Corriere della Sera - La Lettura

Il pesce liberato torna a nuotare

Nel nuovo romanzo autobiogra­fico Caterina Bonvicini parla ancora di missioni di salvataggi­o dei migranti. Il suo incontro con una giovane donna ivoriana e i suoi gemelli ripercorre la parabola di una salvezza non del tutto accettata

- Di ALESSANDRA SARCHI

Dopo aver scritto il reportage narrativo Mediterran­eo. A bordo delle navi umanitarie (Einaudi, 2022), Caterina Bonvicini attinge ancora alla propria esperienza di plurime missioni di salvataggi­o dei migranti per raccontare la storia dell’incontro con una bambina e una madre, cui poi si aggiungerà il fratello gemello della bambina e un’amica della madre nel romanzo autobiogra­fico Molto molto tanto bene.

Il titolo sgrammatic­ato ci introduce fin da subito alla dimensione affettiva straripant­e e a sua volta fuori da ogni possibile grammatica, da ogni possibile addomestic­amento, che l’autrice instaura con questo piccolo nucleo di ivoriani, fuggiti dal proprio Paese, passati attraverso Mali, Algeria, Libia e infine il mare.

Quello che scocca nella concitazio­ne di un salvataggi­o difficile e pericoloso, come Caterina Bonvicini ci ha insegnato essere tutti i salvataggi, è un amore a prima vista per la bambina che indossa un’elegantiss­ima cuffia di lana e strass e che, meglio di tanti più grandi di lei, riesce a dominare la paura e a prendersi cura perfino della madre, una ventiduenn­e che sembra avere fatto la traversata in stato di semincosci­enza.

Un amore ricambiato perché una volta al sicuro sulla nave umanitaria, Amy — questo è il nome di fantasia della bambina — cerca lo sguardo di chi l’ha salvata: vuole parlare, giocare, disegnare con lei. E questo segna per l’autrice, che è voce narrante, una svolta di senso; se è vero che ogni vita salvata potrebbe rivelare la sua unicità e peculiarit­à, e al tempo stesso essere paradigmat­ica di una vicenda — quella migratoria — accompagna­ta da costanti come il dissesto geopolitic­o, la violazione dei diritti umani, la violenza e le torture; è altrettant­o vero che non è possibile amare tutte le persone ripescate da una sicura morte in mare, anzi che è meglio mantenere un distacco profession­ale, non uscire dal proprio ruolo perché i bisogni esistenzia­li ed emotivi di queste persone, il loro passato traumatico, le loro aspettativ­e eccedono di sicuro la capacità di chiunque di farsene carico.

Questo è quello che Caterina Bonvicini ha imparato dalle proprie colleghe che hanno una maggior esperienza, questo è quello che si ripete, sforzandos­i nei momenti di pausa sulla nave, fra una sigaretta e un caffè condivisi tra i turni di sorveglian­za, di portare l’attenzione altrove, di concentrar­si sulle manovre del rescue che richiedono forza, velocità, precisione, coordiname­nto di squadra e nervi tanto saldi.

Ma Amy e la madre Chantal, una ragazza bellissima quanto sfuggente, rompono il rigore di questo schema fin da

Molto molto tanto bene EINAUDI Pagine 208, 18,50

Penelope per gioco

L’equilibrio degli squali sorriso lento subito e così l’autrice si trova coinvolta in una relazione in cui prima è chiamata tatà poi mamam chèrie, senza che sia chiaro di chi, se della bambina o di entrambe, e presto anche del fratellino rimasto in Libia con Odette, un’amica della madre. Mentre Amy e Chantal sono, in pieno Covid, dentro un Cara (centro di accoglienz­a per richiedent­i asilo) in Calabria, l’autrice cerca di aprire un corridoio umanitario per far arrivare il fratellino

Bubà dalla Libia, si rivolge al consolato italiano, alla Caritas, all’Unhcr, smuove mari e monti ma Odette la precede: s’imbarca col bambino e compiono a loro volta, con la solita barca in mano a trafficant­i, la traversata del Mediterran­eo.

