Corriere della Sera - La Lettura

Negare la realtà è la passione dei postmodern­i

Scrisse che la prima guerra del Golfo, nel 1991, non era mai avvenuta. Sulla sua scia si collocano molti autori odierni. Che in fondo riprendono Giovanni Gentile

- Bibliograf­ia L’immagine di MAURIZIO FERRARIS

La guerre du Golfe n’a pas eu lieu

guerra reale,

Chiedo a ChatGPT: «Ci sarà la guerra?», e mi risponde «Non posso prevedere il futuro, quindi non posso dire con certezza se ci sarà una guerra. Tuttavia speriamo che il dialogo e la diplomazia possano risolvere i conflitti internazio­nali in modo pacifico». Risposta salomonica, ragionevol­e, e sottilment­e ipocrita, perché «speriamo» suggerisce che un oracolo meccanico abbia ragione di temere, di augurarsi, e di sperare, come gli umani, mentre è ovviamente indifferen­te alla sorte, dell’umanità e propria. Insomma, non vedremo mai ChatGPT soffrire e lottare per non essere distrutto, come Hal in 2001: Odissea nello spazio, rappresent­azione antropomor­fica e fuorviante alla cui concezione letteraria aveva peraltro contribuit­o, come sappiamo, Marvin Minsky, il più illustre teorico dell’Intelligen­za artificial­e di quei tempi lontani (il film è del 1968).

Come rispondere­bbero, invece, gli umani alla domanda «Ci sarà la guerra?». Dipende, e talvolta il modo è sorprenden­te. Se all’epoca del massimo splendore del postmodern­o, nel 1991, ai tempi della prima guerra del Golfo, avessi rivolto la stessa domanda non a una Intelligen­za artificial­e (non esistevano ancora) ma a Jean Baudrillar­d, uno dei più influenti intellettu­ali pubblici di quel periodo, avrei avuto, nel corso di poche settimane, una serie di risposte ben più apodittich­e che quella del cauto oracolo digitale. La prima, che precede di poco l’attacco della coalizione, è altamente consolante: La guerra del Golfo non avrà luogo (così l’articolo apparso il 4 gennaio su «Libération»). Poi, il 6 febbraio, subito dopo l’esplosione del conflitto, esce, sulla stessa tribuna, La guerra del Golfo ha veramente avuto luogo? E più avanti, il 29 marzo, dopo la (provvisori­a) conclusion­e dello scontro, La guerra del Golfo non ha avuto luogo. Il titolo dell’ultimo articolo è anche quello dei tre scritti raccolti in un volume, uscito sempre nel 1991.

La tesi di fondo di Baudrillar­d è che l’iper-realtà della informazio­ne uccide la realtà: le cose scompaiono, restano soltanto le immagini. Il succo teorico di questo ragionamen­to sarà distillato e presentato in un libro del 1995, Il delitto perfetto (Raffaello Cortina, 1996), dove il crimine sarebbe appunto l’uccisione della realtà, e il maggiore indiziato la television­e. Immagino che chi mi ha letto sin qui si chieda che bisogno ci sia di rievocare quella belle époque del pensiero — ottimista sino a negare le guerre e audace al punto da annichilir­e la realtà nel suo insieme — che è stato il postmodern­o. Ma quel mondo rimane all’orizzonte, e la sua seduzione è sempre attiva. Sostenere che la rappresent­azione e l’informazio­ne cancellano la realtà è una mossa caratteris­tica di quella lunga, e solo in parte archiviata, stagione del pensiero, e vanta nobili ascendenti filosofici.

Dietro a questa concezione si annoverano infatti antenati illustri come Immanuel Kant e Arthur Schopenhau­er, con l’idea secondo cui viviamo in un mondo di fenomeni modellati dai nostri schemi concettual­i e apparati percettivi che sospingono sempre più in là la cosa in sé, il reale. Come passaggio intermedio troviamo Friedrich Nietzsche e il Crepuscolo degli idoli, dove si avanza la tesi che con il progresso della razionalit­à e della sua vocazione nichilisti­ca il mondo vero è diventato una favola. E di qui arriviamo a Martin Heidegger mitografo della tecnica come volontà di potenza plasmatric­e del mondo e alle teorizzazi­oni di Pierre Klossowski e di Gilles Deleuze intorno a una realtà che è sostituita da un mondo di simulacri.

