Corriere della Sera - La Lettura
Un sesterzio che vale 300 mila euro
Va all’asta la prossima settimana a Zurigo una collezione di monete raccolte in oltre cinquant’anni da Geoffrey Cope: tra queste un pezzo con Adriano che celebra il completamento del Vallo in Britannia e una commemorazione di Agrippina
Arturo Russo si avvicina alla cassaforte alta appoggiata alla parete, compone la combinazione e tira fuori il contenitore con la selezione di preziosissime monete romane: tra le dita scivolano millenni di storia, condensati in piccoli dischi di bronzo.
Siamo negli uffici di Numismatica Ars Classica a Mayfair, nel cuore di Londra, dove la società di mercanti di monete e casa d’aste a conduzione italiana, di cui Russo è direttore, custodisce una tra le più vaste e varie collezioni di monete antiche al mondo: greche, romane, bizantine e italiane. Mercoledì 8 maggio, Numismatica Ars Classica metterà in vendita a Zurigo la Cope Collection, una collezione di rari e ricercati esemplari ammassati in oltre 50 anni da Geoffrey Cope, un noto appassionato e conoscitore: comprende 170 monete romane e oltre 800 britanniche, tutte in notevole stato di conservazione, tra le quali un numero significativo è considerato tra gli esemplari più belli al mondo. La prima parte dell’asta, quella della prossima settimana, vedrà batture le monete romane e una parte di quelle inglesi, mentre il resto della collezione inglese sarà offerto a ottobre.
Cope era un cittadino anglo-israeliano che prima ha cominciato a collezionare monete inglesi e poi, alla fine degli anni Settanta, si è avvicinato alla monetazione romana: «Aveva scelto quelle in bronzo — spiega Arturo Russo — perché i sesterzi sono quelli in cui è possibile apprezzare in maniera migliore le capacità incisorie romane». «I collezionisti più attenti — aggiunge Giuliano Russo, l’altro direttore di Numismatica Ars Classica — sanno che il bronzo è il metallo in cui l’arte romana dell’incisione può essere ammirata al meglio grazie alla sua patina e alle denominazioni di dimensioni generose. Il bronzo è anche il metallo in cui è più insolito imbattersi in esemplari in simili buone condizioni: è quello che davvero distingue questa collezione».
All’asta ci sarà una piccolissima selezione di monete della Repubblica romana (4 o 5), mentre sarà rappresentato tutto il periodo dell’Impero, da Augusto all’usurpatore Postumo. Fra gli esemplari più notevoli c’è un sesterzio di Adriano che celebra il completamento del Vallo al confine con la Scozia nel 130 dopo Cristo: è rappresentata la scena della adlocutio, in cui l’imperatore si rivolge alle truppe per ringraziarle di avere completato la fortificazione: «È una moneta rarissima — spiega Arturo Russo — conosciuta in meno di 10 esemplari. Questa è particolarmente ben conservata ed è importante per gli inglesi perché testimonia un momento di storia romana in Gran Bretagna: è stata esposta al British Museum per un certo numero di anni, in prestito dal proprietario. L’ultima volta è passata in asta nel 1980: ora è stimata 300 mila franchi svizzeri (poco più di 300 mila euro, ndr), ma può realizzare anche più di mezzo milione».
C’è poi una moneta di Agrippina, «meno rara ma in uno stato di conservazione insolito, impeccabile, e di uno stile stupendo». Coniata da Caligola per commemorarla quando era già morta, rappresenta il carro funebre trainato da due muli e potrebbe realizzare almeno 150 mila franchi.
Interessantissimo anche un denario delle Idi di Marzo, coniato da Bruto per celebrare l’uccisione di Cesare: non molto raro ma il più bello in mani private, che potrebbe arrivare a essere venduto fino a 800 mila franchi.
«Le monete sono qualcosa che non è sufficientemente conosciuto e apprezzato dal grande pubblico — conclude Arturo Russo —. Hanno tutte storie fantastiche e ci aiutano a comprendere momenti della storia poi rivisitati dai vincitori: le monete fotografano un momento storico e quindi rendono impossibile per le fonti poterlo alterare a posteriori. Le monete erano i telegiornali dell’epoca: l’unico modo che il potere aveva per comunicare certi eventi era metterli sulle monete».
E sono anche strumenti di comunicazione ideologica e propaganda: «Sì, più gli imperatori sono “politici”, come Augusto e Adriano, più sono attenti alle monete».