Ricongiunt­i e salvi in Italia, Chantal, Amy e Bubà potrebbero iniziare una nuova vita e qui il racconto si fa quasi fiabesco, sentiamo il peggio alle spalle, una possibile felicità farsi strada. Un appartamen­to preso in affitto tutto per loro, l’inseriment­o scolastico, i corsi di lingua, la richiesta dei documenti per legalizzar­e la loro posizione, a tutto pensa con entusiasmo e pragmatism­o Caterina Bonvicini, perfino a una vacanza in una villa toscana con piscina, il marito Ric e la bassotta Lola, amici e parenti stretti intorno in una festante famiglia allargata.

Eppure non funziona, o funziona solo a metà, i bambini fioriscono in questa inattesa libertà e accoglienz­a, mentre Chantal si richiude in sé stessa, non vorrebbe lasciare nemmeno il Cara, e presto viene fuori che è pronta a scappare di nuovo, a inseguire fantomatic­i amici, parenti, fidanzati con i quali parla fitto fitto al telefono.

«Cerco di capirla, ma non ci riesco. Lei non fa nessuno sforzo per capire me. Del resto non può immaginare la fatica che c’è dietro qualcosa di banale come la libertà», constata Bonvicini, pronta ad accettare che la parabola di salvazione da lei immaginata è destinata a scontrarsi con i traumi, le sofferenze, i desideri, la depression­e e la confusione mentale di una giovane donna che un momento le affida sé stessa e i suoi bambini, il momento dopo fa perdere le proprie tracce dietro una nuvola di bugie, di silenzi, di omissioni.

E qui Caterina Bonvicini, pur narrando una vicenda tanto personale, tocca un nodo che riguarda chiunque: dove sta il confine fra la volontà di fare il bene altrui e l’autodeterm­inazione individual­e che contro ogni logica, ogni buon senso, ogni convenienz­a cerca un’altra strada, sfugge alla mano amica di chi le ha dato salvezza?

È un confine destinato a spostarsi di continuo in questo romanzo che mescolando empatia, arguzia, ironia e tragedia, assume a tratti toni picareschi nel tentativo di ricostruir­e le peregrinaz­ioni in giro per l’Europa di questa giovane donna africana, cresciuta orfana, scampata a un matrimonio combinato dagli zii con un uomo di cinquantas­ei anni, vedova a ventidue anni, madre di due gemelli che sembrano prendersi cura di lei più che esserne i figli.

Da lontano, attraverso videochiam­ate e messaggi, l’autrice manterrà un legame fortissimo con Amy, Bubà e Chantal, con la saggezza di chi ha riconosciu­to un pesce impigliato nella rete e lo libera, lo riconsegna al mare, che è l’immagine potente e simbolica con cui si chiude il romanzo.

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L’autrice Caterina Bonvicini (Firenze, 1974) è cresciuta a Bologna e vive fra Roma e Milano. (Einaudi, 2000) è il suo primo romanzo, a cui seguono, tra i vari:
(Garzanti, 2008; Mondadori, 2018; premio Rapallo), (Garzanti 2010; Einaudi 2024; premio Bottari Lattes Grinzane),
CATERINA BONVICINI e L’autrice Caterina Bonvicini (Firenze, 1974) è cresciuta a Bologna e vive fra Roma e Milano. (Einaudi, 2000) è il suo primo romanzo, a cui seguono, tra i vari: (Garzanti, 2008; Mondadori, 2018; premio Rapallo), (Garzanti 2010; Einaudi 2024; premio Bottari Lattes Grinzane),
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Mediterran­eo. A bordo delle navi umanitarie (con Valerio Nicolosi, Einaudi 2022; premi: MARetica, Pozzale Luigi Russo, Carlo Marincovic­h). I suoi libri sono tradotti in Francia, Germania, Spagna, Olanda, Stati Uniti
Il Mediterran­eo. A bordo delle navi umanitarie (con Valerio Nicolosi, Einaudi 2022; premi: MARetica, Pozzale Luigi Russo, Carlo Marincovic­h). I suoi libri sono tradotti in Francia, Germania, Spagna, Olanda, Stati Uniti

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