Corriere della Sera - La Lettura
Sul divano sotto l’occhio di Putin
La Russia prima della guerra nel reportage del tedesco Stephan Orth
Erano gli anni Novanta quando comparve la parola globalizzazione. Gli apparati economici, sociali e culturali di diverse regioni del mondo si stavano integrando, grazie ai sistemi di comunicazione e allo sviluppo tecnologico. Sembrava che di conseguenza il mondo intero, in tutti i suoi aspetti, avrebbe dovuto integrarsi, fino a ridisegnare la struttura stessa della geografia, inscrivendola in un contesto unitario e multidimensionale più veloce, più coeso, più fluido, in cui lo spazio fisico contasse meno. Così non fu e oggi l’effettiva interconnessione del mondo e l’aumento delle differenze e dei confini sono i due poli del paradosso della globalizzazione, che la pandemia, appunto, ha ben mostrato. Si è discusso di tutto ciò anche nel numero de «la Lettura» del 21 aprile, in un’ampia serie di articoli e interviste attorno ai temi del confine, dello spazio, delle differenze e dei conflitti. Quattro termini che è difficile separare.
Certamente la globalizzazione, e in questo caso non ha tradito le aspettative, raggiunge il suo apice nelle connessioni stabilite dalle reti informatiche, che hanno consentito lo sviluppo di comunità
Dormire sul divano del «nemico» per entrargli in testa e scoprire che il «nemico» non solo ci assomiglia ma che la sua pessima reputazione va messa per buona parte in conto al capo. Viaggia per tutta la Russia il pluripremiato giornalista tedesco Stephan Orth (1979), esploratore di luoghi poco battuti dalla stampa occidentale, come l’Iran e l’Arabia Saudita. L’obiettivo è ben chiaro mentre lascia il suo incarico allo «Spiegel»: diventare un Putinversteher, colui «che comprende». È il 2014 quando la cancelliera Angela Merkel spiega che Putin vive «in un altro mondo». E allora che cosa c’è di meglio che partire per quell’«altro mondo» e andarlo a conoscere? Dieci settimane, 24 ospiti e relativi divani, un totale di 21.583 chilometri da Mosca via Volgograd a Grozny verso sud, da Ekaterinburg via Irkutsk e il lago Bajkal a Vladivostok verso est: Orth scandaglia l’anima russa, quella che Edward Snowden, fonte del Datagate, esule più o meno volontario all’ombra del Cremlino, definirà «sorprendente» atterrando allo