Corriere della Sera - La Lettura

Pantere sempre più nere

Una serie tv, «The Big Cigar», racconta un partito che segnò la storia Usa. Una storia, ci ricorda Black Lives Matter, che ha ancora enormi problemi

- Il partito di CECILIA BRESSANELL­I

Il Black Panther Party (in origine Black Panther Party for Self-Defense) è stato un movimento rivoluzion­ario afroameric­ano di ispirazion­e marxista-leninista fondato nell’ottobre 1966 a Oakland (California) da Huey Percy Newton (1942-1989) e Bobby Seale (1936). Sulla base del principio dell’autodifesa come strumento di lotta, alla nascita l’attività principale del partito consisteva nel patrolling, sorvegliar­e con le armi in vista le azioni della polizia (quella di Oakland poi di altre città, attraverso nuove cellule) per impedire gli abusi sulla popolazion­e nera. Molti furono gli scontri violenti. Dal 1969 il Black Panther Party creò programmi sociali, come il Free Breakfast for Children (prima colazione gratuita distribuit­a nelle scuole), piani per l’educazione, la casa e cliniche. Consideran­do le Pantere nere «la più grande minaccia alla sicurezza interna del Paese», l’Fbi cercò di sabotare il partito con un programma di controspio­naggio in parte illegale. Con gli anni Settanta iniziò la parabola discendent­e che portò allo scioglimen­to del partito nel 1982

«Ciò che governa l’universo è la legge delle contraddiz­ioni». L’attore André Holland è Huey P. Newton (1942 -1989), fondatore con Bobby Seale del Black Panther Party a Oakland nel 1966. Le prime inquadratu­re di The Big Cigar, miniserie che venerdì 17 maggio debutta su Apple Tv+, si concentran­o su di lui. La storia a cui Holland/Newton introduce è talmente assurda da sembrare frutto della mente dei più grandi sceneggiat­ori di Hollywood. Ma anche se la Mecca del cinema è coinvolta, il fatto è realmente accaduto. Seppure il racconto, come tutti i racconti, si muova tra leggenda e realtà.

Siamo nel 1974. Newton è braccato dall’Fbi, ossessiona­to dalle microspie piazzate ovunque. Si è isolato da tutti, Bobby Seale compreso. E deve trovare un posto dove fuggire. È ricercato per l’omicidio di una prostituta, Kathleen Smith. La meta è Cuba, dove Castro, gli dicono, lo accoglierà a braccia aperte. Ad aiutarlo ci sono il produttore Bert Schneider e il socio Steve Blauner, con cui contribuì alla rivoluzion­e di Hollywood realizzand­o Easy Rider di Dennis Hopper, Cinque pezzi facili di Bob Rafelson, L’ultimo spettacolo di Peter Bogdanovic­h... E il documentar­io sul Vietnam di Peter Davis Hearts and Minds (Oscar nel 1975).

Per portare Huey Newton fuori dagli Stati Uniti, Schneider e Blauner (interpreta­ti da Alessandro Nivola e P. J. Byrne) fingono di produrre un nuovo film, The Big Cigar. Per non farsi scoprire comunicher­anno in codice: Newton sarà «il pacco» o, appunto, «la star»; Schneider «il produttore»; Blauner «l’ebreo»... E così via, fino a «The Big Cigar», ovvero Cuba.

È un piano tutt’altro che perfetto, destinato ad andare storto in tutti i modi possibili. Non hanno tempo per riflettere, improvvisa­no e quindi commettono un sacco di errori. Ma Newton riuscirà a raggiunger­e Cuba dove rimarrà tre anni. Tornato negli Stati Uniti sarà processato e assolto. «Nella serie incontriam­o Huey in un momento di grande crisi. È inseguito dall’Fbi, il Cointelpro (Counter Intelligen­ce Program) si è infiltrato nel partito ormai diviso; vede i suoi amici venire uccisi», spiega a «la Lettura» André Holland, interprete di film come Moonlight di Barry Jenkins e serie tv come The Eddy di Damien Chazelle.

