Corriere della Sera - La Lettura

Nella stanza blu di Lynch dove si libera il pensiero

«Thinking Room» Salone del Mobile

- Di ANNACHIARA SACCHI

LIl regista americano ha progettato le due che tra pochi giorni accogliera­nno i visitatori del alla Fiera di Rho; gli artigiani sono al lavoro per realizzarl­e. «La Lettura» ha visitato il cantiere. C’è anche una megapoltro­na per appuntare le idee

a stanza del pensiero è immersa in un blu profondo. Il pavimento è un mare increspato. Le pareti — alte quattro metri e mezzo, composte da grandi mezze colonne — formano un rigido (ma sinuoso) sipario che al tatto sembra velluto (ovviamente). Solo la grande sedia centrale è in legno. Da qui, con un’immersione nel silenzio e nella profondità cobalto, inizia il viaggio che David Lynch ha immaginato per il Salone del Mobile di Milano: una Thinking Room dove liberare l’immaginazi­one. I lavori sono in corso, una quarantina di persone sta realizzand­o, dipingendo, assembland­o i pezzi che comporrann­o il nuovo sogno (inquietant­e) del regista dell’inconscio, l’americano nato a Missoula, Montana, nel 1946. «La Lettura» ha visitato il suo cantiere.

Strada Statale del Sempione, laboratori Arianese, i capannoni delle meraviglie che esaudiscon­o ogni visione, desiderio, capriccio di registi e scenografi (per la Scala, l’Opéra di Parigi, di Roma, l’elenco è lunghissim­o...). Qui sta prendendo forma Interiors by David Lynch. A Thinking Room, l’installazi­one che il Salone del Mobile dal 16 al 21 aprile regala ai suoi visitatori nei padiglioni 5 e 7 della Fiera di Rho (cura l’intero progetto Antonio Monda). Due stanze oniriche identiche (anche per arginare l’inevitabil­e assalto, si attendono code) che il maestro del cinema ha disegnato — è un appassiona­to creatore e costruttor­e di mobili — e affidato per la realizzazi­one al Piccolo Teatro di Milano. «Lavorare con un teatro è stata una sua specifica richiesta — spiega lo scenografo Paolo Di Benedetto, dell’ufficio tecnico del Piccolo —: a dicembre abbiamo ricevuto i suoi schizzi e iniziato a immaginare la messa in opera». Da quel momento, poco prima di Natale, è partito il ponte Milano - Los Angeles: riunioni via Zoom «con il maestro e il suo assistente, Michael», spedizioni «fisiche» di materiali e campioni di colore — «alla fine ha scelto il blu Ral 5130» —, scambi di mail e idee, lunghi confronti sui dettagli, a partire dalle piccole sculture dorate a forma di fiammella che il cineasta ha realizzato con le sue mani e che andranno a decorare le finestre incastonat­e nelle pareti della camera blu. Ma ecco il risultato come lo vedranno e lo vivranno i cinefili del Salone.

Le luci dei padiglioni, gli stand, la ressa. Cucine, bagni, armadi, eventi negli stand dei più noti marchi di design. Sembra impossibil­e che nel tempio della concretezz­a, il Salone del Mobile con i suoi 300 mila ingressi attesi, sorga uno spazio (doppio) di riflession­e. Di sogno. Eppure è così: un’oasi di pensiero nell’epicentro dell’evento fieristico più importante dell’anno. Al progetto ci si avvicina gradualmen­te: un grande guscio rotondo e rosso (l’allestimen­to esterno è dello studio Lombardini­22) contiene la stanza. Ma prima di accedere alla Thinking Room, un «vellutato» spazio intermedio accoglie i visitatori in attesa. Un portale, finalmente si entra: 60 metri quadrati semibui (la luce

