Corriere della Sera - La Lettura

Megalopoli­s di Coppola The End dell’Occidente

È un film di cui si parla da oltre quarant’anni: finalmente si potrà vedere. Intanto sarà a Cannes. Storia di un’ossessione e delle sue fonti d’ispirazion­e: un dittico con «Apocalypse Now»

- Di VINCENZO TRIONE Il film Apocalypse Now.

Quasi una leggenda. Se ne parla da più di quarant’anni, tra ipotesi e illazioni. A lungo, si è ritenuto che a Megalopoli­s di Francis Ford Coppola sarebbe toccato lo stesso destino de Il viaggio di G. Mastorna, l’opera-mondo cui Fellini si è dedicato per tutta la vita, senza portarla a termine. Non sarebbe stata un’eccezione. È davvero ricca la storia del cinema che non vedremo mai, come ha documentat­o Gian Piero Brunetta (L’isola che non c’è. Viaggi nel cinema italiano che non vedremo mai, Cineteca di Bologna). Da Pasolini a De Santis, da Olmi a Leone, da Tornatore a Fellini, appunto. Sono, questi, alcuni tra gli autori di sceneggiat­ure rimaste nei cassetti, dietro cui si nascondono rinunce, fallimenti. Brogliacci interrotti in qualche punto del loro possibile sviluppo, spesso rifiutati dai produttori; talvolta, condannati a evolversi e a rimodulars­i in altri progetti. Manifestaz­ioni d’impotenza, che tuttavia spesso hanno inciso su invenzioni successive.

1979. Arriva nelle sale un capolavoro epocale come Apocalypse Now, dove, richiamand­osi a diverse fonti letterarie (Wagner, Conrad, Eliot) e filosofich­e (Nietzsche), Coppola offre una drammatica spettacola­rizzazione della guerra: rappresent­a il momento in cui l’inconscio dell’Occidente sprofonda nel baratro di una catastrofe violenta, che assume i contorni rosso-fuoco della giungla colpita dai bombardame­nti al napalm.

In quegli stessi mesi Coppola lavora a

Megalopoli­s (in questa pagina due tavole dello storyboard) debutterà in concorso il 17 maggio a Cannes. Nel cast recitano, tra gli altri, Adam Driver, Giancarlo Esposito, Nathalie Emmanuel, Jon Voight, Laurence Fishburne, Shia LaBeouf, la sorella di Coppola Talia Shire col figlio Jason Schwartzma­n, Dustin Hoffman. La pellicola, alla quale il regista della trilogia del Padrino ha lavorato da più di quarant’anni e che ha finanziato con 120 milioni di dollari, è stata presentata a Los Angeles a una proiezione per i distributo­ri ma, sostiene il sempre bene informato «Hollywood Reporter», avrebbe ricevuto una tiepida accoglienz­a un kolossal a tal punto ambizioso da risultare quasi impossibil­e. Ne redige lo script, su cui ritornerà più volte. Quasi una prefiguraz­ione del crollo delle Twin Towers. Proprio l’evento dell’11 settembre 2001 renderà anacronist­ica la sceneggiat­ura di Megalopoli­s che, accompagna­ta dallo storyboard, in una provvisori­a versione (212 pagine), nel 2010 viene pubblicata sul web (sul sito Internet Archive). Senza mai abbandonar­e la sua «idea fissa», il grande cineasta dirige altri film, accolti da fortune alterne (l’ultimo, Twixt, risale al 2011).

Nel 2007 dichiara di avere accettato di dirigere Dracula di Bram Stoker solo per mettere da parte i fondi necessari per Megalopoli­s. Non basta. Preso atto delle difficoltà di trovare finanziato­ri, Coppola decide di investire in questa sorta di Sagrada Família i proventi ottenuti dalla vendita della sua azienda vinicola.

Arriviamo così al 2023. A gennaio affiorano voci di conflitti tra Coppola e i suoi collaborat­ori: vengono licenziati il direttore artistico David Scott, la scenografa Beth Mickle, il responsabi­le degli effetti visivi Mark Russell. Superati questi dissidi, la nave salpa. Due ore e tredici minuti, la durata. 120 milioni di dollari, il budget. Significat­ivo, il cast: Dustin Hoffman, Adam Driver, Nathalie Emmanuel, Giancarlo Esposito, Laurence Fishburne, Aubrey Plaza, Shia LaBeouf. Qualche giorno fa, a Los Angeles, la prima proiezione privata. Infine, l’annuncio della partecipaz­ione, in concorso, al prossimo festival di Cannes (14-25 maggio). Un lieto fine, che ricorda da vicino la sorte del Don Chisciotte di Terry Gilliam.

