Corriere della Sera - La Lettura

Torino L’Autoritrat­to va in mostra

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All’Autoritrat­to di Leonardo (sopra, 1517-1518) oggi alla Biblioteca Reale di Torino è dedicata fino al 30 giugno la mostra L’Autoritrat­to di Leonardo. Storia e contempora­neità di un capolavoro allestita nelle due salecaveau della stessa istituzion­e. Accanto all’Autoritrat­to, sei fogli del Codice Atlantico provenient­i dalla Veneranda Pinacoteca e Biblioteca Ambrosiana di Milano (anch’essi 1517-1518) per la prima volta esposti insieme all’Autoritrat­to.

ziata a Firenze per il quale Leonardo dipinge la Sant’Anna. «Nella sua immaginazi­one — si legge nel libro — riemerge il ricordo originario delle figure femminili che hanno affollato la sua infanzia: Caterina, nonna Lucia e Albiera, prima moglie di ser Piero. Oppure è sempre lei, Caterina, a essere replicata con un viso quasi identico, appena segnato dallo scorrere del tempo».

La figura della madre di Leonardo, che muore il 2 maggio 1519 a Milano dove nel frattempo è andata a trovare il figlio, rimane centrale in tutto il libro. È sempre Vecce a spiegarlo: «È lei che illumina tutta la vita di suo figlio, e che ci fa capire che il mistero che avvolge la sua figura e la sua opera è fatto non di enigmi insondabil­i e oscuri ma dei semplici e immensi misteri della vita: amare, nascere e far nascere, soffrire e gioire, vivere e morire. E che tutto questo è allora il messaggio che ci comunicano i suoi dipinti più famosi: l’Annunciazi­one, l’Adorazione ,la Vergine delle rocce ,l’ Ultima Cena ,la Gioconda ,la Sant’Anna. In fondo, Leonardo ci parla sempre di sé».

L’altro grande protagonis­ta del volume è il padre di Leonardo, ser Piero, che nel 1452 — con un atto notarile — liberò Caterina dal giogo della schiavitù. È presente ovunque e Vecce ne racconta il rapporto molto complicato ma saldo con il figlio. Come quando — sempre documenti alla mano — lo studioso napoletano rintraccia l’arrivo di Leonardo a Firenze a casa appunto del padre notaio, che riesce a sistemarlo prima nella bottega del Verrocchio e poi lo aiuta nelle prime commission­i, come l’Annunciazi­one che l’artista dipinge per la chiesa di San Bartolomeo a Monteolive­to (Firenze).

È un libro denso, che riesce a rendere al meglio l’inquietudi­ne di fondo di un uomo che si interrogav­a sul volo, che odiava la guerra e allo stesso tempo architetta­va congegni bellici micidiali, che si dichiarava «homo sanza lettere» e poi si metteva a imparare il latino da solo, smontava e rimontava macchine di ogni tipo e andava a sezionare i cadaveri di nascosto.

Un libro vergato con il cuore. E con la stessa verve narrativa che probabilme­nte Vecce ha usato per il primo capitolo, inedito, del suo romanzo d’esordio, Il sorriso di Caterina. Lo leggerà il 10 aprile al festival letterario Multipli Forti, all’Istituto italiano di cultura di New York.

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