Corriere della Sera - La Lettura
La nuova frontiera oggi si chiama Dab
Invisibile e persistente, l’eredità di Guglielmo Marconi chiamata radio continua a passare attraverso trasformazioni tecnologiche senza mai soccombere. Nella stagione attuale, quella del centenario, le novità arrivano in direzione del futuro, come è ovvio, col sistema di diffusione Dab (digital audio broadcasting) ma anche, e questo sorprende, volgendo lo sguardo alle «vecchie» onde medie (Am) che nessuno più voleva (compresa la
Rai, che ha dismesso le trasmissioni nel 2022) la cui messa al bando invece sta favorendo la diffusione di emittenti locali a bassa potenza. Il Dab, che in Italia usa la tecnologia Dab+, dal 2020 è in dotazione per legge sulle nuove vetture e permette di ascoltare con un segnale più costante quando si è in movimento, senza dover cercare la sintonizzazione. Inoltre questa piattaforma accoglie molte più stazioni, che qui si chiamano «programmi», con una pluralità d’offerta di cui, in Italia, si è sentita forte la mancanza, vista la dilagante omologazione delle radio commerciali.
Il piano nazionale di assegnazione è in corso e, nonostante qualche operatore medio-piccolo stia lamentando la prepotenza dei grandi nell’accaparramento degli spazi, sulla carta la disponibilità è oggettivamente ampia. Se in analogico a ogni frequenza corrispondeva una stazione, nel digitale più soggetti possono convivere sullo stesso multiplex raggiungendo un totale, ancora solo stimato, di 1.500 programmi a diffusione regionale o provinciale e di tre reti nazionali, una per la Rai e due per operatori privati, organizzatisi in consorzi. Nel frattempo Fm e Am non stanno cedendo il passo. La prima oggi conta oltre 15 mila impianti attivi, da Monte Karkos a Cividale del Friuli, fino a Capo San Marco a Sciacca, mentre la seconda, pur con tutti i limiti legati a una minore qualità del suono, può addirittura rivelarsi una nuova frontiera per contenuti e soggetti esclusi altrove, se si vuole credere alle visioni più ottimistiche.
Forse se ne compiacerebbe lo stesso Marconi che tra i grandiosi momenti della sua vita da inventore annoverava «ogni qualvolta posso serenamente immaginare le possibilità future e sentire che gli sforzi di tutta la mia vita hanno fornito basi solide su cui si potrà continuare a costruire».