Corriere della Sera - La Lettura
Nella compassione l’antidoto al male
Il cineasta Luc Dardenne riflette sulla condizione dell’uomo e sul suo disperato desiderio di eternità
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Luc Dardenne (Awirs, 10 marzo 1954) è un regista belga. Con il fratello JeanPierre (1951) ha vinto la Palma d’oro a Cannes per Rosetta nel 1999 e per L’enfant. Una storia d’amore nel 2005. Nella foto: una scena dal film
Quando girano i loro film JeanPierre e Luc Dardenne lo fanno praticamente in simbiosi: «Non parliamo tanto tra di noi. Perché siamo la stessa persona. Voi vedete i due corpi, ma siamo uno solo», spiegano a chi cerca di indagare la loro via a quella creazione artistica affascinante e misteriosa che è il cinema dei fratelli registi. Un cinema, il loro, che — prima attraverso i documentari, poi, a partire da La promesse (1996) eda Rosetta (Palma d’oro a Cannes nel 1999), attraverso le opere di finzione — non smette di cercare risposte a interrogativi etici e morali, su cui lo spettatore è invitato a dire la sua, a prendere una posizione, a mettersi nei panni dei personaggi, quasi pedinati dalla cinepresa.
La stessa incessante necessità di interrogarsi che muove il più giovane dei due fratelli belgi nella sua ricerca intellettuale, iniziata in gioventù con gli studi di filosofia, sulle tracce, soprattutto, di Emmanuel Lévinas e riversata nei diari e nei saggi. Meltemi pubblica per la prima volta in italiano, nella collana Melusine, il suo Sur l’affaire humaine, uscito in Francia nel 2012 per Editions du Seuil all’indomani del film Il ragazzo con la bicicletta, codiretto con il fratello JeanPierre. L’affare umano. Al di là della paura di morire è scrupolosamente tradotto da Paolo Stellino, autore dell’introaccoglienza duzione che si apre con una frase — «Lo sguardo cinico non è quello più profondo» — tratta da Addosso alle immagini. Viaggio nel nostro cinema (il Saggiatore, 2022). Una sorta di bussola per muoversi tra i territori filosofici e cinematografici di Luc Dardenne, utilissima per chi ha già familiarità con la filmografia dei fratelli, per arrivare al cuore di una produzione artistica che mette al centro l’uomo e la sua capacità di preoccuparsi dell’altro, sentirsi parte di un contesto sociale. E utilissimo è anche, come giustamente Stellino suggerisce, per chi non conosce bene la loro produzione, corredare la visione dei lungometraggi alla lettura di queste e altre pagine di Luc.
A farci qui da guida è l’autore stesso nella lettera a Maurice Olender, direttore della collana «La libreria del XXI secolo» in cui il testo è uscito, posta a inizio del volume, dove spiega la genesi del saggio, iniziato nel maggio del 2007, a partire da alcuni appunti a proposito di due personaggi diventati poi Cyril e Samantha, i protagonisti de Il ragazzo con la bicicletta (Le gamin au vélo), girato nel 2011 con Cécile de France e il piccolo Thomas Doret. Cyril è un ragazzo di dodici anni, abbandonato dal padre in un centro di per l’infanzia, che trova un sostegno in Samantha, parrucchiera di buon cuore che accetta di prendersi cura di lui nei fine settimana. Ma non sarà facile per il ragazzo, ossessionato dal desiderio di tornare a far parte della vita del padre che non vuole più occuparsi di lui, fidarsi della donna e di quello che lei rappresenta. «Cercavo di capire cosa potesse passare per la testa di un bambino solitario, abbandonato, in che modo la violenza delle percosse ricevute potesse non generare in lui una violenza tanto distruttrice come quella che lo distruggeva».
È la figura del ragazzo incompreso, ricorrente nell’opera dei Dardenne, salvato dalla spirale della violenza che si autoalimenta dalla forza di un atto di amore inatteso, a guidare l’indagine interiore di Luc Dardenne, scandita, di interrogativo in interrogativo, lungo dodici capitoli. «Ogni momento di scrittura ultimato diveniva un nuovo nutrimento che la mia mente doveva voltare e rivoltare, masticare e rimasticare, trascinandomi così in una ruminazione di domande, di enigmi sempre più ossessivi che mi assediavano senza tregua, di giorno e di notte».
Punto di partenza, il desiderio disperato d’eternità insito nell’essere umano, in balia di sé stesso dopo la morte di Dio annunciata dall’uomo folle di Nietzsche nell’aforisma 125 della Gaia scienza. «Questo “affare umano” si è rivelato essere anche un “affare divino”, un affare riguardante la nascita di quell’Eterno, la cui morte ci lascia soli tra di noi, esseri umani, mortali, che ormai cerchiamo di vivere senza la sua plurisecolare consolazione». Chiama in causa i filosofi Luc Dardenne — Heidegger, Spinoza, Wittgenstein, Castoriadis, Boezio, Améry, Pascal e Bloch — che ne approfondì lo studio quando già lavorava, con il fratello, come assistente del drammaturgo, regista e poeta francese Armand Gatti. All’Università Cattolica di Lovanio Luc seguì i corsi del filosofo della scienza Jean Ladrière. Dopo la laurea con una tesi su Castoriadis, iniziò a lavorare a una tesi dottorato su Heidegger, Bloch e Lévinas, dedicata al tema della morte, che non arrivò a scrivere. Anche se il dottorato gli fu poi conferito honoris causa dall’Università Cattolica di Lovanio nel 2010.
Cerca lumi nella psicanalisi e nella psicologia di massa, Freud e Canetti, nella letteratura e nella poesia — Kafka, Dante, Baudelaire, Proust, Grossman, Brönte, Rimbaud, Wordsworth, fino a Rigoni Stern — fonti di consolazione dell’uomo mortale consapevole della sua solitudine e, insieme, moltiplicatori di quella consapevolezza. «Che fare? Bisogna vivere», è la risposta di Sonja allo zio Vanja di Cechov. Quella di Luc Dardenne riporta a Samantha e Cyril («Diventare un essere vivente e amarsi, amare sé stessi e l’altro, ossia amarsi come individui separati: ecco l’esito possibile dell’affare umano!»).
Rivendica il diritto di «pensare il male come una possibilità e non come verità ultima dell’essere umano, il suo ineluttabile irrevocabile destino». E teorizza la sua fede laica: andare verso l’altro, provare compassione. «Appartenere significa non dover più morire». L’arte ci può aiutare. «Esprime la sofferenza umana e, al contempo, esprime l’uscita da essa, la gioia di esistere, di essere al mondo, agli altri, alla vita».