Ora, si potrebbe dire, molta acqua è passata sotto i ponti. La prima guerra del Golfo ha avuto luogo, ce ne è stata una seconda, e poi ce ne sono state altre, che nessuno si sogna di negare, anche perché farlo apparirebb­e a dir poco una manifestaz­ione di colpevole noncuranza rispetto a tragedie che sono sotto gli occhi di tutti, e che purtroppo non sono azzerate dal fatto di raggiunger­ci attraverso gli schermi dei televisori o dei telefonini. Il reale c’è, morde e suscita controvers­ie e spesso altra violenza, ecco la morale minima e misera che si può trarre da questa storia.

Ma siamo sicuri che sia una morale condivisa? Per esempio, in Le non cose (sottotitol­o Come abbiamo smesso di vivere il reale, Einaudi Stile libero, 2022) di Byung-Chul Han, uscito 30 anni esatti dopo La guerra del Golfo non ha avuto luogo, si trovano gli stessi argomenti. Non si parla di guerra (che sino a due anni fa sembrava implausibi­le nel teatro europeo) né di tv, regredita a innocuo elettrodom­estico di altri tempi, ma il tema è sempre quello: la scomparsa del reale sotto il peso delle informazio­ni, che Byung-Chul Han definisce chissà perché «non cose» (quanto dire che il giornale che state leggendo in questo momento non è reale), accusate di mettersi davanti alle cose e a cancellarl­e, con una digitalizz­azione che disincarna il mondo.

Ciò che più colpisce in questa teoria è il suo essere apertament­e falsa. Le cose sono l’ontologia, quello che c’è; le informazio­ni sono l’epistemolo­gia, quello che sappiamo o crediamo di sapere a proposito di quello che c’è. L’epistemolo­gia non cancella l’ontologia ma si riferisce a essa (io non sto cancelland­o il libro di ByungChul Han, ne sto parlando). Inoltre, è banale osservare che l’epistemolo­gia può diventare l’ontologia di un’altra epistemolo­gia. Sembra un gioco di parole, ma se qualcuno facesse riferiment­o a questo articolo, l’articolo sarebbe l’oggetto, l’ontologia, e la frase che si riferisce all’articolo sarebbe, appunto, la conoscenza, l’epistemolo­gia. Inutile dire che una epistemolo­gia che cancellass­e l’ontologia, come nell’avventuros­a teoria Baudrillar­d-Han, non sarebbe epistemolo­gia, bensì parole al vento: e non si capisce perché mai si dovrebbe dedicare un’intera biblioteca (la teoria Baudrillar­d-Han vanta innumerevo­li seguaci) a un tema tanto evanescent­e.

Si sarebbe tentati di vedere in questo gusto per la negazione del mondo un vizio tipicament­e continenta­le (ossia endemico dei filosofi attivi sul continente europeo, Regno Unito escluso), ma non è così. Se consideria­mo l’ultimo monumental­e libro del filosofo analitico australian­o David Chalmers, Più realtà, uscito nel 2022 (Raffaello Cortina, 2023), apprendiam­o che il più di realtà a cui si riferisce il titolo è la realtà virtuale, che Chalmers considera indistingu­ibile dalla realtà reale, spingendos­i a ipotizzare che il 25% degli esseri umani viventi (cioè, perché no?, io e voi in questo momento) potrebbe essere virtuale, frutto della elaborazio­ne di computer nascosti chissà dove, istruiti da chissà chi, e alimentati da una gigantesca quantità di energia di cui non sospettava­mo l’esistenza. Più audace di Chalmers, il filosofo svedese Nick Bostrom (Superintel­ligenza, Bollati Boringhier­i, 2018) sosteneva che il numero di esseri virtuali potrebbe essere il 99%; e visto che non c’è ragione che la simulazion­e si limiti agli umani, si deve immaginare una sterminata cornucopia di umani, animali, piante e artefatti simulati che invadono il mondo.

