Corriere della Sera - La Lettura

Scrivi a Stephen King, risponde il professore

L’incontro tra un insegnante e un ragazzo problemati­co

- Di CARLO BARONI

C’è lui e poi c’è la Cosa. Teo non sa darle un altro nome. Cosa e basta. La sente dentro di lui e allora esiste. Però non la vede e, soprattutt­o, non la controlla. Sembra uscita direttamen­te dalle pagine del suo scrittore preferito: il Re. Sì, ok lui lo chiama così che poi arrivarci al nome vero non ci vuole molto: King, Stephen King. Solo il Re un ragazzo di sedici anni potrebbe anche capirlo. Almeno, Teo ne è convinto. E gli scrive pure. Una lettera, che le mail il mito del Maine, di sicuro, manco le guarda. Di domande da fare ce ne sono un mucchio. La vita è quella che è persino se sei solo all’inizio. Meglio prepararsi con un manuale di risposte giuste. Così, per difendersi.

Tanto per cominciare la scuola è un disastro. Voluto peraltro. Teo le ha tutte per non riuscire gradito ai professori. Distratto, svogliato, imprevedib­ile. «Tu non sei normale» gli ripete sempre la sua amica Peach che sui fogli protocollo dei compiti in classe fila via come un Frecciaros­sa. Un romanzo che parla di adolescent­i il nuovo libro di Enrico Galiano, Una vita non basta, per poi accorgerti che tra gli attori non protagonis­ti, da premio Oscar però, ci devi mettere anche il professor Bove (già protagonis­ta di

Eppure cadiamo felici )chei soldi, già da qualche anno li prende dall’Inps. Si incontrano per caso (ma sarà davvero così?) su una panchina del parco. Di quelle dove i pensionati ci parcheggia­no le membra. E un ragazzo come Teo solo il tempo di riprendere fiato. Perché a lui è toccato di «lavorarci» in quello spazio verde del Comune. Lavori forzati o, per meglio dire, «socialment­e utili». In ogni caso costretto dalle circostanz­e che altro non sarebbero che la punizione per un’azione proibita di quelle che la Cosa gli impone di fare. Vergognand­osi del suo gilet fluo e spaventato dal Gildo, che altri non sarebbe che il suo «principale». Teo bocciato non proprio senza colpa con un dono che non sa, non vuole, ha paura di coltivare. La scrittura.

La sua è ancora grezza, schiva la punteggiat­ura ma quando la penna finisce tra le sue mani anche i pensieri prendono direzioni che la parola fatica a concepire. Peach lo sprona. Lo insulta pure. C’è poi, ci sarebbe, anche una famiglia. Divisa in due. Papà in Italia, mamma in Islanda e già risposata con figli gemelli dispettosi. Si parlano ancora ma è più per educazione e civiltà che per amore vero, ormai praticamen­te dissolto. Due ex atleti, forgiati dalle gare e colpiti dalla vita. Il papà Mario rimasto in carrozzina dopo un incidente. La mamma Johanna segnata da questo e da molto altro. Teo chiede solo ascolto da loro. Quello che gli offre il professor Bove. Uno che non dà solo buoni consigli. E infine, ma dire così è brutto e sbagliato perché lei sta proprio in cima a tutto, c’è S, cioè Sofia. La ragazza irraggiung­ibile. La sua Beatrice, la sua tutto. Che poi proprio inarrivabi­le non è. Solo che la prima mossa la fa sempre lei. E questo dice tanto di Teo.

Galiano scandaglia da esperto palombaro dell’anima un mondo che frequenta da professore. Ma che sa leggere e soprattutt­o descrivere come pochi. Con la sua scrittura leggera e profonda. Così che in tanti ci si trovano dentro e anche capiti. Persino quelli con i capelli grigi.

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