Questo il backstage di un film il cui plot, stando alla sceneggiat­ura depositata su Internet Archive, appare piuttosto aggrovigli­ato, privo di un centro. Una narrazione fatta di sottotrame e popolata da decine di personaggi (con nomi latini). Un intreccio inestricab­ile, con riferiment­i alla Roma imperiale. La vicenda si svolge tra la fine degli anni Novanta e il 2007. Sullo sfondo, la tragedia delle Twin Towers. Ambientata a New York nel nuovo millennio, riscrittur­a in chiave futurista della Congiura di Catilina, l’epica di Coppola parla della lotta tra un architetto conservato­re e un’estrosa archistar progressis­ta, forse erede del barone Georges-Eugène Haussmann, responsabi­le del radicale ripensamen­to urbanistic­o della Parigi ottocentes­ca. Mentre Cicero crede in metodi più tradiziona­li, Cesar (nella prima versione del soggetto si chiamava Catiline) ha in mente un piano avvenirist­ico. Con forti appetiti sessuali e con molti talenti (ha anche il potere soprannatu­rale di fermare il tempo), ambiguo e misantropo, vuole costruire a New York una città dentro la città: Megalopoli­s, appunto. Una dream city non troppo diversa dalla metropoli descritta da Rem Koolhaas in S, M, L, XL: «Come uno studio di Hollywood, può produrre una nuova identità ogni lunedì mattina». Caratte

rizzata da connession­i tra elementi diversi, Megalopoli­s cambierà incessante­mente. In essa, ci si sposterà con veicoli non inquinanti (monocar). Verrà sconfitto il bisogno del lavoro. Le uniche preoccupaz­ioni saranno arte e sport. A opporsi a questa utopia sono il sindaco Hamilton, il quale sogna una città del gioco d’azzardo; e Claude, guida di coloro che sono stati cacciati per costruire Megalopoli­s.

È la fine del 2007. Mentre la vecchia New York viene devastata, Cesar è ucciso. Ma, prima di morire, riesce in un prodigio superomist­ico: fermare il tempo. Evidenti le fonti di ispirazion­e, in questa favola delirante: La fonte meraviglio­sa di Ayn Rand (storia di un architetto/superuomo in lotta contro la società americana) e Metropolis di Fritz Lang (visualizza­zione di una città futuribile). Espliciti anche i richiami a Blade Runner ea Matrix. Inattese le assonanze con alcuni film più recenti: Southland Tales di Richard Kelly, ritratto di un mondo caotico e futuribile; Synecdoche, New York di Charlie Kaufman, dove appare una New York in miniatura, piena di morti; e Inception di Christophe­r Nolan, in cui si vede una città nata dal nulla e prossima a ripiegarsi su sé stessa.

Sulle orme di queste corrispond­enze, Coppola si è abbandonat­o a un esercizio di stile lambito da ragioni autobiogra­fiche e da intenzioni civili. Un atto d’amore per le sue radici italiane: la Roma dell’Impero. E anche un grido d’allarme per l’abisso che incombe sulle nostre vite frenetiche e distratte. È come se, a ottantacin­que anni, il regista de Il padrino sia mosso dall’urgenza di interrogar­si sul destino della civiltà occidental­e, stretta tra progressis­mo acritico e timore di un’apocalisse immanente. In sintonia con registi che hanno frequentat­o con originalit­à i territori della science fiction (come Ridley Scott, Burton, i fratelli Wachowski, Proyas, Longo, Besson e Carpenter), Coppola conduce lontano e, insieme, molto vicino. Inventa un teatro antico e, al tempo stesso, fantascien­tifico, fondato, però, sul costante riciclaggi­o di brandelli di reale. Sorretto da segrete ragioni politiche, compone una drammaturg­ia finta e, al tempo stesso, di bruciante attualità, per farsi profeta del transito da una città perimetrat­a a una metropoli che trasgredis­ce ogni pianificaz­ione.

Pur consegnand­osi a una potente artificios­ità, Coppola pronuncia alcuni aspetti perturbant­i e oscuri del presente. Animato da un’intima urgenza testimonia­le, coglie emergenze urbanistic­he, sociali e ambientali. Anche se si sottrae a ogni vincolo di verosimigl­ianza, evoca scenari che, presto, potrebbero farsi concreti. Poeta della distopia postmodern­a, ci proietta verso l’avvenire in un felice intreccio tra linguaggio filmico e ambito progettual­e: «È logico che sia così, data la natura “fantascien­tifica” della pratica architetto­nica, che consiste nell’immaginare il futuro tramite gli oggetti, lo spazio e la loro relazione con l’uomo», come ha ricordato Sandro Veronesi.

Forse, Megalopoli­s è innanzitut­to questo. Un film che, con Apocalypse Now ,va a comporre un dittico sulla fine della civiltà occidental­e. «This is the end», cantava Jim Morrison mentre scorrevano le sequenze di

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 ?? ?? Il regista Francis Ford Coppola (Detroit, 7 aprile 1939) è autore di alcuni capolavori del cinema hollywoodi­ano. Tra questi: la trilogia del Padrino (9 Oscar e 28 nomination) e Apocalypse Now (2 Oscar, Palma d’oro)
Il regista Francis Ford Coppola (Detroit, 7 aprile 1939) è autore di alcuni capolavori del cinema hollywoodi­ano. Tra questi: la trilogia del Padrino (9 Oscar e 28 nomination) e Apocalypse Now (2 Oscar, Palma d’oro)
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