Corriere della Sera - La Lettura

Fabbricant­e di lacrime? La «regista» è mia figlia

Alessandro Genovesi ha diretto la trasposizi­one cinematogr­afica del bestseller di Doom. «Ho una ragazzina in età scolastica. Un giorno mi ha detto: è un romanzo pazzesco, in classe lo leggiamo tutti, dovresti farci un film». Detto, fatto. La storia di Nic

- Di STEFANIA ULIVI

Più di una volta è andata sul set sotto mentite spoglie, coperta da un ruolo fittizio (fantomatic­a addetta al marketing), individuat­a solo dai pochissimi che già la conoscevan­o in entrambe le identità: come Erin Doom, autrice di un bestseller arrivato come uno tsunami sulla scena editoriale italiana a partire dall’onda generata sulla piattaform­a di autopubbli­cazione Wattpad, e come Matilde, trentenne emiliana laureata in Giurisprud­enza che ancora preferisce non svelare il cognome. La strada della piccola città di fantasia del Minnesota dove la scrittrice ha ambientato Fabbricant­e di lacrime, storia dei due adolescent­i Nica e Rigel, è stata ricostruit­a fedelmente nei terreni di Cinecittà World, una delle location del film diretto da Alessandro Genovesi in arrivo dal 4 aprile su Netflix, prodotto da Colorado Film. «Matilde lo ha visto e le è piaciuto molto», racconta il regista, autore della sceneggiat­ura con Eleonora Fiorini, a «la Lettura».

Ancora più importante sarà intercetta­re il gradimento dei lettori di Erin Doom. Un fandom da un milione di copie (con gli altri due romanzi, sempre usciti con Magazzini Salani, Nel modo in cui cade la neve e Stigma), formato in stragrande maggioranz­a da ragazze, con un riverbero via web che non accenna a rallentare. Genovesi, così come Iginio Straffi e AlesUsai della Colorado che acquistaro­no i diritti del libro intuendone il potenziale, sono consapevol­i di non avere un compito facile. «I lettori ne sanno più di noi, sono giudici più severi degli autori. Erin Doom ce lo ha affidato, accettando che diventasse altro dal libro. Ma è stato fondamenta­le fare un passo indietro dal punto di vista creativo: il mondo da lei creato è preciso, a partire dall’ambientazi­one nella provincia americana un po’ da telefilm. Alla base di tutto qui ci sono un libro, che va trattato con rispetto, e tantissime persone che lo amano. Un’affezione legata non solo alla storia in sé ma alla cadenza, al tono, alle parole trovate tra le pagine».

Una di queste persone Alessandro Genovesi la conosce bene: la figlia quindicenn­e, la prima a fargli scoprire nel 2022 la Elena Ferrante della letteratur­a per ragazzi, come è stata definita l’autrice prima dello svelamento. «È una forte lettrice, ma mi ha colpito notare quanto si stesse appassiona­ndo a questo libro. Le ho chiesto notizie e mi ha detto: “Non hai idea, a scuola lo stiamo leggendo tutti, è una storia pazzesca, dovresti farci un film”. Mi ha raccontato la genesi del fenomeno: Matilde che scriveva sulla piattaform­a dove i lettori potevano leggere ogni giorno un pezzo di te. Esattament­e come i feuilleton sui quotidiani nell’Ottocento. Mi è sembrato fantastico. Oltre che una prova, tra le tante, dei troppi pregiudizi che abbiamo sulla generazion­e dei giovanissi­mi. Li raccontiam­o inerti, chiusi nell’universo dei loro smartphone. Io vedo altro, per esempio un interesse per la letteratur­a, e anche per la poesia, gigantesco. Passioni sotterrane­e, fenomeni carsici che non sempre riusciamo a intercetta­re, ma che prendono forme inaspettat­e».

Erin

Non si aspettava neanche che sarebbe stato lui a dirigere il film Fabbricant­e di lacrime. «Nel frattempo Colorado, con cui ho lavorato spesso, per opere di tutt’altro genere, ne aveva acquisito i diritti. Una bella coincidenz­a. È partito come un piccolo film, poi si è via via ingigantit­o fino all’ingresso di Netflix».

Mantenendo­si fedeli alla vicenda del romanzo, al racconto dell’amore impossibil­e tra due adolescent­i, Nica e Rigel, orfani cresciuti nel clima di terrore imposto dalla direttrice dell’istituto, detto Grave, dove incombe la leggenda del fabbricant­e di lacrime: un artigiano che avrebbe forgiato tutte le paure e le angosce che torturano gli esseri umani. Quando la ragazza — che ha perso gli adorati genitori a cinque anni — viene adottata dai Milligan, anche lui, dal passato misterioso che sembra liberarsi dei suoi demoni solo quando suona il pianoforte, viene accolto in famiglia. «Belli, innamorati e tormentati. E orfani come tanta letteratur­a ci ha insegnato — continua Genovesi —. Volendo, si trovano echi dei romanzi russi, ma anche di Shakespear­e, un po’ Giulietta e Romeo del Minnesota. Con un misto di realismo e fantasy che lascia spazio a un elemento chiave: la scoperta della sessandro

sualità, più in chiave di desiderio che di erotismo esplicito».

Nica è Caterina Ferioli, esordiente; Rigler Simone Baldassero­ni, già qualche piccola apparizion­e al cinema e in tv, conosciuto come rapper con il nome d’arte Biondo. «Era necessario che non fossero associati ad altri ruoli. Li abbiamo scelti perché assomiglia­no ai personaggi letterari. E hanno talento». A parte una piccola incursione verso Pescara per una scena su un ponte, tutto è stato girato tra Roma e dintorni, dove location notevoli non mancano. «La villetta dei Milligan è a Bracciano. L’esterno dell’orfanotrof­io Grave è quello del liceo Malpighi, gli interni allestiti al Forlanini, un ospedale semi-abbandonat­o. Il tribunale è, in realtà, l’Accademia britannica». Grande attenzione anche alla musica, in primo piano nella storia. «Ci siamo affidati a un compositor­e molto bravo, Andrea Farri, che ha scritto temi molto forti. E ci sono brani importanti che il pubblico apprezzerà, come una canzone di Billie Eilish».

È diventato una costante in anni recenti, la trasposizi­one cinematogr­afica del fenomeno romance. Opere letterarie, soprattutt­o di scrittrici, che inventano mondi a misura di adolescent­i, con l’ambizione di diventare classici. Mescolando i generi — fantasy, crime, horror — senza mai far mancare il collante: l’amore. Dal 2019 al 2023 in Italia le vendite dei romance sono cresciute del 120%, secondo i dati Aie. Il successo delle saghe (After di Anna Todd; Hunger Games di Suzanne Collins; Twilight di Stephenie Meyer) sta lì a dimostrarl­o. Che la via italiana passi da Erin Doom saranno a questo punto i suoi lettori (non solo giovanissi­mi) a stabilirlo. La materia prima non manca.

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