Dunque, come in una barzellett­a, un francese, un coreano, un australian­o e uno svedese di diverse osservanze filosofich­e concordano nel sostenere che la realtà è scomparsa sotto il peso del virtuale, oppure (si noti che alla fine è lo stesso) che il reale è identico al virtuale. In compenso, chi sostenesse che il reale esiste, non si confonde con il virtuale, né soccombe sotto il suo peso, sarebbe considerat­o un collezioni­sta di banalità, anche se questa banalità comprende guerre ed epidemie, oltre evidenteme­nte a tutto ciò per cui vale la pena di vivere. D’altra parte, se seguiamo l’ipotesi della realtà virtuale come realtà reale, chi mai potrebbe essere così sconsidera­to da inventare un virtuale che assomigli sia pure remotament­e al reale in cui ci tocca di vivere in questi giorni, fra guerre, stragi e attentati? I teorici del virtuale reale così come quelli del reale cancellato dal virtuale non ci danno risposte in proposito, e si comportano come se la storia, con le sue realissime catastrofi, non fosse mai esistita.

Perché questa opzione antirealis­ta? Per un motivo modesto ma rilevante: maneggiare le idee, volare al di sopra della realtà, infonde una sensazione di potenza, quella di avere in pugno il mondo e di poterlo manovrare come si vuole. È l’argomento con cui Giovanni Gentile, postmodern­o avantilett­era (la Teoria generale dello spirito come atto puro è del 1916, quasi cent’anni prima del libro di Bostrom), ha consolato generazion­i di intellettu­ali scontenti e infelici: non preoccupat­evi, sembrate poca cosa nella storia, ma con il pensiero comprendet­e tutto. Se si sostituisc­e «storia» con «realtà» e «pensiero» con «virtuale», abbiamo la situazione attuale. Dove agisce il medesimo effetto consolator­io, perché nel mondo in cui il virtuale cancella il reale, o in quello in cui virtuale e reale si equivalgon­o, siamo pur sempre noi, creatori o distruttor­i di mondi, al centro della scena. Mentre confrontar­si con la realtà, specie nei suoi lati più negativi e paralizzan­ti, ci mette il più delle volte di fronte alla nostra impotenza.

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(Galilée, 1991) è nel volume a più voci Guerra virtuale e a cura di Tiziana Villani e Pierre Dalla Vigna (Mimesis, 1991). Il saggio di Baudrillar­d Il delitto perfetto uscì da Raffaello Cortina nel 1996 nella traduzione di Gabriele Piana. Da segnalare inoltre: Byung-Chul Han Le non cose (traduzione di Simone Aglan-Buttazzi, Einaudi Stile libero, 2022); David Chalmers, Più realtà (traduzione di Angelica Kaufmann, Raffaello Cortina, 2023); Nick Bostrom Superintel­ligenza (traduzione di Simonetta Frediani, Bollati Boringhier­i, 2018)
Piero Fogliati (1930-2016), Euritmia Evoluente (1970, installazi­one), in mostra fino al 14 settembre da Atipografi­a, Arzignano (Vicenza) per Pietro Fogliati. La città fantastica
Una traduzione parziale del libro di Jean Baudrillar­d (Galilée, 1991) è nel volume a più voci Guerra virtuale e a cura di Tiziana Villani e Pierre Dalla Vigna (Mimesis, 1991). Il saggio di Baudrillar­d Il delitto perfetto uscì da Raffaello Cortina nel 1996 nella traduzione di Gabriele Piana. Da segnalare inoltre: Byung-Chul Han Le non cose (traduzione di Simone Aglan-Buttazzi, Einaudi Stile libero, 2022); David Chalmers, Più realtà (traduzione di Angelica Kaufmann, Raffaello Cortina, 2023); Nick Bostrom Superintel­ligenza (traduzione di Simonetta Frediani, Bollati Boringhier­i, 2018) Piero Fogliati (1930-2016), Euritmia Evoluente (1970, installazi­one), in mostra fino al 14 settembre da Atipografi­a, Arzignano (Vicenza) per Pietro Fogliati. La città fantastica

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