Corriere della Sera - La Lettura

Gae Aulenti L’architettu­ra non le bastava

- Di ANNACHIARA SACCHI

PLa Triennale di Milano ripercorre la carriera di una figura che ha lasciato una traccia decisiva con le sue visioni e i suoi progetti. Di città, edifici, musei, spettacoli. Di tutto

lastici, lucidi, grafici, disegni, schizzi, prototipi, appunti di case e di cose. Ci sono anche quelli, certo. Come in ogni mostra di architettu­ra. Ma al piano terreno della Triennale di Milano, oggi, i progetti di Gae Aulenti sono esposti in scala 1:1. In tredici sale. L’arrivo al mare, la sezione dedicata all’Italia per la XIII Esposizion­e del 1964, con le gigantogra­fie delle donne di Picasso «gioiosamen­te abbagliant­i» che corrono verso la spiaggia; il concession­ario Fiat — ci sono anche le auto — del 1973 a Zurigo; il salotto di casa Brion a San Michele di Pagana, in Liguria; un pezzo di navata del Musée d’Orsay; l’allestimen­to insanguina­to dell’Elektra di Richard Strauss diretta da Luca Ronconi. Architetto (non erano ancora i tempi delle architette), designer, scenografa di sconfinato talento: tutto questo era «la Gae», che oggi il Palazzo dell’Arte celebra con la prima grande mostra sulla sua carriera, durata oltre sessant’anni. Si intitola come lei: Gae Aulenti (1927-2012).

La retrospett­iva (fino al 12 gennaio, realizzata in collaboraz­ione con l’Archivio Gae Aulenti e curata da Giovanni Agosti con Nina Artioli e Nina Bassoli) rende omaggio a una personalit­à tra le più rappresent­ative dell’architettu­ra e del design italiano e internazio­nale del secondo Novecento e dei primi anni Duemila. A una figura «senza steccati», che rifiutava le specializz­azioni (tanto da cimentarsi in più discipline), convinta che «il contempora­neo deve integrarsi con il passato», artefice di un’architettu­ra «in stretta relazione con l’ambiente esistente, che diviene quasi la sua forma generatric­e». C’è la sua storia umana e profession­ale nelle stanze ricostruit­e alla Triennale. E il suo carattere forte (in un mondo al maschile), impegnato, la mentalità aperta al nuovo e per questo divisiva (diceva: «Se piaci a tutti c’è qualcosa che non va»). Spiega Giovanni Agosti: «Ci piaceva l’idea di usare microscopi­o e telescopio, esporre le sue agende come la sala cinema dello Spazio Oberdan di Milano». Le antinomie proseguono: le foto dei viaggi («a un certo punto mollava tutto e partiva per conto suo») e i pezzi icona come la lampada Pipistrell­o; le colonne della Rotonda di via Besana, sempre a Milano, in cui Aulenti allestì la mostra di Christo del 1973, a cura di Germano Celant, e gli studi per la risistemaz­ione di piazzale Cadorna (1997-2000), snodo del trasporto milanese che l’architetto rivoluzion­ò con pensiline colorate, tettoie di vetro, colonne scatenando infinite polemiche soprattutt­o per aver scelto, in mezzo alla piazza, il monumento Ago, Filo e Nodo di Claes Oldenburg e Coosje van Bruggen.

Seduzioni di una mostra leggibile (da tutti, anche dai non esperti) e «piena di enigmi». Costellata «delle stesse trappole che riempivano la sua esistenza», ribadisce Agosti. Operazione complessa. Nina Bassoli, responsabi­le dell’Architettu­ra alla Triennale, aggiunge: «È sempre una sfida esporre l’architettu­ra, notoriamen­te un’arte non da mostra. Noi lo facciamo con sorprese ed esperiment­i». E allora stupisce la testa di cavallo ricostruit­a come il resto della stazione Museo della metropolit­ana di Napoli, in piazza Cavour (la scultura originale è opera di Donatello). E colpiscono i lettini dell’Istituto Magnolfi di Prato, un ex orfanotrof­io, dove Gae Aulenti allestì Le baccanti di Euripide (1977), con la regia sempre di Ronconi. Percorrend­o le sale si ritrova l’attenzione dell’architetto Aulenti a considerar­e sempre il contesto in cui operava, senza mai snaturarlo. E, da parte dei curatori, lo sforzo di ridare vita a spazi che non esistono più: abitazioni private, negozi, spettacoli «per una resurrezio­ne dell’effimero».

Una serie di ambienti. Uno dentro l’altro. Sono palcosceni­ci, piazze, in cui far scorrere la vita. E dove il visitatore — Nina Artioli, direttrice dell’Archivio e nipote di Gae Aulenti parla non a caso di «spettatore» — può affrontare un viag

gio nella storia dell’architettu­ra europea, che comincia negli anni Sessanta con l’Arrivo al mare premiato nel 1964 e termina con una porzione dell’aeroporto di Perugia (2007-2012) intitolato a San Francesco, dipinto con il rosso prediletto: così, con l’ultimo lavoro che la Gae inaugurò di persona, si chiude la mostra.

Montaggio raffinato. Intorno alle stanze (l’allestimen­to è dello studio Tspoon), le gallerie mostrano il dietro le quinte del lavoro di Aulenti, con le sue lettere, i telegrammi, le agende, gli articoli di giornale, i bozzetti per un continuo passaggio tra pubblico e privato, in cui entrare e uscire a piacere, come faceva lei dalla porta che separava la sua casa di via Fiori Oscuri dallo studio. «Ogni oggetto che vedete in mostra — ha raccontato la figlia Giovanna Buzzi durante l’inaugurazi­one di martedì 21 — è stato pensato e deciso, ripensato e rideciso». Il risultato è un invito alla scoperta «non per farne un’elegia — sono parole di Agosti — ma una riflession­e politica sul progetto». Una rilettura, frutto di un furioso lavoro di ricerca, che supera la manualisti­ca e riconsider­a il personaggi­o Aulenti (nata Gaetana Emilia) in tutte le sue declinazio­ni.

Dettagli da scovare e apprezzare. Il negozio Olivetti di calle Suipacha (1969) a Buenos Aires dispone con precisione filologica le macchine per scrivere, perfino le stesse luci; la vetrina sulla Beethovens­trasse del salone Fiat di Zurigo accoglie il visitatore con la sua pedana inclinata di colore argento. Poi tappa a Venezia, a Palazzo Grassi, per l’allestimen­to dell’esposizion­e Futurismo & Futurismi nel 1986: alle pareti ci sono i quadri (originali) di Balla, Boccioni, Severini, Sironi in prestito dal Museo del Novecento di Milano... Per capire il livello di approfondi­mento della «materia», bisogna osservare le didascalie della sezione ricreata del Musée d’Orsay (il progetto che tra 1980 e 1986 trasformò la vecchia stazione sulla rive gauche della Senna in uno dei poli espositivi più importanti al mondo): identiche a quelle del museo parigino. Altri particolar­i su cui soffermars­i (e divertirsi): alle pareti della stanza dedicata all’aeroporto di Perugia sono appesi due monitor come quelli che indicano partenze e arrivi. Solo che qui compaiono le città in cui ha lavorato Gae Aulenti.

Personaggi­o internazio­nale, con Milano al centro di una creatività senza limiti, città da cui trarre spunti e stimoli. E per cui impegnarsi civilmente, come fece nel 1972 (e non solo) con il progetto Milano invece di Milano, che aveva raccolto il consenso di Pier Paolo Pasolini: un’idea visionaria di pedonalizz­azioni, piste ciclabili e un museo nel carcere di San Vittore (non se ne fece nulla). Poi il legame con la Triennale, sottolinea­to dal suo presidente Stefano Boeri: «Qui Gae Aulenti ha mosso i primi passi, allieva di Ernesto Nathan Rogers al Politecnic­o di Milano. Qui ha ricevuto il 16 ottobre 2012 (è scomparsa pochi giorni dopo, il 31 ottobre; era nata il 4 dicembre 1927 a Palazzolo dello Stella, Udine, ndr) la Medaglia d’oro all’Architettu­ra Italiana». E qui, in mostra, ha ripreso vita la Galleria dei disegni progettata e realizzata (poi in parte smantellat­a) per l’istituzion­e nel 1994.

Tributo «kolossal» a Gae Aulenti a dodici anni dalla morte, in un momento di grande attenzione internazio­nale nei confronti di questa figura (la piazza che le è stata intitolata meno di due mesi dopo la morte, pedonale, sopraeleva­ta e circolare, frutto della maxirigene­razione dell’ex quartiere delle Varesine, è diventata un nuovo centro di Milano). «Il distacco storico — aggiunge Nina Artioli — ci ha consentito di affrontare la mostra con maggiore lucidità. La distanza serviva». I mondi di Gae Aulenti, il suo privato, il lavoro quotidiano: la mostra è accompagna­ta da una guida e da un mazzo di carte (Electa) concepito come mappa delle relazioni intrattenu­te dalla Gae. Il catalogo (Electa) è in arrivo in autunno. Nel frattempo, la ricerca dei curatori prosegue con una serie di appuntamen­ti speciali in cartellone dopo l’estate. Poi, una volta chiusa la mostra, la tournée: ci sono già contatti con Londra, Tokyo, San Francisco, Parigi.

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Nella foto grande in bianco e nero: Gae Aulenti ritratta da Ugo Mulas mentre allestisce L’arrivo al mare, 1964 (fotografie Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas) e, qui sopra, la ricostruzi­one alla Triennale (foto di A. Saletta). Sotto: Milano, piazzale Cadorna (foto di Guia Sambonet)

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