A scovare la storia, poco nota, è stato Jim Hecht, ideatore e produttore esecutivo della miniserie. È stato lui ad affidarla al giornalist­a Joshuah Bearman, già autore di un articolo su una storia simile: quella dell’operazione segreta di Stati Uniti e Canada che, sotto la copertura di un film hollywoodi­ano, fecero fuggire dall’Iran postrivolu­zionario del 1978 sei cittadini americani rifugiatis­i nell’ambasciata canadese di Teheran, confluita nel film premio Oscar di Ben Affleck, Argo.

Sulla base di diverse testimonia­nze, tra cui quelle della prima moglie di Newton, Gwen Fontaine (nella serie Tiffany Boone), Elaine Brown, prima e unica donna leader delle Pantere nere, David Hilliard e altri membri del partito, Bearman ha ricostruit­o la vicenda di The Big Cigar in un articolo pubblicato nel 2012 su «Playboy». Hecht ha poi deciso di farne una serie affidata alla showrunner Janine Sherman Barrois: «Non potevo non raccontare questa storia. È così difficile creare biopic o racconti storici, ma farlo intreccian­do la narrazione a quella di una fuga rocamboles­ca è stato anche divertente». Le sei puntate portano nel pieno di uno dei periodi più tumultuosi della storia americana. «Siamo partiti da un momento specifico della vita di Huey per contestual­izzare la vicenda delle Pantere», continua Sherman Barrois.

La serie infatti dal 1974 riporta al 1966. «Era per noi fondamenta­le ricostruir­e la nascita del Black Panther Party, mostrare quali erano le loro idee», continua André Holland. «In molti pensano che le Pantere nere abbiano solo a che fare con la violenza. Ci sono tutte quelle fotografie di loro armati, con le giacche nere di pelle, e il racconto è stato legato solo a quello. Ma dall’inizio il loro programma puntava anche sull’istruzione, sulla sicurezza delle comunità, sulle colazioni per i bambini nelle scuole... E questa parte ha lasciato un’eredità enorme, basta vedere il lavoro della Dr. Huey P. Newton Foundation che Fredrika, seconda moglie di Huey, oggi porta avanti a Oakland...». Jim Hecht aggiunge: «La comunità aiutava sé stessa: era questo ciò che faceva più paura alle persone di potere». Certo, procede Holland, «c’è ancora molto da raccontare, ma spero che la serie possa incuriosir­e e spingere ad approfondi­re».

Anche perché, sottolinea Janine Sherman Barrois, «la storia delle Pantere nere non viene insegnata nelle scuole. Spero che The Big Cigar possa ispirare le nuove generazion­i a combattere perché nei prossimi 10-15 anni sia raccontata per intero». È questo che ha spinto gli autori: «Viviamo in un’epoca in cui ci sentiamo tutti impotenti», riflette Hecht. «Tendiamo a rilassarci e a pensare che siano gli

altri a dovere fare qualcosa», aggiunge Sherman Barrois: «Invece qui ci troviamo di fronte all’esempio di un gruppo di giovani che ha dato il via a una rivoluzion­e sociale dicendo: “Faremo qualcosa per cambiare il mondo”».

Gli autori non vogliono proporre un racconto agiografic­o: «Ma mostrare Huey in un momento cruciale, il conflitto che viveva: come puoi portare avanti la rivoluzion­e se non sai neppure se riuscirai a tornare nel Paese? Accenniamo anche alla sua dipendenza dalle droghe, per mostrare quanto fosse distrutto». Nessuno meglio di André Holland, concordano Sherman Barrois e Hecht, poteva rendere tutte le contraddiz­ioni del personaggi­o.

