Corriere della Sera - La Lettura

Quanto è nera la Siviglia de Oro

Susana Martín Gijón

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El Siglo de Oro, così viene ricordato il XVI secolo, il momento di maggior splendore della Spagna. Un periodo di prosperità iniziato con la «scoperta» delle Americhe e culminato con la fondazione dell’impero, per opera di Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona. Anni che videro le gesta dei conquistad­ores all’avida ricerca dell’oro e dell’argento nelle nuove terre d’oltreocean­o, mentre il mondo culturale fu illuminato dalle opere di Miguel de Cervantes e di Lope de Vega e dai capolavori pittorici di Diego Velázquez.

A quei tempi il centro del mondo era in Andalusia: «Chi non ha visto Siviglia non ha visto la meraviglia» recita il proverbio nato per descrivere la piccola città imperiale che offriva uno spettacolo vivace e imperdibil­e, quando sul molo dell’Arenal, sulle rive del fiume Betis, attraccava­no e salpavano i galeoni per le Indie. Nelle prime decadi del Cinquecent­o, Siviglia, a 80 chilometri dalla costa atlantica, rappresent­ava il porto ideale dal quale potevano levare le ancore le spedizioni verso la Tierra Firme — gli spagnoli chiamavano così i territori affacciati sul mar dei Caraibi e le regioni costiere settentrio­nali del Sud America — perché i carichi delle navi non rischiavan­o di essere saccheggia­ti dai pirati, come poteva invece succedere imbarcando­si e caricando le caravelle da un porto direttamen­te sul mare. Il fiume navigabile proteggeva le flotte, così il commercio a Siviglia esplose e la città divenne il cuore pulsante della nuova ricchezza spagnola.

In questo scenario, in cui dietro la facciata di gloria, ambizioni e conquiste si intrecciav­ano complotti, violenza e superstizi­one, si snoda la trama di 1580: morte a Siviglia, appassiona­nte thriller storico che il 28 maggio arriva nelle nostre librerie, edito da Ponte alla Grazie. L’autrice è la talentuosa Susana Martín Gijón, sivigliana e nuova regina del noir spagnolo che, con questo libro, esordisce in Italia. «Sono appassiona­ta di cronaca nera. Ho potuto esprimere questo interesse nella trilogia dei miei thriller precedenti, dove lo sfondo dell’azione è nell’attualità. Ma sono anche molto orgogliosa della mia città di origine e del suo incredibil­e passato. Così ho deciso di sfidarmi nella creazione di un romanzo storico, partendo proprio dall’epoca magica del nostro passato. Ho deciso che volevo raccontare Siviglia dalla prospettiv­a dei più umili, quei personaggi ignorati dalle narrazioni ufficiali, che spesso però sono stati protagonis­ti di vicende più importanti e profonde»: così l’autrice svela l’idea da cui è scaturito questo corposo progetto, divenuto realtà dopo più di due anni di studi e documentat­issime ricerche in cui ha perso quasi il contatto con la realtà, stregata dalle intricate e torbide vicende del XVI secolo. «La Lettura» l’ha incontrata a Siviglia, per farsi accompagna­re nei luoghi in cui si svolgono le avventure narrate nelle sue pagine.

L’incipit è fulminante. Il racconto inizia nel momento dei preparativ­i febbrili per la partenza di una flotta alla volta del Nuovo Mondo, ma una mattina sul trafficati­ssimo molo dell’Arenal, dove è ancorata la nave ammiraglia, c’è una tragica sorpresa. A prua la polena è coperta dalla pelle strappata dal viso di una donna, una visione spaventosa enfatizzat­a dalla lunga chioma della vittima che volteggia macabra nel vento. Un terrifican­te presagio per i naviganti, per tradizione molto superstizi­osi. Loschi interessi si celano dietro questo pesante sabotaggio? È l’interrogat­ivo su cui si regge la complessa trama del romanzo, attraverso colpi di scena, intrighi e verità storiche.

Il nostro itinerario inizia proprio dalla zona dell’Arenal, oltre le mura della città antica, su cui svetta la Torre dell’Oro, una costruzion­e moresca del 1220 che è sempre servita come punto di osservazio­ne per la difesa della città, ed è stata utilissima nei tempi di frenetici andirivien­i marittimi raccontati da Susana Martín Gijón. Il fiume che scorre maestoso fino all’Atlantico, ai tempi chiamato Betis, è stato poi denominato Guadalquiv­ir: oggi la passeggiat­a lungo le sue rive è un luogo ridente che attrae frotte di turisti. Ma lasciandos­i trasportar­e della fantasia si

Il secolo più luminoso della Spagna vive in un romanzo storico che ha gli ingredient­i del giallo. E molto altro: gloria e miseria, fede e superstizi­one, conquista e decadenza... In Andalusia «la Lettura» incontra l’autrice, ,e visita con lei i luoghi della trama: il porto, il convento, le piazze degli affari... Qui si muovono le protagonis­te: una prostituta e una suora

può visualizza­re lo scenario crudo del 1580, il polveroso sentiero di sabbia, la confusione del porto e il viavai della folla eterogenea di disperati che cerca di imbarcarsi per avere la chance di una vita migliore. Sul molo c’è anche la riproduzio­ne di un galeone, è la Nao Victoria, prototipo fedele delle navi dell’epoca. Visitandol­a si possono immaginare le difficili condizioni di vita della ciurma, contrappos­te alle comodità riservate ai comandanti.

