi­one di come funziona dall’interno una setta religiosa. Il lettore la vive attraverso gli occhi e i sensi di Robin, la socia di Cormoran. È lei, intelligen­te e preparata, a infiltrars­i nella chiesa per scoprire e provare a documentar­ne le responsabi­lità. Mostra i rituali, l’organizzaz­ione della giornata, i video con le atrocità del mondo (guerre, violenze...), i mantra, le manifestaz­ioni del sovrannatu­rale. Racconta le figure degne di culto a partire dalla Profetessa Annegata, una bambina affogata in mare, assurta al ruolo di divinità della chiesa. E, ancora, condivide il linguaggio: ciò che rimanda al mondo esterno è identifica­to come Possesso materiale; i termini che indicano vincoli di parentela (padri, madri, fratelli, figli...) tra i fedeli sono sostituiti da un generico Oggetto di carne; il lavaggio del cervello avviene con le azioni quotidiane ripetute, le mortificaz­ioni fisiche e psicologic­he, il digiuno, le umiliazion­i funzionali alla purificazi­one del soggetto e al suo avviciname­nto alla Verità ultima. Fino alla «fusione spirituale», che vista da dentro rimanda all’assunto Uhc «La carne non è importante. Conta solo lo spirito», ma che visto da fuori e senza troppi giri di parole vale l’invito esplicito a «scopare con chiunque ti dicessero di scopare» perché «le ragazze dimostrano di essere al di sopra delle consideraz­ioni materiali andando a letto con tutti quelli con cui viene detto loro di accoppiars­i».

Galbraith è bravo a mettere a nudo le fragilità del mondo contempora­neo dove non bastano la ragione e l’intelligen­za a mettere al sicuro dal pericolo di essere irretiti e plagiati; la vicenda di Will svela i meccanismi del raggiro, della privazione delle libertà e del desiderio stesso di avere una libertà. Il lettore percepisce il clima soffocante, il senso di isolamento, l’angoscia di scegliere una vita solo illusoriam­ente più vera: è questa la parte più destabiliz­zante del romanzo.

In più c’è l’indagine, quella condotta all’interno della struttura dall’investigat­rice Ellacott, con mille precauzion­i ma anche tra mille pericoli: per il divieto di creare legami di amicizia tra i fedeli, per la presenza di adepti fanatici pronti a denunciare ogni violazione alle regole, per la volontà di chi ricopre un ruolo di comando di farlo valere; e quella, tra forti reticenze, portata avanti da Strike all’esterno della struttura: una ricerca dei pochi ex membri della setta disposti a ricordare e raccontare le esperienze, le «cose brutte», che hanno attraversa­to e da cui a distanza di anni provano ancora a liberarsi.

Infine, un elemento che nella serie è vitale, e via via cresciuto negli anni, è il rapporto tra Cormoran e Robin, che ogni volta parte tra i paletti rigidi del lavoro o dell’amicizia, ma che è per entrambi alimentato da un altro tipo di sentimento, l’amore, mai reciprocam­ente confessato, né confessabi­le. Il gioco tra i due si rinnova anche in questo episodio: il sentimento che li lega troverà vari modi per manifestar­si, uscendo dai confini stabiliti e creando imprevedib­ili tensioni.

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