Corriere della Sera - La Lettura
Il design artigianale di Bottoni
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Ci voleva uno storico, ricercatore raffinato, ma anche poeta affermato come Giancarlo Consonni (Milano, 1943) a rimettere in gioco una figura come il grande architetto Piero Bottoni (Milano, 1903-1973) all’interno dell’avventura del design italiano. Il design prima del design. Piero Bottoni e la produzione di mobili in serie in anticipo sulla società de consumi (La Vita Felice, pp. 177, e 20) di Consonni rappresenta un esempio di «microstoria indiziaria», per dirla alla Carlo Ginzburg, dalla quale emerge un modello teorico che dagli anni Sessanta ha costituito l’originalità del design del nostro Paese. Professore emerito del Politecnico di Milano, Consonni dirige l’Archivio Bottoni ma soprattutto fa ricerca partendo dai materiali: sa che è necessario far parlare i documenti, mettendo in campo tutte le discipline umanistiche in grado di scavare all’interno della storia dei «fatti».
È il caso dei disegni e degli oggetti realizzati negli anni Trenta da Bottoni, attraversando da protagonista le Triennali di Milano di quel periodo e accompagnando la sua attività con la decisione geniale di disegnare un sistema di produzione e di distribuzione, senz’ abbandonare la relazione con il mondo artigianale e produttivo del mobile. Contemporaneamente svolge indagini tra i ceti della piccola e media borghesia circa le dimensioni delle abitazioni: i mobili nascono per case reali, non solo per le riviste. Ecco, allora, assoluti capolavori come la piccola scrivania (1933) realizzata con un’industria milanese, Columbus, specializzata nella lavorazione del tubolare in metallo, e la poltrona Lyra (1932; sopra) disegnata per Thonet France, messi di nuovo in produzione dall’azienda Zanotta decenni dopo. Ma ciò che rende unica e in anticipo nei tempi la sua avventura, fu la definizione di una strategia industriale e commerciale per portare nella cultura artigianale il modello produttivo dell’industria. Scrive Consonni: «Avere trascurato questa esperienza, costituisce una lacuna nelle ricostruzioni del design italiano»; ma siamo sempre in tempo per rimetterla in gioco, perché è negli anfratti della storia che è possibile, qualche volta, disegnare il domani. Negli archivi c’è più futuro di quanto pensiamo.