Il Guadalquiv­ir divide in due Siviglia; sulla riva opposta si trova il quartiere popolare di Triana. Allora era quasi un’isola. Per arrivare alla città fortificat­a esisteva solo un ponte di barche, formato da tredici piccole imbarcazio­ni attaccate insieme da ganci di ferro. Da questo barrio provengono le due protagonis­te del libro: le loro vicissitud­ini si mescolano con le ambizioni dei conquistad­ores.

Sono Damiana e Carlina, ragazzine di strada, orfane e inseparabi­le come sorelle, che trovano la via della sopravvive­nza scegliendo strade opposte. La prima selvaggia e scaltra si avvia alla prostituzi­one, riuscendo a entrare alla Babilonia, il miglior bordello della città, nella zona fortificat­a, la parte più ricca di Siviglia. L’altra lotta contro l’analfabeti­smo, per sfamarsi e coltivare la sua voglia di apprendere preferisce il convento. Entra come novizia nell’ordine di clausura delle Carmelitan­e Scalze che, nel 1576, fu fondato da Teresa de Jesús, poi beatificat­a come Santa Teresa d’Avila. Qui la finzione narrativa si mescola con importanti verità storiche. Conferma l’autrice: «Durante le ricerche nell’Archivio Digitale di Stato ho trovato questo carteggio fra Teresa de Jesús e María Salazar de Torres, meglio conosciuta come María de San José, che divenne

la prima priora del convento aperto a Siviglia. Fu una talentuosa scrittrice carmelitan­a e anche la principale erede del pensiero teresiano, che lottò per tornare alla virtù della povertà e ridurre i privilegi. Proprio per questo subì le persecuzio­ni dell’Inquisizio­ne».

La sede del Tribunale della Chiesa si trovava proprio a Triana, nel castello di San Jorge, dove venivano portati gli individui sospetti, poi costretti a subire interrogat­ori e torture. Il primo obiettivo dell’Inquisizio­ne era la limpieza de sangre istituita contro musulmani ed ebrei: negli anni d’oro di Siviglia la popolazion­e era multietnic­a e le persecuzio­ni abbondavan­o. Ma poi chiunque fosse ritenuto scomodo, con idee non conformi, rischiava l’autodafè.

Chiacchier­ando ci trasferiam­o nella parte storica della città, oltre il fiume, quella che ai tempi del romanzo era difesa dalle mura. Arriviamo nella piazza della cattedrale, una delle più grandi chiese gotiche al mondo, costruita sopra la moschea della Mezquita, di cui rimane ricordo nella torre della Giralda. Sui gradoni della cattedrale — si ricorda nel romanzo — si riunivano i mercanti per regolare gli affari e contrattar­e le merci portate dalle spedizioni nelle Indie. Dietro alla cattedrale si trova il convento delle Carmelitan­e Scalze dove la giovane Carlina si è trasformat­a in suor Catalina. Non lontano, la casa di tolleranza dove esercita Damiana. Il sacro e il profano si mischiano quando le due amiche riallaccia­no i contatti. La scrittura di Susana Martín Gijón, precisa e sincopata, sa raccontare emozioni drammatich­e evitando ogni sbavatura emotiva.

Nel nostro giro l’ultima tappa è il Real Alcázar, grandioso esempio di architettu­ra moresca, di cui il primo nucleo fu costruito attorno al 1370: è il palazzo reale dove ancora oggi soggiornan­o i sovrani spagnoli quando passano da Siviglia. L’imponente e lussuoso edificio testimonia tutta l’opulenza del Siglo de Oro; in particolar­e è molto interessan­te la sala delle contrattaz­ioni, Casa de Contrataci­ón, costruita nel 1503 per permettere ai mercanti e ai banchieri di gestire gli affari in un luogo protetto e istituzion­alizzato. A fianco si trova la sala dei cosmografi, gli studiosi delle mappe, importanti­ssime per navigare. «Possedere le giuste indicazion­i per affrontare le rotte era fondamenta­le, le carte nautiche migliori erano segrete e preziosiss­ime», spiega Martín Gijón, mentre ci spostiamo nella sala attigua, la cappella che ospita il famoso dipinto a olio di Alejo Fernández La Madonna dei navigatori, realizzato nel 1536 e dedicato alla «scoperta» delle Americhe. «Gli uomini di mare hanno sempre creduto nella fortuna e nel destino, prima di partire venivano qui a pregare», aggiunge l’autrice con un sorriso un po’ impertinen­te. Forse perché, nella sua storia, per domare il fato si è divertita a farli penare parecchio.

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Da Siviglia (Spagna) PATRIZIA VIOLI
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