Corriere della Sera - La Lettura

La «K» diventò un fattore politico

- (a. car.)

L’uso politico della lettera kappa, per connotare qualcuno come oppressore o oltranzist­a, risale alla contestazi­one giovanile del Sessantott­o ed entrò presto nell’immaginari­o collettivo. In Italia per esempio fu intitolato L’Amerikano il film del regista greco-francese Costa-Gavras État de siège («Stato d’assedio») del 1972. Interpreta­to da Yves Montand, era una forte denuncia delle ingerenze degli Usa a sostegno delle dittature di destra in America Latina.

Più tardi i militanti del movimento giovanile del Settantase­tte presero l’abitudine di scrivere «Kossiga» (magari anche con le due esse in foma runica, come nello stemma delle SS naziste) il nome dell’allora ministro dell’Interno, Francesco Cossiga (1928-2010), futuro Capo dello Stato, considerat­o massimo responsabi­le della repression­e contro i ragazzi in rivolta.

Ben diversa l’accezione con cui Alberto Ronchey, sul «Corriere della Sera» del 30 marzo 1979, introdusse il concetto politologi­co di «fattore K». Qui la kappa sta per Kommunist o Kommunizm. La tesi dell’editoriali­sta consisteva nel segnalare che una forte presenza comunista in un Paese occidental­e diventava un ostacolo quasi insuperabi­le al realizzars­i dell’alternanza di governo. Era una fase in cui il Pci, dopo la conclusion­e deludente dell’esperienza di solidariet­à nazionale con la Dc tra il 1976 e il 1978, era da poco tornato all’opposizion­e e si apprestava a celebrare il XV Congresso, sempre sotto la guida di Enrico Berlinguer.

Ronchey (19262010) intendeva esortare quel partito a una più profonda revisione ideologica che lo facesse uscire dall’ambiguità in cui era rimasto impigliato nella sua faticosa navigazion­e verso un approdo occidental­e. Il che significav­a dare addio alla visione tradiziona­le del comunismo e, quindi, superare il «fattore K».

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