Corriere della Sera - La Lettura
Mosca presta lo spazio agli amici di La Paz
La Russia non sarà alla Biennale d’Arte per la seconda volta consecutiva dopo l’invasione dell’Ucraina. Il padiglione verde nei Giardini della Biennale, però, non resterà chiuso. Mosca «presta» il suo spazio espositivo allo Stato Plurinazionale della Bolivia, storico alleato del Cremlino, che dalla Russia riceve molti aiuti economici e ora godrà di un palcoscenico internazionale per esporre 25 artisti del Vivir bien, la filosofia di matrice indigena che promuove l’armonia con i cicli naturali della Madre Terra (sopra: Yanaki Herrera, Puerpario, 2022).
La mano tesa di Putin a La Paz non è del tutto disinteressata: la Bolivia ha riserve di litio, indispensabile per la produzione di batterie d’auto e smartphone, per oltre 23 milioni di tonnellate e ha già firmato vari contratti con la compagnia russa Uranium One. Una partnership strategica ereditata dall’ex presidente
Evo Morales, «padre» del socialismo indigeno boliviano, che anni fa progettò con l’«amico Vladimir» perfino la costruzione della centrale nucleare più alta del mondo, un complesso per lo sviluppo di tecnologia atomica «a fini medici, agroindustriali e di ricerca» nella città di El Alto, 4 mila metri sul livello del mare.
Tra business e geopolitica, la «generosità» russa ora si estende all’arte. L’esposizione boliviana a Venezia s’intitola, in lingua aymara, Qhip Nayr Uñtasis Sarnaqapxañani («Guardando al futuropassato, stiamo andando avanti») e riunisce vari artisti, anche di altri Paesi sudamericani, che hanno in comune origini indigene. «Un’occasione per cercare risposte su come ampliare i nostri orizzonti», dice Esperanza Guevara, ministra delle Culture, della decolonizzazione e della depatriarcalizzazione. In linea con l’invito del curatore della Biennale, il brasiliano Adriano Pedrosa, a dare spazio alla creatività dei popoli nativi.