Corriere della Sera - La Lettura
La globalizzazione dell’Anno Mille
Il saggista britannico John Man, ospite del Festival èStoria, parte dalla breve presenza di colonie vichinghe in America per immaginare un flusso d’informazione capace di diffondersi dall’isola di Terranova fino a raggiungere l’Oceania
Anno Mille: suona importante, in parte perché ci piacciono i bei numeri tondi. Ma c’è di più. È importante davvero, perché fu allora che i Vichinghi sbarcarono nella regione che oggi chiamiamo Terranova, diventando così il primo popolo a collegare l’Europa all’America. La loro impresa segnò un timido passo avanti verso l’unità globale: la prima volta nella storia dell’umanità in cui fu possibile, in teoria, che un messaggio facesse il giro del mondo.
Naturalmente ci sono stati contatti tra i continenti fin da quando gli esseri umani sono migrati per la prima volta dall’Africa circa 215 mila anni fa (secondo i nuovi ritrovamenti del 2019), diffondendosi in gran parte del mondo e sconfiggendo diverse altre specie affini. Ma verso la fine del primo millennio c’erano ancora delle lacune. Nessuno aveva attraversato mai l’Atlantico, in una direzione o nell’altra. La Nuova Zelanda rimaneva una terra vergine dove giganteschi uccelli incapaci di volare si aggiravano nelle foreste incontaminate dalla presenza dell’Homo sapiens. In passato, molto tempo prima, alcuni esseri umani avevano raggiunto l’Australia camminando sulla terraferma, ma ora gli oceani si erano alzati di nuovo e nessuno li solcava. Un secolo dopo, tutti questi vuoti erano ormai stati colmati.
Ecco quindi un esperimento mentale. Immaginate che una notizia di grande importanza venga comunicata da un viaprono chingo alla sua base di Terranova. Non chiedete che cosa dice il messaggio. Ignorate tutti i problemi pratici. Supponiamo uno sviluppo pacifico, una traduzione perfetta, un ritmo costante. Le lunghe navi vichinghe portano il messaggio in Groenlandia e in Islanda, da dove poi arriva in Irlanda, Scozia e Scandinavia. I Vichinghi sono ovunque sulle coste europee e risalgono i fiumi fino alla Russia, dove commerciano con i locali, i Rus. Questi, a loro volta, trasmettono l’informazione lungo il Volga raggiungendo il Mar Nero e il mondo musulmano. Poiché i musulmani ricevono schiavi e oro dall’Africa subsahariana, il messaggio si dirige verso sud, attraverso il Sahara e il Nilo, portato in tutto il continente da agricoltori e pastori, fino a raggiungere i Khoisan nel deserto del Kalahari, che rappresenta il capolinea nell’Africa meridionale.
Nel frattempo, da Terranova il messaggio ha viaggiato anche nella direzione opposta, nelle Americhe, perché qui i Vichinghi commerciano e combattono (per
Saladino
Sulla via della seta
L’esercito di terracotta (traduzione di Filippo Benfante, Mondadori, 2009); Gengis Khan (traduzione di Elena Sciarra, Mondadori, 2006); Attila (traduzione di Claudia Belloni, Mondadori, 2007)
ANGELO RUTA alcuni anni) con le tribù locali. Il messaggio prende due strade diverse. Una si dirige a sud, tra le popolazioni delle foreste orientali, attraverso l’arido sud-ovest e i villaggi del Chaco Canyon, fino all’America centrale, e quindi alle Ande e al Rio delle Amazzoni. A nord, gli Inuit della cultura Thule, diffusi nell’Artico canadese, lo trasmettono ai loro parenti in Alaska, che lo portano attraverso lo Stretto di Bering fino alla Siberia nord-orientale, dove gli Inuit locali si procurano il ferro lungo la frontiera cinese.
In Cina avviene un’altra divisione. Il messaggio si diffonde verso sud, attraverso la Corea, fino al Giappone, quindi verso ovest, lungo gli itinerari commerciali che oggi chiamiamo Via della Seta, fino all’Asia centrale, e poi in India, dove il vasto Impero Chola lo trasmette allo Sri Lanka. Nel frattempo, i messaggeri avanzano nel Sud-est asiatico, attraverso l’Impero khmer dell’antica Cambogia.
In mare aperto, due regni collegati da commercianti arabi, cinesi e indiani
John Man ha pubblicato diversi libri, dedicati perlopiù a grandi personaggi dell’Oriente e alla rivoluzione determinata dall’invenzione della stampa. Alcuni suoi lavori sono usciti anche in Italia: (traduzione di Sandro Matteoni, Giunti, 2015); (traduzione di Rachele Salerno, Giunti, 2020);
rotte via mare e via terra attraverso l’arcipelago indonesiano. C’è forse un’incertezza riguardo alla penetrazione della Nuova Guinea, con le sue valli scoscese e boscose. Ma poi assistiamo a un nuovo slancio quando la notizia viene portata in canoa negli arcipelaghi del Pacifico fino alla frontiera polinesiana, per poi raggiungere con i primi coloni la terra vergine della Nuova Zelanda. L’Australia è rimasta isolata per decine di migliaia di anni, ma sulla costa settentrionale i commercianti stanno già cominciando a sfruttare certe creature marine simili a salsicce, le bêches-de-mer (note anche come cetrioli di mare o trepang), che in Cina, allora come oggi, sono considerate una prelibatezza. Dalle basi create dai raccoglitori di cetrioli di mare nella Terra di Arnhem, gli aborigeni australiani diffondono il messaggio nel continente.
Intanto, a nord dell’Hindu Kush, dove abbiamo lasciato uno dei messaggeri della Via della Seta, basta poco per attraversare l’Afghanistan e tornare nel mondo musulmano. Superate magicamente le differenze linguistiche, i messaggeri si incontrano da direzioni opposte e scoprono che il loro messaggio è lo stesso.
Immaginate che tutto questo sia avvenuto a passo d’uomo, 24 ore al giorno. Il nostro messaggio percorre 56 mila chilometri in un anno lungo uno qualsiasi dei suoi diversi percorsi. È sufficiente per una diffusione globale. Solo alcune comunità remote rimangono escluse: gli abitanti dell’Isola di Pasqua (dimenticati dal resto del mondo secoli prima), quelli della Terra del Fuoco, alcune tribù amazzoniche e altre in Siberia, sull’Himalaya e nelle Filippine. Ma per la maggior parte dell’umanità il mondo è già uno solo.
Si tratta, ovviamente, di pura fantasia. Ma c’è una sorta di realtà incorporata in essa. I legami tra le culture erano reali. E vi fu una teorica finestra di opportunità per la diffusione a livello planetario. Non rimase aperta a lungo, solo un paio di decenni, ma il «villaggio globale» di oggi venne prefigurato mille anni fa.