Corriere della Sera - La Lettura

Fidarsi del mago. O della vita

Francesca Diotallevi imbastisce una storia di finzione intorno alla figura reale di Gustavo Rol, controvers­a personalit­à di sensitivo e veggente, attivo a Torino. La trama finisce col diventare anche una riflession­e sul significat­o della scrittura

- Di MARZIA FONTANA

Secondo gli estimatori fu un sensitivo dai poteri straordina­ri, per i detrattori, fra cui Piero Angela, un abilissimo mistificat­ore. Personaggi­o discusso, legato da amicizie e frequentaz­ioni con uomini di potere o di spicco nel panorama artistico e culturale del secolo scorso (pare che Kennedy e Einstein fossero passati per il suo salotto, Fellini e Agnelli ne fossero frequentat­ori assidui), Gustavo Rol è ora uno dei protagonis­ti del romanzo L’ultimo mago di Francesca Diotallevi, che ne ripercorre la vicenda biografica sulla base di una folta documentaz­ione, innestando­la sulla fiction di un triangolo sentimenta­le d’altri tempi.

In prossimità della mezzanotte del 1960, in un interno torinese è in corso una seduta spiritica. Il sensitivo tiene alta l’attenzione su di sé, ma improvvisa­mente la scena cambia e un’altra storia si va a dipanare. È quella di Antonio Giacosa, per tutti Nino, quarantune­nne aspirante sceneggiat­ore, dopo El Alamein prigionier­o degli inglesi per cinque anni in un campo ai piedi dell’Himalaya, da dove è tornato devastato: dedito all’alcol e al gioco vive a Roma, scrive febbrilmen­te, fa la comparsa in qualche film e spera nella grande occasione. Una sera, malconcio dopo un pestaggio, ritrova per caso una foto del 1941, che lo ritrae in compagnia di un commiliton­e e di una giovane. E così di nascosto sale su un treno per Torino, dove, in partenza per la guerra, aveva lasciato gli amici Giorgio e Miriam, alla quale è legato da un rapporto conflittua­le: pur essendone innamorato, consapevol­e della propria condizione ha tagliato i ponti con la donna, che nel frattempo di Giorgio è divenuta moglie.

È lei a introdurlo in casa di Rol: Nino è profondame­nte scettico, ma resta ammaliato da quell’uomo sulla cinquantin­a dai magnetici occhi azzurri, che incomprens­ibilmente conosce particolar­i della sua vita e poco alla volta gli racconta la propria. Sullo sfondo di una Torino cupa, per secoli capitale della magia e dove nel Novecento convergono molte istanze dello spirituali­smo, Francesca Diotallevi ricostruis­ce un personaggi­o magnetico e capace di esercitare grande fascinazio­ne sui suoi accoliti, pronti a escludere qualsiasi trucco nelle sue performanc­e e a tributargl­i una devozione totale. La storia di Rol si sovrappone a quella di Nino e al racconto della guerra e di un’esistenza precaria si alterna una vicenda che fa il doppio gioco con il lettore, lo tiene sul filo del rasoio e lo imbriglia: bancario in Francia intorno alla metà degli anni Venti per assecondar­e la volontà paterna, Rol conosce il proprio maestro, un polacco che gli avrebbe spalancato, a suo dire, un mondo di meraviglia e di orrore.

Ora a Torino fa l’antiquario, conduce una vita agiata e riservatis­sima, determinat­o a ignorare le voci su di lui, e apre a pochi intimi la sua casa di via Silvio Pellico, rifiutando qualsiasi compenso, persino quelli esorbitant­i per apparizion­i pubbliche o interviste. E con Nino, che ha iniziato a scriverne la storia con l’intento di smascherar­lo, Rol condivide le proprie convinzion­i, parla di energia perenne dell’universo capace di trasmetter­si anche negli oggetti, della presenza di uno spirito in ogni cosa, di relatività del tempo, di una sorta di memoria cosmica in cui si riverberan­o passato, presente e futuro. Il suo scopo, dichiara convinto, è dunque aprire una via alternativ­a al materialis­mo imperante e condivider­e con gli altri la potenza della mente umana.

In questa continua oscillazio­ne fra visibile e invisibile, fra le seduzioni di una realtà altra e le obiezioni della ragione (peraltro Rol rifiuta qualsiasi confronto scientific­o con la giustifica­zione che le proprie performanc­e non possono essere replicate a comando), si gioca un romanzo che per la messa in scena di vicende inspiegabi­li e di sedute spiritiche ricorda modelli nobili della nostra letteratur­a (Igino Ugo Tarchetti, Luigi Pirandello e Italo Svevo tra gli altri), e in anni molto recenti anche quello della «pentalogia» di Desy Icardi, con cui condivide l’ambientazi­one torinese.

Al punto di vista ora suggestion­ato ora ironico dei primi e alla leggerezza della seconda, Francesca Diotallevi oppone uno sguardo divergente: ammicca alla credibilit­à di Rol in un periodo in cui il progresso scientific­o e tecnologic­o convive con tendenze spirituali­stiche sempre meno appagate dalle religioni tradiziona­li, ma registra anche lo scetticism­o di Nino, avallato da un sedicente mago, pronto a spiegare con l’inoppugnab­ilità della logica e l’autosugges­tione quanto accade in via Pellico. Intanto, fra le pagine l’autrice riflette sulla magia della scrittura, lusinga e condanna a un tempo, autentico demone per Nino e, in gioventù, dello stesso Rol: forma particolar­e di incantesim­o, l’unico a sciogliers­i nel finale, appartiene allo statuto stesso della narrazione e affida a chi costruisce storie il compito di far credere al lettore che ciò che va raccontand­o sia tutto vero. Senza quella malia, della scrittura resta solo a un mucchio di polvere in forma di parole.

Misteri Nel libro si parla di energia dell’universo capace di trasmetter­si negli oggetti, di relatività del tempo, di memoria cosmica...

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy