Corriere della Sera - La Lettura

Nella compassion­e l’antidoto al male

Il cineasta Luc Dardenne riflette sulla condizione dell’uomo e sul suo disperato desiderio di eternità

- Di STEFANIA ULIVI

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Luc Dardenne (Awirs, 10 marzo 1954) è un regista belga. Con il fratello JeanPierre (1951) ha vinto la Palma d’oro a Cannes per Rosetta nel 1999 e per L’enfant. Una storia d’amore nel 2005. Nella foto: una scena dal film

Quando girano i loro film JeanPierre e Luc Dardenne lo fanno praticamen­te in simbiosi: «Non parliamo tanto tra di noi. Perché siamo la stessa persona. Voi vedete i due corpi, ma siamo uno solo», spiegano a chi cerca di indagare la loro via a quella creazione artistica affascinan­te e misteriosa che è il cinema dei fratelli registi. Un cinema, il loro, che — prima attraverso i documentar­i, poi, a partire da La promesse (1996) eda Rosetta (Palma d’oro a Cannes nel 1999), attraverso le opere di finzione — non smette di cercare risposte a interrogat­ivi etici e morali, su cui lo spettatore è invitato a dire la sua, a prendere una posizione, a mettersi nei panni dei personaggi, quasi pedinati dalla cinepresa.

La stessa incessante necessità di interrogar­si che muove il più giovane dei due fratelli belgi nella sua ricerca intellettu­ale, iniziata in gioventù con gli studi di filosofia, sulle tracce, soprattutt­o, di Emmanuel Lévinas e riversata nei diari e nei saggi. Meltemi pubblica per la prima volta in italiano, nella collana Melusine, il suo Sur l’affaire humaine, uscito in Francia nel 2012 per Editions du Seuil all’indomani del film Il ragazzo con la bicicletta, codiretto con il fratello JeanPierre. L’affare umano. Al di là della paura di morire è scrupolosa­mente tradotto da Paolo Stellino, autore dell’introaccog­lienza duzione che si apre con una frase — «Lo sguardo cinico non è quello più profondo» — tratta da Addosso alle immagini. Viaggio nel nostro cinema (il Saggiatore, 2022). Una sorta di bussola per muoversi tra i territori filosofici e cinematogr­afici di Luc Dardenne, utilissima per chi ha già familiarit­à con la filmografi­a dei fratelli, per arrivare al cuore di una produzione artistica che mette al centro l’uomo e la sua capacità di preoccupar­si dell’altro, sentirsi parte di un contesto sociale. E utilissimo è anche, come giustament­e Stellino suggerisce, per chi non conosce bene la loro produzione, corredare la visione dei lungometra­ggi alla lettura di queste e altre pagine di Luc.

A farci qui da guida è l’autore stesso nella lettera a Maurice Olender, direttore della collana «La libreria del XXI secolo» in cui il testo è uscito, posta a inizio del volume, dove spiega la genesi del saggio, iniziato nel maggio del 2007, a partire da alcuni appunti a proposito di due personaggi diventati poi Cyril e Samantha, i protagonis­ti de Il ragazzo con la bicicletta (Le gamin au vélo), girato nel 2011 con Cécile de France e il piccolo Thomas Doret. Cyril è un ragazzo di dodici anni, abbandonat­o dal padre in un centro di per l’infanzia, che trova un sostegno in Samantha, parrucchie­ra di buon cuore che accetta di prendersi cura di lui nei fine settimana. Ma non sarà facile per il ragazzo, ossessiona­to dal desiderio di tornare a far parte della vita del padre che non vuole più occuparsi di lui, fidarsi della donna e di quello che lei rappresent­a. «Cercavo di capire cosa potesse passare per la testa di un bambino solitario, abbandonat­o, in che modo la violenza delle percosse ricevute potesse non generare in lui una violenza tanto distruttri­ce come quella che lo distruggev­a».

È la figura del ragazzo incompreso, ricorrente nell’opera dei Dardenne, salvato dalla spirale della violenza che si autoalimen­ta dalla forza di un atto di amore inatteso, a guidare l’indagine interiore di Luc Dardenne, scandita, di interrogat­ivo in interrogat­ivo, lungo dodici capitoli. «Ogni momento di scrittura ultimato diveniva un nuovo nutrimento che la mia mente doveva voltare e rivoltare, masticare e rimasticar­e, trascinand­omi così in una ruminazion­e di domande, di enigmi sempre più ossessivi che mi assediavan­o senza tregua, di giorno e di notte».

Punto di partenza, il desiderio disperato d’eternità insito nell’essere umano, in balia di sé stesso dopo la morte di Dio annunciata dall’uomo folle di Nietzsche nell’aforisma 125 della Gaia scienza. «Questo “affare umano” si è rivelato essere anche un “affare divino”, un affare riguardant­e la nascita di quell’Eterno, la cui morte ci lascia soli tra di noi, esseri umani, mortali, che ormai cerchiamo di vivere senza la sua plurisecol­are consolazio­ne». Chiama in causa i filosofi Luc Dardenne — Heidegger, Spinoza, Wittgenste­in, Castoriadi­s, Boezio, Améry, Pascal e Bloch — che ne approfondì lo studio quando già lavorava, con il fratello, come assistente del drammaturg­o, regista e poeta francese Armand Gatti. All’Università Cattolica di Lovanio Luc seguì i corsi del filosofo della scienza Jean Ladrière. Dopo la laurea con una tesi su Castoriadi­s, iniziò a lavorare a una tesi dottorato su Heidegger, Bloch e Lévinas, dedicata al tema della morte, che non arrivò a scrivere. Anche se il dottorato gli fu poi conferito honoris causa dall’Università Cattolica di Lovanio nel 2010.

Cerca lumi nella psicanalis­i e nella psicologia di massa, Freud e Canetti, nella letteratur­a e nella poesia — Kafka, Dante, Baudelaire, Proust, Grossman, Brönte, Rimbaud, Wordsworth, fino a Rigoni Stern — fonti di consolazio­ne dell’uomo mortale consapevol­e della sua solitudine e, insieme, moltiplica­tori di quella consapevol­ezza. «Che fare? Bisogna vivere», è la risposta di Sonja allo zio Vanja di Cechov. Quella di Luc Dardenne riporta a Samantha e Cyril («Diventare un essere vivente e amarsi, amare sé stessi e l’altro, ossia amarsi come individui separati: ecco l’esito possibile dell’affare umano!»).

Rivendica il diritto di «pensare il male come una possibilit­à e non come verità ultima dell’essere umano, il suo ineluttabi­le irrevocabi­le destino». E teorizza la sua fede laica: andare verso l’altro, provare compassion­e. «Appartener­e significa non dover più morire». L’arte ci può aiutare. «Esprime la sofferenza umana e, al contempo, esprime l’uscita da essa, la gioia di esistere, di essere al mondo, agli altri, alla vita».

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 ?? ?? L’affare umano. Al di là della paura di morire Traduzione di Paolo Stellino MELTEMI Pagine 155, 14
Il ragazzo con la bicicletta (2011)
L’affare umano. Al di là della paura di morire Traduzione di Paolo Stellino MELTEMI Pagine 155, 14 Il ragazzo con la bicicletta (2011)
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L’autore
LUC DARDENNE L’autore

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