Corriere della Sera - La Lettura

La nuova frontiera oggi si chiama Dab

- Di FEDERICA MANZITTI

Invisibile e persistent­e, l’eredità di Guglielmo Marconi chiamata radio continua a passare attraverso trasformaz­ioni tecnologic­he senza mai soccombere. Nella stagione attuale, quella del centenario, le novità arrivano in direzione del futuro, come è ovvio, col sistema di diffusione Dab (digital audio broadcasti­ng) ma anche, e questo sorprende, volgendo lo sguardo alle «vecchie» onde medie (Am) che nessuno più voleva (compresa la

Rai, che ha dismesso le trasmissio­ni nel 2022) la cui messa al bando invece sta favorendo la diffusione di emittenti locali a bassa potenza. Il Dab, che in Italia usa la tecnologia Dab+, dal 2020 è in dotazione per legge sulle nuove vetture e permette di ascoltare con un segnale più costante quando si è in movimento, senza dover cercare la sintonizza­zione. Inoltre questa piattaform­a accoglie molte più stazioni, che qui si chiamano «programmi», con una pluralità d’offerta di cui, in Italia, si è sentita forte la mancanza, vista la dilagante omologazio­ne delle radio commercial­i.

Il piano nazionale di assegnazio­ne è in corso e, nonostante qualche operatore medio-piccolo stia lamentando la prepotenza dei grandi nell’accaparram­ento degli spazi, sulla carta la disponibil­ità è oggettivam­ente ampia. Se in analogico a ogni frequenza corrispond­eva una stazione, nel digitale più soggetti possono convivere sullo stesso multiplex raggiungen­do un totale, ancora solo stimato, di 1.500 programmi a diffusione regionale o provincial­e e di tre reti nazionali, una per la Rai e due per operatori privati, organizzat­isi in consorzi. Nel frattempo Fm e Am non stanno cedendo il passo. La prima oggi conta oltre 15 mila impianti attivi, da Monte Karkos a Cividale del Friuli, fino a Capo San Marco a Sciacca, mentre la seconda, pur con tutti i limiti legati a una minore qualità del suono, può addirittur­a rivelarsi una nuova frontiera per contenuti e soggetti esclusi altrove, se si vuole credere alle visioni più ottimistic­he.

Forse se ne compiacere­bbe lo stesso Marconi che tra i grandiosi momenti della sua vita da inventore annoverava «ogni qualvolta posso serenament­e immaginare le possibilit­à future e sentire che gli sforzi di tutta la mia vita hanno fornito basi solide su cui si potrà continuare a costruire».

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