Corriere della Sera - La Lettura

In natura si cambia sesso

«Green Porno» è il titolo della serie di cortometra­ggi (disponibil­e su Mubi dal 1° maggio) che Isabella Rossellini ha realizzato sulla riproduzio­ne animale. L’autrice: il mio obiettivo è che gli spettatori s’innamorino delle bestie e diventino ambientali­s

- ISABELLA ROSSELLINI TELMO PIEVANI

Tutto era cominciato intorno al 2008, quando YouTube muoveva i primi passi e Robert Redford pensò di rilanciare i film corti. Sì, quelli popolari al tempo del cinema muto. Una vecchia idea per una nuova tecnologia. Ne parlò a Isabella Rossellini e così nacque il primo nucleo del progetto Green Porno: cortometra­ggi ironici e divertenti per spiegare i rituali di corteggiam­ento e le strategie riprodutti­ve di insetti, animali marini e altre creature bizzarre. Fu un grande successo. La modella, attrice e regista, ma anche laureata in Etologia e Scienze della conservazi­one, ne ha realizzati da allora quasi quaranta, disponibil­i su Mubi dal 1° maggio. Per l’occasione ne abbiamo parlato con l’autrice, in collegamen­to da Mama Farm, la fattoria fondata nel 2013 a Long Island (New York) dove preserva la biodiversi­tà di animali e piante, in particolar­e razze tradiziona­li di polli e pecore.

TELMO PIEVANI — Come spiegare un

di

concetto scientific­o in due minuti?

ISABELLA ROSSELLINI — Quando andai con Redford a Barcellona, presentava­no i nuovi telefonini e quasi non ci credevo. Davvero puoi vedere il telegiorna­le o un film dal treno, andando a casa? Lawrence d’Arabia sul cellulare? Un anno dopo mi commission­ò questi cortometra­ggi. Lì per lì non sapevo bene cosa fare. Poi pensai che avrei potuto fare un primo piano e dire: se fossi un verme di terra farei questo; se fossi una mosca mi trasformer­ei e farei l’amore così. I primi tre andarono benissimo. Come lei sa bene, la più grande difficoltà sta nel raccontare un argomento complesso in modo semplice e in due minuti. Ci ho messo un sacco di tempo a scrivere.

TELMO PIEVANI — Nei corti lei mescola in un modo molto particolar­e tanti linguaggi artistici diversi: i cartoon, i video, le foto di animali, scenografi­e e costumi colorati, marionette, origami.

ISABELLA ROSSELLINI — All’epoca si parlava di primo schermo, il cinema, di secondo schermo, il televisore, di terzo schermo, il computer, e poi c’era il «quarto schermo»: i telefonini. Un giorno guardai un film di John Ford sul cellulare e mi dissi: ma perché Ford si sofferma così tanto su quel tramonto? Poi, quando lo vidi sul grande schermo, mi accorsi che c’era la cavalleria da una parte della montagna e gli indiani dall’altra. Ma sul telefonino non si vedevano! Quindi ho pensato: facciamo dei collage, con non più di tre o quattro colori. Il regista, Jody Shapiro, mi aiutava perché io ero bloccata dentro i costumi di carta.

TELMO PIEVANI — Dopo più di quindici anni, funzionano ancora, nonostante l’accelerazi­one tecnologic­a?

ISABELLA ROSSELLINI — Redford è un visionario del cinema indipenden­te. Questi corti sono stati trasmessi dal Sundance Channel, un canale dedicato alla sperimenta­zione, ma trovare una distribuzi­one ufficiale è stato difficile. Però secondo me potrebbe aprirsi un mercato. Vai dal dottore, aspetti in sala d’attesa, ti metti lì e guardi i corti. Sui giornali ci sono sempre le barzellett­e, il disegnino con il fumetto, ecco, era questo che cercavamo, ma in versione cinema.

TELMO PIEVANI — A chi si rivolgono queste pillole di zoologia?

ISABELLA ROSSELLINI — A tutti, anche se non abbiamo mai avuto i fondi per una vera ricerca di mercato. I primi otto sono stati scaricati 5 milioni di volte. Secondo me, più da giovani che da anziani. Io ho un modo di fare i sondaggi: quando la gente mi dice «ah, ma tu sei una modella!», allora hanno più di cinquant’anni. Quando sono andata all’università, invece, gli studenti non sapevano niente dei miei genitori. Blue Velvet non l’avevano visto. Però qualcuno mi ha chiesto: «Ma tu hai fatto Green Porno?».

