Corriere della Sera - La Lettura
Le lezioni di umanità del Sud Sudan all’Europa
A un anno dall’inzio della guerra civile a nord dei suoi confini, il Paese africano ha accolto circa 650 mila profughi. Dal 2014, invece, «la Ue è corresponsabile della morte di quasi 30 mila migranti nel Mediterraneo»: la testimonianza della vincitrice d
E la quarta volta siamo annegati. Sul sentiero della morte che porta al Mediterraneo (traduzione di Bianca Bertola, Bollati Boringhieri, 2023: «la Lettura» #620 se n’è occupata il 15 ottobre dell’anno scorso). Autrice per varie testate internazionali, Hayden ha scritto questo testo per «la Lettura» e riceverà il riconoscimento a Udine sabato 11 maggio (ore 21, Teatro Nuovo Giovanni da Udine), nell’evento centrale del ventesimo festival vicino/lontano La menzione ad Ai Weiwei La giuria del premio, presieduta da Angela Terzani Staude, ha attribuito una menzione speciale all’artista cinese Ai Weiwei per il memoir Mille anni di gioie e dolori, tradotto dall’inglese nel 2023 per Feltrinelli da Katia Bagnoli L’immagine Migranti si aggrappano alla loro imbarcazione rovesciata presso Lampedusa l’11 agosto 2022 (foto di Francisco Seco/Ap)
Amarzo mi trovavo presso la frontiera tra il Sudan e il Sudan del Sud, e osservavo le ombre di nuovi rifugiati emergere dalla nuvola di polvere di fronte a me. C’erano uomini, donne e bambini di tutte le età. Ogni giorno oltre mille persone attraversano il confine con il Sudan del Sud. Dall’inizio della devastante guerra in Sudan nell’aprile del 2023 sono state più di 649 mila. Questa è solo una delle tante crisi globali, cosiddette «dimenticate» dai Paesi occidentali, che stanno causando grandi migrazioni. Nonostante il gran numero di persone che ora vi entrano, il Sudan del Sud ha una politica delle «porte aperte». Per attraversare il confine non sono necessari documenti. Come ha dichiarato ai giornalisti lo scorso marzo il ministro degli Affari umanitari, Albino Akol Atak Mayom, «la gente sta fuggendo dalla guerra e merita di essere protetta e aiutata».
Guardandoli pensavo alla differenza di trattamento verso i rifugiati e i richiedenti asilo che si affacciano alle frontiere europee.
Secondo i dati raccolti dall’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, dal 2014 quasi 30 mila persone disperate sono morte o scomparse cercando di attraversare il Mediterraneo. Almeno 23.246 di esse sono morte o scomparse nel Mediterraneo Centrale, nel tratto tra la Libia o la Tunisia e l’Italia oppure Malta. I numeri reali potrebbero essere superiori.
Mentre la morte di massa è diventata una cosa normale, l’Europa ha speso ingenti somme di denaro per rafforzare i controlli alle frontiere, rendendo sempre più pericoloso raggiungere il nostro territorio. Eppure quella che i media e i politici definiscono una «crisi migratoria» dovrebbe essere considerata una crisi globale dovuta alle disuguaglianze. La portata della sofferenza in altre parti del mondo è immensa, dall’Eritrea alla Somalia, dalla Repubblica democratica del Congo al Camerun. Le molteplici crisi da cui la gente fugge devono essere comprese meglio. È impossibile per noi non avvertirne le ripercussioni.
Le mie inchieste per il mio libro Ela quarta volta siamo annegati hanno riguardato le sorti delle persone intercettate dalla guardia costiera libica, sostenuta dall’Unione Europea e dall’Italia. Dal 2017, più di 135 mila uomini, donne e bambini sono stati intercettati in mare e costretti a tornare in Libia. Lì vengono spesso rinchiusi indefinitamente in centri di detenzione che Papa Francesco, tra gli altri, ha paragonato a campi di concentramento. Molte di queste persone avrebbero diritto a una protezione riconosciuta dalle norme internazionali e potrebbero quindi rimanere qui legalmente, ma prima devono raggiungere il nostro territorio.
Un portavoce di Frontex che ho intervistato per il mio libro ha detto che l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera non ha la responsabilità di verificare che cosa accade alle persone dopo che sono state intercettate nel Mediterraneo centrale. Ho continuato a fare domande a diversi funzionari dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, ma nessuno sembrava stesse accertando quanti finissero per morire nei centri di detenzione libici. Negli anni che ho trascorso cercando di comunicare con persone all’interno di quei centri, ho documentato morti per fame e assenza di cure, per bombardamenti e sparatorie. Ho registrato racconti di torture, lavori forzati, violenze sessuali e una quantità di altri abusi.
L’Unione Europea aggira il diritto internazionale sorvegliando, trasmettendo informazioni e sostenendo la guardia costiera libica che intercetta le imbarcazioni. Una nave europea non è legittimata a riportare in Libia le persone trovate in mare aperto, ma una nave libica sì. Questo significa dunque che noi — con le nostre politiche — siamo implicati in orribili violazioni dei diritti umani. Il mio libro è stato anche citato in una denuncia presentata alla Corte penale internazionale per chiedere che funzionari europei fossero indagati per crimini contro l’umanità.
Scrivo su questo argomento da tanti anni perché ho capito che noi europei non ci rendiamo conto degli orrori compiuti in nostro nome. Mentre questa grande sofferenza continua, la retorica dei politici e dei media produce distacco e de-umanizzazione. Anche l’uso delle parole migranti e rifugiati è fuorviante. Migrante è un termine descrittivo e rifugiato è uno status legale, ma queste sono persone come tutte le altre, con speranze, sogni e famiglie che li piangono.
Per le mie inchieste ho viaggiato tra l’Africa e l’Europa e ho trascorso del tempo su una nave e su un aereo impegnati in operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
A causa del mio lavoro sono stata avvisata dalle agenzie di sicurezza che la mia vita era in pericolo e per un anno ho subito un’indagine penale. Più recentemente, a marzo, mi è stato negato l’imbarco su un aereo diretto in Ruanda, a quanto sembra a seguito delle mie inchieste sul trattamento dei rifugiati lì trasferiti con un programma di evacuazione sostenuto dall’Unione Europea. Il rischio maggiore, però, lo hanno sempre affrontato le fonti che mi hanno inviato prove di trattamenti ingiusti. Dedico il Premio Terzani a loro.
In mare L’Unione Europea aggira il diritto internazionale sostenendo la guardia costiera libica che intercetta le imbarcazioni