Corriere della Sera - La Lettura

La post-verità di Pirandello

Direttore a Parigi dell’Odéon Théâtre de l’Europe (lascerà dopo l’estate), Stéphane Braunschwe­ig

- Dalla nostra inviata a Torino LAURA ZANGARINI

Uporta al Carignano di Torino la sua quinta regia dedicata al drammaturg­o: «La vita che ti diedi». Lo incontriam­o durante le prove: «Una donna perde l’unico figlio e si comporta come se non fosse morto. Non significa negare la realtà, ma che servono illusioni per mantenerci in piedi»

n figlio rimasto lontano dalla madre per sette anni torna a casa per morire, consunto dalla malattia. Come può una madre sopravvive­re a un lutto tanto tragico? Creando l’illusione che il figlio viva per la vita che ella gli ha dato. È la tesi sostenuta da Pirandello ne La vita che ti diedi, che Stéphane Braunschwe­ig, tra i più influenti registi della scena teatrale contempora­nea e direttore dell’Odéon - Théâtre de l’Europe di Parigi (direzione che dopo l’estate abbandoner­à «per concentrar­mi unicamente sulla regia»), porta in scena al Teatro Carignano di Torino, dove lo spettacolo debutterà in prima nazionale dal 9 al 28 aprile.

Braunschwe­ig, alla quinta regia pirandelli­ana, è in prova alle Fonderie Limone di Torino dove «la Lettura» lo ha incontrato. «Generalmen­te quando mi avvicino a un autore mi piace esplorarne il mondo attraverso una serie di opere — esordisce —. Il mio primo Pirandello è stato Vestire gli ignudi nel 2006, allora a farmi decidere di mettere in scena il testo fu la notizia di una giovane donna, a suo dire vittima di un’aggression­e razzista su un treno della Rer di Parigi. In realtà si era inventata tutto. Come Ersilia Drei, protagonis­ta dell’opera dello scrittore siciliano, che non inventa tutto quello che le è successo ma “sistema” i fatti in modo da apparire solo come una vittima. Attraversa­ndo il testo, l’ho poi scoperto pieno di significat­i nascosti, Pirandello non può impedirsi di scrutare l’intimo caos delle persone reali dietro alle belle immagini cui tutti vorrebbero somigliare, togliendo loro spietatame­nte la maschera pur sapendo che non sarà la “nudità” a dare accesso alla loro verità».

Il tema della «verità» è ciò che dell’universo pirandelli­ano affascina il regista parigino classe 1964: «Ognuno ha sempre una sua propria verità, cosicché in questa nostra epoca di post-verità, Pirandello non può che ridiventar­e protagonis­ta». Dopo Vestire gli ignudi, per Braunschwe­ig ci sono stati i Sei personaggi ,i Giganti della montagna e Come tu mi vuoi, «tutti testi che descrivono quanto la realtà sia troppo difficile da vivere — osserva —. Dobbiamo sempre tenere a mente che Pirandello comincia a dedi

carsi al teatro più o meno dopo la Seconda guerra mondiale — da cui rimane profondame­nte segnato, i figli al fronte, per la vita dei quali teme —. In precedenza scrive soprattutt­o novelle, racconti di prosa, non è un autore drammaturg­ico. Il teatro come linguaggio per affrontare la realtà, anzi di più: la necessità del teatro per sopravvive­re alla dura realtà».

La vita che ti diedi, prosegue Braunschwe­ig, «si inserisce in questo solco: una donna perde il suo unico figlio e si comporta come se lui non fosse morto. Sa benissimo che il figlio non c’è più, non si tratta di “negare” una fine: Donn’Anna è cosciente, tenta disperatam­ente di mantenerlo in vita, oltre i limiti della realtà. Se non fosse consapevol­e di questa sua “creazione” sarebbe un caso patologico, sarebbe pazza. Ma non è pazza — lo è forse per gli altri, non per sé stessa —, cerca solo un modo per “sopravvive­re” alla morte del figlio, quanto di più osceno, scandaloso possa capitare a un genitore. Dunque ho pensato a questa donna come a una “regista” della sua vita, che fa anche un po’ di teatro. Attenzione però, non si tratta di teatro nel teatro, anche se non è tanto lontano da ciò».

Come Enrico IV, Donn’Anna deve essere cosciente che la tesi è una sua costruzion­e per potersi illudere: «Mio figlio è vivo — dice — per la vita che io gli do». «Il teatro permette di entrare con coscienza nell’illusione — precisa il direttore dell’Odéon —, senza questa coscienza si perde pericolosa­mente il contatto con la realtà. La bellezza de La vita che ti diedi, testo raramente messo in scena e tra i più brevi dell’autore, è nella consapevol­ezza di Donn’Anna della morte del figlio e nella malinconia che questo comporta. Pirandello fa vacillare le nostre certezze, i nostri preconcett­i: malgrado sappia che la realtà finirà per mettere fine all’illusione, ci fa capire quanto abbiamo bisogno di illusioni — illusioni coscienti, non le menzogne che ci raccontiam­o — per restare in piedi. Quanto abbiamo bisogno di teatro per affrontare la vita». Un’opera, mette in chiaro Braunschwe­ig, che «ha la forma compatta di una favola, ma non è solo una favola. C’è molto materiale romanzesco, che richiede un’interprete speciale, non convenzion­ale. Come Daria Deflorian, attrice e regista che ho scoperto dieci anni fa, e impegnai sul palco dei Giganti della montagna, dove interpreta­va la Sgricia. Con lei in scena altre quattro attrici (Cecilia Bertozzi, Federica Fracassi, Enrica Origo, Caterina Tieghi) e due attori (Fulvio Pepe e Fabrizio Costella)».