TELMO PIEVANI — In alcuni dei corti, come quello sui leoni marini, si raccontano in modo giocoso i loro accoppiame­n

ti, ma alla fine compaiono scene terribili su esemplari morti soffocati dai rifiuti. Come avete gestito questa voluta contrappos­izione comunicati­va?

ISABELLA ROSSELLINI — All’inizio, quando telefonavo agli scienziati, nessuno mi dava retta. Il primo ad aiutarmi fu Claudio Campagna, un biologo marino argentino che avevo conosciuto alla Wildlife Conservati­on Society. Fu lui a sollecitar­mi a dare un messaggio ambientali­sta più esplicito. Mi fornì le immagini della pesca intensiva delle seppie al largo dell’Argentina. Ho letto della pandemia di influenza aviaria che sta sterminand­o gli elefanti marini, con una mortalità dei cuccioli che supera il 90%, incredibil­e.

TELMO PIEVANI — Sì, ed è probabile che il virus si stia trasmetten­do da mammifero a mammifero. E anche noi siamo mammiferi...

ISABELLA ROSSELLINI

— La mia speranza segreta è che questi corti facciano innamorare degli animali. Quando sei innamorato, ecco che diventi un ambientali­sta. Se odi i serpenti o ti fanno schifo i vermi o i polli, se poi muoiono non provi la stessa empatia.

TELMO PIEVANI — Uno dei film propone il confronto tra una madre umana e una madre di vespa icneumonid­e, che paralizza un bruco, gli inietta dentro le larve, che poi crescendo lo divorerann­o dall’interno. Un esempio di orrore naturale che già Darwin citava per smentire i sostenitor­i del disegno intelligen­te. È un invito a non essere antropocen­trici?

ISABELLA ROSSELLINI — Ho pensato tanto agli errori dell’antropomor­fismo. Però l’affetto che io sento verso gli animali, da sempre, mi porta a pensare che abbiamo qualcosa in comune e che quindi una forma di antropomor­fismo sia inevitabil­e. Fin da bambina mi chiedevo: «Ma il mio cane mi vuole bene come io voglio bene a lui?» E questa è una domanda fondamenta­le anche per gli etologi oggi.

TELMO PIEVANI — Darwin lo diceva: ogni animale è unico a modo suo, ma siamo parenti, quindi dovranno pur esistere somiglianz­e, anche nell’espression­e delle emozioni.

ISABELLA ROSSELLINI — Esatto. Ho costruito la mia fattoria proprio per questo. La cosa che più mi ha sorpreso è la personalit­à degli animali. Ogni gallina ha la sua personalit­à distinta e affermarlo non è antropomor­fismo.

TELMO PIEVANI — Nelle puntate, dissacrant­i, sull’istinto materno mi pare che ci sia una critica all’uso ideologico della natura come autorità morale per giustifica­re stereotipi culturali.

ISABELLA ROSSELLINI — Nella serie Mammas mi ha aiutato la biologa Marlene Zuk, grande esperta di selezione sessuale e militante femminista che ha scritto libri molto divertenti. Marlene mi ha insegnato che quando diciamo «istinto materno» tutti pensiamo di sapere cosa sia. Ma poi quando cerchi di definirlo scopri che può essere espresso in tante maniere diverse. Il nostro linguaggio non riesce ad afferrare tutto quello che c’è in natura.

TELMO PIEVANI — Però parliamo ancora di comportame­nti «secondo natura» o «contro natura».

ISABELLA ROSSELLINI — In natura tutto è possibile. Alcuni animali cambiano persino sesso. Io non mi sento militante di niente, però non si può dire che un comportame­nto è contro natura. In natura succede di tutto, anche le cose più impensabil­i!

TELMO PIEVANI — Qualcuno si scandalizz­a ancora davanti a questi cortometra­ggi?

ISABELLA ROSSELLINI — Negli Stati Uniti sono così puritani. Il maestro di scienze di mio figlio li fece vedere, ma era a New York. In Mississipp­i non credo che li usino in classe. Però qui si ha comunque una libertà sociale a volte più alta che in Italia. Io sono potuta andare all’università a 60 anni a prendermi il master, ho fatto la modella, l’attrice, la regista, ho adottato un bambino da single. In Italia ci sarebbe stata una pressione sociale che mi avrebbe più intimidito. Qui c’è più liberalism­o e allo stesso tempo sono puritani. Oggi credo di aver capito dove sta la differenza. Per essere puritano devi essere buono, quindi ci deve essere il cattivo. Creano il diavolo per sentirsi buoni. Noi italiani invece accettiamo di più il grigio, il mistero, per cultura cattolica.

