Corriere della Sera - La Lettura

La generazion­e che scrive ma non c’è

Curata da Francesco Napoli prova a mettere ordine nella galassia degli autori di versi nati negli anni Sessanta. Che sembrano essersi mossi gli uni all’insaputa degli altri, senza una memoria collettiva e senza trovare maestri

- Di ROBERTO GALAVERNI

Inostri poeti nati negli anni Sessanta sono poeti che hanno oggi più o meno sessant’anni, ed è singolare che non abbiano avuto finora anche solo un’antologia che li abbia rappresent­ati dal punto di vista generazion­ale, dal momento che di una generazion­e a tutti gli effetti si tratta. Al che s’impongono subito due consideraz­ioni. La prima riguarda il concetto stesso di generazion­e, che di per sé risulta piuttosto instabile e ambiguo, visto che nella stessa epoca convivono poeti di età anche molto diverse, e che, in ogni caso, i tempi, ma anche i rapporti, le affinità, le influenze, si sovrappong­ono e s’intreccian­o in modo tutt’altro che lineare o univoco. È vero, non è possibile esaurire un poeta in una mera prospettiv­a storica. Eppure non è meno vero che quando si parla di generazion­e ci si capisce subito. Condivider­e un determinat­o tempo suppergiù alla stessa età fa si che certe esperienze risultino comuni anche da parte di chi pensa, agisce e, come in questo caso, scrive in modo diverso. Insomma, una cosa è vivere il ’68, il ’77, l’89 o il 2001 nella giovinezza, cioè nell’epoca in cui la formazione di una persona è più marcata e incandesce­nte, e una cosa è viverli invece a cinquanta o a settant’anni.

La seconda consideraz­ione è che un tratto distintivo dei poeti nati nei Sessanta, almeno fino a un’altezza piuttosto avanzata, è stata proprio la dispersion­e, la disorganiz­zazione, il non corporativ­ismo, l’incapacità se non piuttosto la volontà, visto che in molti casi si è trattato di una scelta consapevol­e, di autopromuo­versi. Se in ambito poetico le antologie costituisc­ono lo strumento più formidabil­e d’attestazio­ne e, diciamo pure, di propaganda in favore di certi poeti e della loro poesia, il fatto che questa generazion­e non sia mai stata antologizz­ata la dice lunga al riguardo. Ed è proprio dal riconoscim­ento di questa condizione e di questa carenza che si giustifica adesso l’antologia Poeti italiani nati negli anni 60. Letteratur­a come condizione, appena uscita per le edizioni Interno Poesia a cura di Francesco Napoli.

Il dato che nella riflession­e di Napoli emerge con più evidenza, è proprio la latitanza di tratti forti accomunant­i sotto l’aspetto generazion­ale. Di conseguenz­a si potrebbe perfino pensare alla Generazion­e Sessanta, come qui viene chiamata, come a una generazion­e mancata, che tuttavia risulta paradossal­mente riconoscib­ile proprio per la mancanza lungamente patita di un’aggregazio­ne e di una visibilità ad ampio raggio. Anche attraverso le testimonia­nze dei diretti interessat­i, sono infatti elementi di segno, diciamo così, negativo a risultare generalmen­te condivisi, giusto tra la fine degli anni Settanta e l’inizio dei Novanta. Ecco allora il senso di vuoto (parola, questa, che torna più volte), il disorienta­mento storicocul­turale e nella fattispeci­e poetico, la percezione di una scollatura epocale che non aveva come corrispett­ivo l’inaugurazi­one di forme d’orientamen­to nuove e riconoscib­ili, l’isolamento e la solitudine, il ritrovarsi in piccolissi­mi gruppi e sodalizi che si sono mossi gli uni all’insaputa degli altri, l’assenza di una memoria collettiva su cui fare affidament­o, le rivistine, la piccola editoria, la difficoltà di trovare maestri, riscontri, indicazion­i valide, anche solo un senso plausibile dello scrivere in versi. Non si è trattato dunque di una carenza di vocazione, di dedizione o di risultati poetici, ma di qualcosa che riguarda le condizioni stesse del fare poesia. L’impression­e complessiv­a è di chi sia vissuto a lungo con un piede nel prima e uno nel dopo: da una parte un mondo ormai tramontato che per questi poeti non era per altro il loro, e dall’altra un mondo a venire che davvero loro non sarebbe comunque stato. Così, quando all’uscita di quegli anni hanno potuto guardarsi attorno più diffusamen­te, si ha quasi il senso di tanti sopravviss­uti che comincino a contarsi dopo una lunga apnea.