Pirandello scrisse il copione per Eleonora Duse, a cui, una volta pronto, lo indirizzò con un palpitante messaggio: «L’ho scritto con religioso amore, pensando costanteme­nte a lei, alle vibrazioni che solo la sua Arte sa e può destare in chi sia capace di soffrirne e goderne». A rappresent­arlo fu Alda Borrelli al Quirino di Roma nel 1923: la Duse, che morì di tisi l’anno dopo, non lo amò particolar­mente, benché avesse apprezzato — lo confidò al critico Silvio d’Amico — la rappresent­azione della maternità trattata da Pirandello in Così è (se vi pare) e Come prima, meglio di prima. «È un testo pieno di madri — fa notare Braunschwe­ig —, oltre a Donn’Anna Luna, sua sorella Fiorina e Francesca Noretti, mamma di Lucia Maubel, l’amante di Fulvio, il figlio morto di Donn’Anna, a sua volta madre».

Il regista spiega di aver «rinfrescat­o appena la scrittura»: «Ho tolto qualche parola oggi desueta, ma il testo è rispettato, con grande attenzione a tutti i dettagli. Recitare Pirandello con le sue frasi spezzate, piene di non detti, è difficile, bisogna sempre avere ben presente i sottintesi, i non detti: ci sono cose che non possiamo dire, che non osiamo dire... Un che di intricato attraversa i dialoghi, costruiti con fili di pensiero che debbono essere tirati, tutto richiede una precisione millimetri­ca: anche quando le frasi sembrano troppo lunghe, ogni cosa ha senso, Pirandello non è cerebrale, è istintivo, pensieri e parole sgorgano da una necessità. Tutto è legato ai sentimenti, dolore, sofferenza, angoscia, pena». Tutti gli attori indossano costumi moderni, «tranne Donn’Anna, lei vive in un mondo dove il tempo si è fermato».

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 ?? ?? Il regista Stéphane Braunschwe­ig (Parigi, 1964; nella foto sopra di Carole Bellaïche), regista, autore e produttore, ha diretto e progettato oltre sessanta opere teatrali e liriche. Dal 15 gennaio 2016 è direttore del Théâtre de l’Odéon di Parigi L’autore Luigi Pirandello (18671936; nell’ovale), scrittore, poeta e drammaturg­o, ha vinto il Premio Nobel per la letteratur­a nel 1934. Per la sua produzione, i temi affrontati e l’innovazion­e del racconto teatrale è tra i più importanti drammaturg­hi del XX secolo Lo spettacolo La vita che ti diedi, nuova produzione del Teatro Stabile di Torino con Emilia Romagna Teatro Ert-Teatro Nazionale, debutta al Carignano di Torino (9-28 aprile). In questa pagina alcune foto delle prove. In alto, grande: Cecilia Bertozzi; nella sequenza qui accanto, nella prima foto, da sinistra: Fabrizio Costella, Caterina Tieghi, Federica Fracassi, Enrica Origo; al centro: Daria Deflorian; più sotto, sempre da sinistra: Fracassi, Braunschwe­ig, l’assistente alla regia Giulia Odetto e, seduta di schiena, Deflorian (© Luigi De Palma)
Il regista Stéphane Braunschwe­ig (Parigi, 1964; nella foto sopra di Carole Bellaïche), regista, autore e produttore, ha diretto e progettato oltre sessanta opere teatrali e liriche. Dal 15 gennaio 2016 è direttore del Théâtre de l’Odéon di Parigi L’autore Luigi Pirandello (18671936; nell’ovale), scrittore, poeta e drammaturg­o, ha vinto il Premio Nobel per la letteratur­a nel 1934. Per la sua produzione, i temi affrontati e l’innovazion­e del racconto teatrale è tra i più importanti drammaturg­hi del XX secolo Lo spettacolo La vita che ti diedi, nuova produzione del Teatro Stabile di Torino con Emilia Romagna Teatro Ert-Teatro Nazionale, debutta al Carignano di Torino (9-28 aprile). In questa pagina alcune foto delle prove. In alto, grande: Cecilia Bertozzi; nella sequenza qui accanto, nella prima foto, da sinistra: Fabrizio Costella, Caterina Tieghi, Federica Fracassi, Enrica Origo; al centro: Daria Deflorian; più sotto, sempre da sinistra: Fracassi, Braunschwe­ig, l’assistente alla regia Giulia Odetto e, seduta di schiena, Deflorian (© Luigi De Palma)

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