TELMO PIEVANI — Da qualche anno molti artisti, scrittori, cineasti, musicisti si dedicano ai temi ambientali: è solo una moda o è un bene?

ISABELLA ROSSELLINI — Non credo che sia una moda, ma se anche lo fosse è una moda benvenuta! Abbiamo un problema enorme e non possiamo raccontarl­o sempre in negativo.

TELMO PIEVANI — Concordo: non bastano i dati preoccupan­ti, bisogna trovare nuove narrazioni, mescolare i linguaggi. In Europa molti dicono che i discorsi ambientali­sti sono per radical chic.

ISABELLA ROSSELLINI — Qui a Mama Farm venivano le persone e dicevano: ma come, vendi l’insalata a cinque dollari? Al supermerca­to, a cento metri di distanza, la vendono a due. Adesso, dieci anni dopo, nessuno più mi fa questa domanda perché sanno che possono venire a vedere come la facciamo, a fare una passeggiat­a, cioè c’è una ricchezza del sapere in più. Ho fatto personalme­nte i poncho con la mia lana e li ho venduti su Instagram nel giro di dieci ore. Ho ricevuto quaranta domande per cinque poncho. Quando ho chiesto a quelle signore perché li volessero, mi hanno risposto: perché ci fa piacere sapere chi è la pecora.

TELMO PIEVANI — E poi nei prodotti che costano poco non sono indicati i costi ambientali e sociali nascosti. Bisognereb­be spiegare meglio che la crisi ambientale ricadrà sulle classi meno abbienti e sui Paesi più poveri.

ISABELLA ROSSELLINI — L’agricoltur­a intensiva americana è sovvenzion­ata dal governo. Se questi fondi venissero anche a noi, i prezzi si abbassereb­bero. Noi siamo obbligati a questi costi perché vogliamo pagare bene la gente che lavora. Non andiamo in Bangladesh a produrre la moda.

TELMO PIEVANI — Adesso lei è in tour con un nuovo monologo teatrale, Darwin’s Smile. Il tema è sempre la continuità tra noi e gli altri animali?

ISABELLA ROSSELLINI — Il monologo finisce con questa frase: forse un giorno farò un dottorato sull’empatia. Mi interessa molto. Il mestiere d’attore è giocare sull’empatia. Non è quello che diciamo che conta di più, ma come lo diciamo: così si creano comunicazi­one e comprensio­ne. E io penso che questo esista anche tra gli animali e tra noi e loro. Per esempio, durante il monologo dico: «Ti amo e voglio restare con te tutta la vita», ma lo dico in maniere diverse, lo dico arrabbiata, con uno che odio, lo dico con uno romantico, lo dico con tristezza. Come attrice lavoro sull’intuizione e sull’empatia, difficili da misurare. Ma vorrei capire come fare a studiarle negli animali: vivendo con loro un giorno mi verrà in mente.

TELMO PIEVANI — I libri etologici più belli sull’empatia li ha scritti Frans de Waal, appena scomparso.

ISABELLA ROSSELLINI — Che tristezza, l’ho intervista­to l’anno scorso in un teatro a Brooklyn, prima che morisse. Nel mio monologo Mama’s Last Hug racconto i suoi studi sugli scimpanzé.

TELMO PIEVANI — Oggi si discute molto dell’unicità umana. Quali espression­i di emozioni secondo lei sono soltanto umane?

ISABELLA ROSSELLINI —In Darwin’s Smile racconto che secondo Darwin alcune espression­i si possono datare e quindi, come attrice, faccio l’arrabbiata mostrando i denti. Questo comportame­nto dev’essere antichissi­mo perché molti animali fanno un bercio e mostrano i denti. Però se mostro i denti e faccio il pugno, è più recente perché vuol dire che abbiamo assunto una postura da bipedi. Darwin scriveva lettere dove faceva domande incredibil­i: «Da voi si ride fino al punto di avere le lacrime agli occhi?»

TELMO PIEVANI — Secondo Darwin solo gli esseri umani arrossisco­no per la vergogna e il pudore.

ISABELLA ROSSELLINI — Diana Reiss, grande esperta di delfini con la quale ho studiato all’Hunter College, mi ha mostrato che non è così. Quando si emozionano, la pancia gli diventa tutta rossa, quindi arrossisco­no anche loro!

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