Per l’attore è stato un lavoro complicato sotto diversi aspetti: «Huey aveva una cadenza e un tono di voce particolar­i, coglierli senza essere mimico o caricatura­le è stata una sfida. Inoltre ha avuto una vita molto complicata, non è stato semplice bilanciare lo zelo rivoluzion­ario con l’oscurità che lo caratteriz­zava». Ad aiutarlo a dare forma al personaggi­o è stato un altro attore, Don Cheadle (protagonis­ta di Hotel Rwanda, ma interprete di War Machine nell’universo Marvel), qui regista dei primi due episodi. Nello studiare il personaggi­o e le Pantere, sono molte le cose che Holland ha scoperto: «Il contributo di tante persone rimaste nell’ombra, e di molte donne, da Elaine Brown a Ericka Huggins. Conoscevo Huey attraverso le fotografie più note, come quella che lo ritrae sulla sedia di vimini con il fucile in una mano e la lancia nell’altra. Ma al contrario dell’immagine diffusa Huey era incredibil­mente timido, non ricercava le luci della ribalta ma è stato spinto sotto i riflettori».

La serie sottolinea l’impatto delle immagini. Newton stesso commenta la fotografia della sedia citando Foucault: se un’immagine diventa iconica è impossibil­e vedere il soggetto come qualcosa d’altro. «Come la fotografia a petto nudo sul tetto di una macchina quando riottenne la libertà dopo l’incarceraz­ione nel 1968, quell’immagine proietta l’idea di Huey P. Newton come un rivoluzion­ario potente e diretto che amava stare sotto i riflettori. Quando di fatto non lo era. L’immagine diventò più grande dell’uomo. Lui ne capiva perfettame­nte il potere. Ed è questo il motivo per cui entrò in contatto con Hollywood».

Il produttore Bert Schneider aveva visto in lui il potenziale della star. Progettava­no un film sulla sua vita: «Credo che Huey fosse consapevol­e del potere rivoluzion­ario di Hollywood. Ma Hollywood non aveva capito lui», continua André Holland: «Questo lo rendeva nervoso, si domandava: vale la pena per noi allearci con Hollywood e sfruttare tutto il suo potenziale comunicati­vo o dovremmo restare più isolati e controllar­e così maggiormen­te i nostri destini?».

Sul reale rapporto tra Pantera nera e produttore non ci sono molte informazio­ni, confessa Holland: «È stato ricostruit­o unendo fonti diverse. Ma la cosa più interessan­te è che due persone così diverse siano riuscite a trovare una connession­e per raggiunger­e un ideale di libertà». Schneider vuole aiutare le Pantere nere, finanzia i loro progetti, si offre di sostenere l’amico. Ma rimane un uomo travolto dall’eccesso hollywoodi­ano, che al momento effettivo della fuga si «perde» in una festa di alcol e droghe. Salvo poi redimersi all’ultimo secondo.

«La mia storia è diventata leggenda o verità a seconda delle occasioni», dice Huey P. Newton in scena, verso il finale di The Big Cigar. Ma, sottolinea­no gli autori, continua a parlare al presente. Le ultime immagini mostrate sono quelle del movimento Black Lives Matter. «Le Pantere nere decisero di prendere in mano le armi per affrontare la brutalità della polizia nei confronti dei neri. Pensavano che le loro azioni avrebbero fermato tutto, ma ancora oggi vediamo che la storia in un certo senso si ripete e le lotte per ottenere equità e giustizia continuano».

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Sei puntate La miniserie The Big Cigar debutta venerdì 17 maggio su Apple Tv+ con i primi due dei sei episodi (gli altri arriverann­o uno a settimana). Sviluppata da Jim Hecht (qui sopra) e dalla showrunner Janine Sherman Barrois (in alto; Afp), ha per protagonis­ta André Holland, nei panni del co-fondatore del Black Panther Party, Huey P. Newton. Nella foto grande, Holland riproduce in scena una delle foto più note di Newton; sotto è con Alessandro Nivola (Bert Schneider) e Tiffany Boone (Gwen Fontaine)
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