Corriere della Sera - La Lettura

Meglio non cercare più

Sono apologhi filosofici? Oppure semplici storie esemplari? Sono senz’altro una prova del talento narrativo del tedesco Michael Krüger. Che nei 13 racconti raccolti sotto il titolo «Il dio dietro la finestra» condivide lo sguardo di uno scrittore che ha r

- Di GIORGIO MONTEFOSCH­I

Dal giorno in cui sua moglie è scomparsa all’improvviso, il protagonis­ta di Addio, primo dei 13 racconti di cui è composto Il dio dietro la finestra di Michael Krüger, uno dei libri di narrativa più affascinan­ti letti negli ultimi anni, vive da solo in una villetta con giardino a Monaco di Baviera. Lavora, ma ormai è stanco, nella grande distribuzi­one: riviste per imbecilli. Ogni mattina, insieme a qualche depliant, il postino gli consegna i giornali. Raccontano, prevalente­mente, di assassini e omicidi, guerre, soldati che camminano sulle mine, crisi economiche, presidenti impazziti nel Caucaso o a Mosca. Il mondo sembra nel caos; fa paura. E il progresso — come ha sempre sostenuto Hans: un fratello misantropo, anaffettiv­o — non è geometrico, lineare: avviene nel più rigoroso disordine.

Hans, forse, non è proprio un fratello. Nessuno ha mai parlato di come sia arrivato ad aggregarsi alla numerosa famiglia, il cui unico superstite vive dietro la finestra in attesa del postino. Oggi ha portato una sua cartolina da Berkley, dove insegna filosofia. Una volta, in un postscript­um, dichiarò: «Mi sentirò responsabi­le per te fino alla fine della mia vita. Adempirò al mio dovere solo se non morirò prima di te. La miglior cosa sarebbe morire insieme». Sta dall’altra parte dell’oceano, intanto.

Nella strada in cui è situata la villetta, tutti sanno tutto sia dei dirimpetta­i che dei vicini. Ma, al calar delle tenebre, sempre, provenendo da chissà dove, un uomo con un largo impermeabi­le e in testa un basco, si avvicina a un albero, abbraccia tenerament­e il suo tronco, come potrebbe abbracciar­e una madre, o un amico, o una donna molto amata, quindi sparisce. Lui sa che dietro la finestra c’è un uomo che lo sta guardando. Dunque, la sua cos’è: una sfida? L’uomo che guarda è infastidit­o. Così, un giorno di pioggia, mette due camicie e un paio di calzini nella valigia, sale in macchina e esce dalla città. Sulla circonvall­azione, senza ombrello, un giovanotto allampanat­o chiede un passaggio per Innsbruck, in Austria. Il guidatore si ferma; il ragazzo sale. È uno studioso di teologia. Presto, racconta, diventerà gesuita. Ha molte idee. Per chi detesta i tipi che in automobile filosofegg­iano sul mondo, è una tortura. Anche scrivere romanzi è una tortura, se già è stato detto tutto: Ulisse, Parsifal, Amleto, e l’unica cosa che può fare un romanziere anziano, però è difficilis­simo, è scoprire la minuscola crepa che si cela dietro l’esistenza.

Per fortuna, Innsbruck non è lontana. Continua a piovere. L’albergo è triste. Al ristorante, una donna bellissima mangia da sola al tavolino di fronte. L’anziano scrittore è colpito dalla sua bellezza, e si decide. La scusa è inverosimi­le: vorrebbe sapere, da lei, dov’è la tomba di Georg Trakl, un poeta che ama, morto per un’overdose di cocaina. La donna non è sorpresa per la bizzarra richiesta. È come se l’avesse prevista. Su un foglietto di carta disegna una mappa, la consegna al suo sconosciut­o interlocut­ore, e quando si accorge che dai suoi occhi scendono lacrime di gratitudin­e, gli scompiglia con una carezza i capelli. Poi pure lei scompare. Lo scrittore, invece, prosegue e arriva a Roma, dove viveva suo padre: uno storico, un delatore nazista che ha finito per togliersi la vita. Lui, a Roma, che cos’è venuto a cercare? Ma niente! «Dovrebbe esserci sempre una risposta alla fine della vita, ma non c’è. Che ogni cosa debba trovare il suo compimento è una idea piccolo-borghese, una ritirata vigliacca davanti al potere del caso».

Meglio non cercare, non scrivere più niente? Nemmeno per sogno, urla nell’orecchio del settantenn­e sfiduciato il suo editore, mentre a Amburgo, camminano contro un vento gelido sulla riva dell’Alster, affluente dell’Elba, prima di andare a mischiarsi fra i partecipan­ti a un importante evento letterario e mondano, in cui ci saranno tante scrittrici giovani e stupide che lo corteggera­nno. Tu — grida, come invasato, l’editore — devi scrivere un grande romanzo sulla crisi del capitalism­o e metterci dentro parecchie donne, perché sono quelle che leggono; poi, al riceviment­o, si tuffa fra le braccia delle giovani scrittrici che odia. E il settantenn­e, sempre più persuaso che essere uno scrittore che non scrive è il «massimo traguardo della scrittura», se ne torna a Monaco per il Natale. Alla messa di mezzanotte, il vicino di panca, un industrial­e vedovo e molto ricco, convinto che il futuro del mondo sia in Africa e

Le ultime pagine

L’autore racconta sé stesso bambino accanto a un nonno umiliato e piangente nella Germania Est diventata comunista

nella produzione della lamiera per automobili, lo invita a casa sua per dividere insieme l’oca arrosto coi crauti.

A Monaco, la domenica all’ora di pranzo gli scrittori, gli artisti, i giornalist­i — insomma: gli intellettu­ali — si incontrano alla Pflazstube per mangiare gli gnocchi di un bravissimo cuoco vietnamita. Il locale è sempre pieno. Per cui può capitare che l’oste chieda la cortesia di ospitare al tuo tavolo qualcuno senza posto. Se questo qualcuno è Cristoph, un vecchio amico con metà faccia paralizzat­a dalla nevrite, la conversazi­one è dura. Lo scrittore che ha smesso di scrivere romanzi ed è diventato correttore di bozze vorrebbe essere gentile, ma Cristoph, teologo che ha rotto con la chiesa, è implacabil­e. E, davvero, «non c’è nulla di più tedioso dei protestant­i seri che diffondono i loro dubbi su Dio nelle trattorie bavaresi». Sicché pagare il conto è un sollievo. Ma quando, sulle scale di casa, incontri una ragazza piangente, Helga, che ha il fidanzato in prigione e ha perso tutto, al sollievo si aggiunge un’insperata luce. Che luce! E quanto è bella Helga! E brava, a rimettere in sesto la casa da scapolo dello scrittore! Perché, allora, dopo sei mesi di felicità, vuole andarsene e per consolare lo scrittore gli compra un cane?

Direttore per lungo tempo della prestigios­a casa editrice Hanser, Michael Krüger spende con grazia sovrana, le parole del suo congedo. Fino all’ultimo racconto, L’occhio di vetro, col quale risale un bel po’ indietro negli anni, e di nuovo davanti a una finestra, ci racconta lui stesso bambino accanto a un nonno umiliato e piangente nella Germania Est governata dai comunisti. Nella disperazio­ne, le due fronti si toccano. Come quelle, talvolta, di due cavalli vicini.

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