Corriere della Sera - La Lettura
La ragazza nata ragazzo va alla guerra
Una protagonista che da Firenze si sposta nella Sarajevo anni Novanta
«Una donna nata bambino» è la protagonista de Il ritorno, nuovo romanzo di Marco Vichi. È Maria, che l’anagrafe ha battezzato Mario: vive in un palazzo anonimo a Firenze assieme a un padre meccanico e a una mamma che non c’è più, tutti se ne innamorano per la sua bellezza ma lo fanno di nascosto, vergognandosi di quel sentimento considerato anormale. I primi soprusi a scuola, le infinite sfuriate di un babbo ubriaco che soffre per questo figlio che ama ma che non sa amare perché così diverso. Mario-Maria inizia a «battere», fa i primi soldi: in Turchia, in una clinica privata di Balikesir, «Maria diventa Maria».
La storia si dipana veloce in quadri di poche pagine e tiene assieme il passato e il presente: il lettore segue questa vicenda tra l’Italia degli anni Novanta, quella che scopre la droga e l’Aids, e una Sarajevo al centro dell’assedio per la guerra dell’ex Jugoslavia nei primi anni Novanta. Ci sono la fame, la ferocia di un conflitto, il rancore e la bassezza, lo stupore e l’umanità, la cattiveria dei clienti e degli esseri umani, la bontà di Zubick — un uomo che assieme a sua moglie accoglie Maria nella sua casa risparmiata dalla guerra — e un principe azzurro di nome
Goran. È una narrazione feroce e delicata al tempo stesso quella inventata da Marco Vichi, il creatore del commissario Bordelli. Una storia che pone domande universali e porta il lettore in un mondo vivido e poco gentile: una realtà che lo incolla alle pagine.
«Il tuo corpo è colpevole o innocente?», si chiede Maria. Anche quando la vicenda sembra sovrabbondare di particolari, è la scrittura che Vichi squaderna a coagulare le linee temporali di un’esperienza umana, quella di Maria, con gli accadimenti storici che l’autore dettaglia. È una scrittura efficace, a tratti cruda, capace di creare un mondo. Una cifra stilistica, questa, talmente forte da diventare — neppure tanto per paradosso — uno dei protagonisti di questo romanzo: è la voce di Maria e — al tempo stesso — di Mario che lo scrittore riesce a restituire. Un personaggio completo, perfettamente riuscito, sempre in bilico tra fragilità e forza, tra candore e arguzia.
Vichi ha ideato una storia coraggiosa che esula dalla maggioranza della produzione narrativa contemporanea. Se qualche riferimento va cercato, bisognerà allora trovarlo — ad esempio — in Jean Genet o in André Gide: autori scomodi, sempre pronti a rischiare per