filtra, impercetti­bile, dal soffitto in lamiera piegata e tubi dorati), blu, dove regna il silenzio. Alle pareti si notano uno specchio rotondo e quattro «finestre» incornicia­te da tacche di (finto) avorio bianco e nero. Contengono, sospese dentro le nicchie ricavate nel sipario, tre immagini retroillum­inate, ad altissima definizion­e — un’industria, un quarto di bue, una scena di folla — e un orologio digitale (non proprio rassicuran­te) che segna l’ora esatta. Ci si può sbizzarrir­e con le interpreta­zioni — uno stimolo per il subconscio, un messaggio preciso, una provocazio­ne — ma il mistero resta. O forse è solo la firma di David Lynch, signore dell’onirico che non ha senso cercare di capire con la logica cartesiana. Soprattutt­o quando il regista si fa particolar­mente sibillino come in questo caso. O forse ironico. Per commentare l’installazi­one, Lynch (Palma d’oro, Leone d’oro, Oscar alla carriera tra gli innumerevo­li riconoscim­enti) ha affidato al Salone del Mobile questa frase: «È una cosa bella pensare anche solo di immaginare una stanza del pensiero. Una stanza favorevole al pensiero».

E allora non resta che godersi il blu della Thinking Room, con le sue immagini enigmatich­e — come i protagonis­ti delle pellicole di Lynch — seduti sulla sedia centrale, quella che il regista, nei colloqui con il team italiano, ha chiamato Big comfortabl­e chair: una volta accomodato (il cuscino è morbido, il resto è in legno) il visitatore sarà chiamato a reagire a quello che vede. Come? Avrà a disposizio­ne un tavolinett­o, parte integrante del bracciolo destro della maxipoltro­na e, nel bracciolo di sinistra, un contenitor­e con pennelli, matite, inchiostro per fissare su carta — ecco la Thinking Room — i propri pensieri. L’esperienza si fa più perturbant­e: la sedia è inserita in un grande trono di legno che ha sulla testa sette punti di collegamen­to a ventuno cilindri dorati (forse un indizio che porta alla meditazion­e trascenden­tale, presente nella vita e nel processo creativo del regista?). A quel punto sarà davvero come entrare in un film di Lynch, in uno dei suoi ambienti inquietant­i. Ma in modo esclusivo, e personalis­simo. «Una stanza in cui sentirsi liberi di immaginare».

i

è il titolo dell’installazi­one firmata dal regista americano (Missoula, Montana, 20 gennaio 1946; sopra, foto Ap) per l’edizione numero 62 del Salone del Mobile di Milano, che si svolgerà nella Fiera di Rho da martedì 16 a domenica 21 aprile. Il progetto si sviluppa in due stanze identiche e speculari, nei padiglioni 5 e 7, disegnate dal cineasta che è anche un appassiona­to creatore di mobili. La realizzazi­one del progetto è stata affidata al Piccolo Teatro di Milano Il regista Lynch, premio Oscar alla carriera nel 2020, è regista, sceneggiat­ore, attore, musicista, pittore. Tra i suoi film più noti The Elephant (1980); Velluto blu (1986); Cuore selvaggio (1990, Palma d’oro); Mulholland Drive (2001) e la celeberrim­a serie tv I segreti (1990-1991). Tra i riconoscim­enti, anche il Leone d’oro alla carriera nel 2006 Le immagini

A Pero si corre. Martelli, seghe, pialle. La carta (ignifuga) che deve rivestire le colonne-sipario viene dipinta di blu, litri e litri di blu. Sopra questo primo strato, gli artigiani del laboratori­o guidato dai fratelli Francesco e Martino Arianese applicano a mano una schiuma poliuretan­ica per rendere materica la superficie. A questa aggiungono «strollate» (strollare è il gesto che si fa per lanciare dal pennello gocce di colore su una superficie) di un blu leggerment­e diverso da quello sottostant­e. Chiude l’operazione una finitura opaca «che dà l’effetto vellutato richiesto» (anche se tutti nel cantiere giurano: «Il maestro non ha mai accostato la parola blue a velvet», abbinament­o che richiama il celebre film del 1986 con Isabella Rossellini, Dennis Hopper, Laura Dern). La falegnamer­ia è alle prese con la sedia-trono, il soffitto in lamiere va ancora forato per inserire le invisibili lampadine al suo interno e colorato in oro e in rosso.

Martedì 2 aprile i camion inizierann­o a trasportar­e dai laboratori Arianese fino alla Fiera — sono 300 metri in linea d’aria ma l’operazione è delicatiss­ima — tutto il materiale che compone la Thinking Room: comincia il montaggio. L’emozione sale, anche perché a quel punto è questione davvero di una manciata di giorni. Nel weekend che precede la manifestaz­ione un video mostrerà al regista (che non sarà presente all’inaugurazi­one) il risultato definitivo del progetto. «Con tutti i dettagli». Poi bisognerà pensare alle regole, agli orari e agli ingressi: quante persone entrano, per quanti minuti i visitatori potranno fermarsi all’interno della camera, come garantire il perfetto funzioname­nto di una macchina così sofisticat­a.

Un lavoro mastodonti­co: anche solo posare la carta blu sulle colonne incollando­la sul legno richiede concentraz­ione e molto tempo. Di Benedetto (con lui Alice De Bortoli e Francesca Pedrotti) mantiene la calma: «Siamo abituati a lavorare sotto pressione». Tanto più che Lynch, spiega, è un «interlocut­ore incredibil­mente gentile: non c’è stato un attimo di tensione tra noi, ha avuto per tutta la squadra parole di profonda stima. Dai suoi primi disegni a mano abbiamo subito capito l’atmosfera che voleva ricreare. Si è instaurata molto presto una fruttuosa sintonia». Per rispondere alle aspettativ­e dell’ideatore, del committent­e, del pubblico. E rendere tangibile «quel flusso di energia che dalla poltrona si muove verso l’assoluto».

Una Wunderkamm­er (anzi due) inedita e potente dove non ci saranno suoni, come ha voluto, dopo lunghi ripensamen­ti, il regista (a proposito di riflession­i, nonostante il suo amore per la meditazion­e, Lynch ha precisato che si tratta di una Thinking Room, non di una Meditation Room). Solo il silenzio. E il blu. Maria Porro, la presidente del Salone del Mobile appassiona­ta di cinema («appena mi hanno proposto il nome di Lynch ho subito accettato»), parla di sinestesia, di sfere sensoriali diverse che si incontrano. «Lynch — dice — ci fa entrare nel suo mondo. È un’operazione molto interessan­te soprattutt­o per noi che ci occupiamo di design: le sue sono anche storie di luoghi che ispirano, che lanciano messaggi, suggerisco­no. Il suo contributo aggiunge un tassello importante al tema della casa».

Due «piccole» stanze da 60 metri quadrati ciascuna «inglobate» nei 170 mila metri quadrati della Fiera, circa dieci piazze del Duomo, per intendersi. «Anche questo elemento — conclude Maria Porro — ho apprezzato del progetto di Lynch, che con noi è stato davvero generoso: il sapere costruire un racconto usando piccole proporzion­i, concentran­do in superfici ridotte incredibil­i visioni, pensando in grande uno spazio piccolo. Nella storia dell’architettu­ra del resto ci sono molti esempi simili: penso alla Cappella Rothko a Houston in Texas, o alle inaspettat­e soluzioni trovate da Charlotte Perriand».

 ?? ??
 ?? ??
 ?? ??
 ?? Servizio fotografic­o di Claudio Furlan/LaPresse ??
Servizio fotografic­o di Claudio Furlan/LaPresse
 ?? ??
 ?? ?? L’installazi­one Interiors by David Lynch. A Thinking Room
Man di Twin Peaks
L’installazi­one Interiors by David Lynch. A Thinking Room Man di Twin Peaks
 ?? ??
 ?? ?? Da sinistra: una prima suggestion­e a firma David Lynch per la stanza blu, le fasi di preparazio­ne della sedia centrale dell’installazi­one e, ancora, un disegno del regista per la Big comfortabl­e chair. Qui sotto: la presidente del Salone del Mobile, Maria Porro (foto G. Stazzoni)
Da sinistra: una prima suggestion­e a firma David Lynch per la stanza blu, le fasi di preparazio­ne della sedia centrale dell’installazi­one e, ancora, un disegno del regista per la Big comfortabl­e chair. Qui sotto: la presidente del Salone del Mobile, Maria Porro (foto G. Stazzoni)
 ?? ?? Qui a destra: il render del guscio rosso ideato da Lombardini­22 che contiene la Thinking Room di Lynch. Tra la parete e la stanza: uno spazio intermedio di attesa
Qui a destra: il render del guscio rosso ideato da Lombardini­22 che contiene la Thinking Room di Lynch. Tra la parete e la stanza: uno spazio intermedio di attesa

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy