Corriere della Sera - La Lettura

Un giorno E. M. Forster incontrò Syd Barrett

Lo scrittore Haydn Middleton immagina che due figure chiave della cultura inglese, l’autore edoardiano di «Camera con vista» e il fondatore dei Pink Floyd, inizino un dialogo casuale e toccante. Nulla è inventato, tutto è verosimile

- Dal nostro corrispond­ente a Londra LUIGI IPPOLITO

UAffinità «Ciò che avevano in comune e ciò che avrebbero riconosciu­to l’uno nell’altro era il bisogno di creare»

n incontro mai avvenuto — o forse sì? È quello immaginato da Haydn Middleton ne La ballata di Syd & Morgan: dove i protagonis­ti sono Edward Morgan Forster (1879-1970), il grande romanziere dell’età edoardiana, e Syd Barrett (1946-2006), il fondatore del gruppo rock dei Pink Floyd. È un sabato d’autunno del 1968, a Cambridge, in Inghilterr­a, quando un Barrett ventiduenn­e, che indossa una giacca di velluto color mattone e stivali di serpente, si avvia verso la casa dell’ottantanov­enne Forster: dal loro incontro nasce un dialogo toccante tra due figure-chiave della cultura inglese, che pure appartengo­no alle estremità opposte del Novecento. Syd e Morgan si scoprono accomunati da demoni simili e dolori speculari, oltre che da un impulso creativo che spesso si trasforma in un peso troppo grande da sopportare.

Forster smise di scrivere a 45 anni, dopo aver dato alla luce romanzi amatissimi come Camera con vista e Casa Howard, noti grazie anche alle fortunate trasposizi­oni cinematogr­afiche di James Ivory. Barrett fu il profeta della musica psichedeli­ca incarnata alla fine degli anni Sessanta dai Pink Floyd, ma finì per perdersi nel baratro di follia e allucinazi­oni.

«Una conversazi­one gentile tra due menti affascinan­ti», ha definito il dialogo immaginari­o fra i due la sorella di Syd: ne risulta un racconto straordina­riamente vero, tanto che «la sorpresa, alla fine — ha scritto il “Times Literary Supplement” — è che una collaboraz­ione tra i due non giaccia da qualche parte nei caveau della Emi», la casa discografi­ca londinese.

La stessa genesi del libro si deve a una coincidenz­a casuale, a un incontro fortuito: «Nel 2015 stavo a letto, un sabato mattina — racconta l’autore a “la Lettura” — e stavo rileggendo Camera con vista, mentre nello stesso tempo in un’altra stanza usciva musica dal mio computer. Nel momento in cui ho finito il romanzo, suonava Interstell­ar Overdrive dal primo disco dei Pink Floyd. Ho messo giù il libro: non avevo mai pensato prima alla connession­e tra il fatto che Forster era fellow onorario del King’s College, a Cambridge, mentre Barrett era cresciuto e aveva passato gran parte della vita a Cambridge, a dieci minuti di bicicletta da lì. Ho cominciato a speculare, a sognare se mai si fossero incontrati: la storia è emersa da quella giustappos­izione».

Tra Forster e Barrett ci sono diverse analogie, pur nella distanza siderale che li divide: in entrambi i casi la loro carriera si è svolta nella prima fase della loro vita, per poi interrompe­rsi. Ed è un fatto che il padre di Syd fosse membro dell’università di Cambridge: dunque i due personaggi avrebbero benissimo potuto trovarsi in prossimità fisica. «Entrambi — continua Middleton sulla scia delle analogie — sono entrati nella loro carriera per un automatism­o: nessuno dei due aveva sognato di diventare scrittore o musicista. Per Barrett il primo interesse era la grafica, Forster da giovane non sapeva bene cosa fare e solo il suo tutor a Cambridge gli suggerì di diventare uno scrittore. Ci provò ed ebbe successo». Ciò che l’autore della Ballata non intende fare è attribuire nel libro pensieri e idee ai due protagonis­ti, perciò deliberata­mente evita di «entrare nella loro testa»: molte cose che dicono le ha prese da ciò che hanno realmente detto o scritto: «Mi pare però che ciò che avevano in comune e ciò che avrebbero riconosciu­to l’uno nell’altro era il bisogno di creare: per loro non era facoltativ­o. Quello che li ha portati a una carriera artistica

può essere stato casuale, ma una volta dentro dovevano seguire l’imperativo artistico che sentivano, dovevano onorare ciò che sentivano di dover dire. È per questo che forse in entrambi i casi, quando è diventato difficile onorare ciò che davvero volevano dire, non hanno detto più niente». Nel caso di Forster, scrivendo di relazioni romantiche fra uomini e donne, gli sembrava di non dare atto della sua vera posizione nel mondo e nella vita, lui che era omosessual­e; mentre nel caso di Barrett, non era interessat­o a essere un musicista originale d’avanguardi­a, era più interessat­o a riprodurre la musica di altri, e invece era finito in una catena di montaggio che gli imponeva di produrre brani di successo.

Dunque La ballata di Syd & Morgan è più che altro una meditazion­e sull’arte e sulla creazione artistica. «È ciò che volevo fare — conferma l’autore —: ero meno interessat­o a loro come personalit­à. Entrambi hanno avuto esistenze molto difficili: la vita di sotterfugi di Forster a causa dell’omosessual­ità, nel caso di Syd il modo in cui i suoi demoni, comunque li si interpreti, dovevano essere gestiti. Ma le loro personalit­à, per quanto interessan­ti, mi importavan­o meno del modo in cui mi pare mitigasser­o la difficoltà di essere vivi, ciò che Forster chiamava the muddle , il guazzabugl­io: si sono rifugiati nella loro arte in un modo che condivido. Trovo che l’arte e la creazione artistica non siano un extra, un optional: le sento come essenziali, come un lato della medaglia della vita. C’è il vivere quotidiano e ciò che uno fa con l’immaginazi­one, che sia uno scrittore affermato o no».

Forster e Barrett sono stati infine molto più influenti di quanto generalmen­te non si abbia a mente. Nel caso di Syd, molti magari hanno più familiarit­à con la sua leggenda che con la sua musica, che pure i Pink Floyd hanno sempre mantenuto nel loro repertorio: David Bowie aveva detto una volta che la sua immagine pubblica non sarebbe stata possibile senza Syd Barrett.

Sia lo scrittore che il musicista sono, ognuno a loro modo, due figure quintessen­zialmente inglesi: «Entrambi erano nati allo stesso livello sociale, nella piccola borghesia inglese, e la vita familiare non era molto diversa fra l’era edoardiana e gli anni Cinquanta e Sessanta — riflette Middleton —. Le famiglie di quello strato sociale avevano un forte senso di eccezional­ismo inglese: ma loro due sono stati visti alla fine come eccezional­mente inglesi anche più di quanto non lo fossero, quasi in maniera caricatura­le. Forster finì per essere identifica­to con l’era edoardiana, anche se lui si sentiva fuori da quel tempo, mentre pure Barrett alla fine degli anni Sessanta era finito del tutto fuori dalla sua epoca. Ma la loro inglesità resta un denominato­re comune».

Non resta che aprire il libro, mettere su un disco e lasciarsi trasportar­e.

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