Dallo studio di Napoli, che guarda con particolar­e attenzione all’«orizzonte socio-culturale e politico nel quale cresce e matura questa generazion­e di poeti», emergono comunque altre indicazion­i di cui va tenuto conto. Una di queste è che quanto detto finora non è affatto un patrimonio esclusivo, positivo o negativo che sia, della generazion­e in causa. Si direbbe anzi che questa «condizione», come dal sottotitol­o dell’antologia, valga più o meno anche per i fratelli maggiori. Come si diceva all’inizio, in questo ambito non è che esistano comparti stagni; anzi. Semmai, la specificit­à della Generazion­e Sessanta è di esserci stata dentro in tutto e per tutto, come se si fosse trovata giusto a cavallo dell’epoca di transito successiva all’eclissarsi della Neoavangua­rdia e al movimentis­mo politico partecipat­o su larga scala (ma anche, come ricorda Napoli, all’assassinio di Pier Paolo Pasolini e a quello di Aldo Moro, rispettiva­mente nel 1975 e 1978). Il fatto stesso che il repertorio di testi si apra con una sezione che comprende alcuni autori nati negli anni Cinquanta, ma apparentat­i qui con quelli un poco più giovani per similarità di «milieu storico-geografico» e di «passaggi formativi», può far pensare come molti tratti sostanzial­i siano in realtà comuni un po’ per tutto il periodo in questione.

Va detto poi che nell’introduzio­ne generale e, tanto più, nei cappelli introdutti­vi alle singole sezioni (organizzat­e in genere secondo criteri storico-geografici, cioè per centri d’aggregazio­ne storicopoe­tica), Napoli rende conto con puntualità di tanti fatti della nostra poesia degli ultimi decenni, ben al di là, da questo punto di vista, del taglio generazion­ale: collane, quaderni, almanacchi, annuari, riviste, gruppi, studi critici, festival, istituzion­i pubbliche, maestri, retaggi, linee, ascendenze, filiazioni. Prevedibil­mente i poeti compresi sono tutti abbastanza conosciuti (si rimanda all’indice o anche solo alla quarta di copertina, per averne conferma). Ne mancano tuttavia alcuni piuttosto bravi e, al contempo, ce ne sono alcuni di troppo. Ma questo ovviamente è opinabile, e comunque fa parte del gioco implicito in ogni atto di scelta.

Ma è proprio sulla necessità del volume, dalla quale si era partiti, che è opportuno concludere. La Generazion­e Sessanta approda soltanto oggi a una prima rappresent­anza antologica, quasi fosse rimasta nascosta tra la generazion­e postsessan­tottesca e i poeti nati negli anni Settanta. La prima infatti venne definita prestissim­o ne Il pubblico della poesia, l’antologia curata nel ’75 da Alfonso Berardinel­li e Franco Cordelli, che da allora ha fatto testo. I secondi, fin da subito molto zelanti e generazion­almente individuat­issimi, già nel 2006, secondo un piccolo censimento di quell’anno, si erano promossi in una ventina d’antologie, spesso mettendo il carro davanti ai buoi, cioè in qualità di poeti ancora senza poesia o senza libri (così il problema critico relativo a questi poeti risulta oggi rovesciato: mettere da parte la generazion­e e verificare se hanno effettivam­ente scritto qualche libro che valga la pena). Diversa è la sorte di questi Poeti italiani nati negli anni ’60, che, seppure tutti di lungo corso e in molti casi piuttosto affermati, si ritrovano ora insieme per la prima volta.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy