Corriere della Sera - La Lettura
Il parco della poesia danza sé stesso
Che verrà consegnato al poeta Gian Mario Villalta, celebrerà il visionario mecenate Giuliano Gori, scomparso quest’anno: nel teatro all’aperto uno spettacolo dei Kataklò
Per la prima volta, Giuliano Gori non ci sarà: la terza edizione del Premio Celle Arte e Natura, riconoscimento biennale dedicato alla poesia, sarà un omaggio alla memoria del mecenate dell’arte contemporanea scomparso il 26 gennaio di quest’anno. Domenica 2 giugno, nella Fattoria di Celle a Santomato (Pistoia), verrà premiato il vincitore del biennale Premio Celle, il poeta friulano Gian Mario Villalta, in una «giornata di poesia per Giuliano»: in programma la presentazione del libro d’artista di Villalta, con Antonio Riccardi e gli autori premiati nelle scorse edizioni, Giuseppe Conte e Antonella Anedda), per chiudere con lo spettacolo Garden in Motion dei Kataklò Athletic Dance Theater, diretto dalla fondatrice della compagnia, Giulia Staccioli. Prima dell’evento, sarà annunciata una «sorpresa», la nuova opera voluta da Gori per il parco, e i figli del mecenate racconteranno i progetti futuri.
La giornata sarà soprattutto un omaggio all’«idea» di Gori: la Fattoria di Celle ospita una straordinaria raccolta d’arte contemporanea che continua nei 45 ettari del parco. Un esempio monumentale di arte ambientale: 80 opere di oltre 70 artisti, tutte site specific, realizzate per dialogare con la terra, la villa, i boschi, le acque del parco. Installate le prime opere negli anni Settanta, la collezione-museo è cresciuta popolandosi di sculture e installazioni di Alberto Burri, Stephen Cox, Joseph Kosuth, Sol Lewitt, Marino Marini, Robert Morris, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Richard Serra...
Un’installazione del 2018 racconta l’altra passione di Gori, la poesia, anzi la poesia legata alla natura, cui ha dedicato anche il Premio Celle: è La serra dei poeti, opera firmata da Sandro Veronesi, scrittore e architetto, e dal paesaggista e musicista Andrea Mati (un omaggio di Veronesi alla memoria del collezionista è su «la Lettura» #636, del 4 febbraio 2024). È solo un esempio dei molti legami e rimandi che si intrecciano nel luogo, tra poesia, arte e natura: nel parco c’è anche Scultura Celle, opera del 1982 del grande scultore Mauro Staccioli (1937-2018), padre di Giulia Staccioli, la regista dello spettacolo che andrà in scena nel teatro creato nel parco dall’artista americana Beverly Pepper. Spiega a «la Lettura» la regista: «Sarò lì per l’affetto verso la figura straordinaria di Giuliano Gori, che ha toccato con grande impatto anche la vita di mio padre. La proposta di creare uno spettacolo per l’evento, venuta da Paolo Gori, mi è sembrata l’occasione per una riflessione attraverso un linguaggio, quello del corpo, che è materico e fisico come l’arte».
Continua la regista: «Nel 1982, quando ha costruito l’opera nel parco di Celle, era il momento in cui mio padre cominciava ad avere una sua forza e visibilità a livello internazionale. Gori ha creduto nella potenza del suo segno nell’ambiente: aveva un dialogo continuo con i suoi artisti, una relazione molto forte. Per un artista, sono quei segnali, quei messaggi che ti permettono di credere ancora di più nella tua opera». Già campionessa di ginnastica ritmica prima che coreografa, Staccioli nota la coincidenza tra i luoghi in cui il padre realizzava le sue opere monumentali, Seul, Los Angeles, e le città dei Giochi olimpici cui lei ha partecipato: «Ci sono questi intrecci nelle nostre vite, ed è curioso ora, a distanza di tempo, ricongiungere tutti questi punti». Sui particolari dello spettacolo, conclude: «Quando parlo di materia, intendo sempre la materia viva. Anche nella scultura, l’elemento utilizzato dà luce, struttura, movimento. Certo, la danza è effimera, deve essere sempre ricostruita, rimessa in azione: in questo è diversa rispetto alla scultura di mio padre. Però il suo lavoro di ricerca, artigianale, manuale, torna nel mio lavoro di coreografia. Mi ritrovo, negli equilibri e disequilibri delle opere di mio padre». In scena, nella giornata del Premio Celle, Garden in Motion sarà ispirato allo spazio in sé: «Un grande parco con una natura dirompente, e le opere che ospita. Sarà anche questo un lavoro site specific: un giardino in movimento, in cui oltre alla natura è anche l’arte a trasformarsi».
Nel giorno del Premio che celebra il legame tra poesia e natura, il vincitore Gian Mario Villalta, poeta, scrittore, direttore artistico del festival Pordenonelegge, presenterà il suo libro (Prima che l’oscurità rassicuri la sera, Edizioni Gli Ori, con opere di Vittorio Corsini, plaquette nata dalla residenza d’artista offerta al vincitore alla Fattoria di Celle). «Giuliano Gori parlava poco — racconta Villalta a “la Lettura” — ma dai discorsi traspariva, insieme alla coscienza del mondo e di tutte le sue difficoltà, che il suo progetto era come una testimonianza del bene della vita. Quando parlava di quel suo luogo, era come se dicesse che bisogna credere in qualcosa di più grande di noi. Che in fondo c’è qualcosa che lega qualsiasi riuscita formale dell’arte al profondo radicamento che abbiamo sulla terra. Esiste una diversità tra i vari artisti e le loro visioni, a volte estrema; ma è come se tutti, comunque, lavorassero per un bellissimo organismo al quale apparteniamo, la sfera terrestre con tutti i viventi».
Sui versi nati durante la residenza a Celle, e sulla sua poetica, Villalta spiega: «Sono nato in campagna, conosco la terra. Da sempre mi interessa il legame profondo tra l’umano e il suo abitare la terra attraverso la lingua. E la lingua è la materia della poesia. L’idea mia è stata quella di scrivere qualcosa che si radicasse in quel luogo, la storia, gli odori, la condizione della stagione. Il parco ha un forte magnetismo, lì c’è un pensiero, quello di Giuliano, poi fatto proprio da tutta la famiglia: si percepisce che le opere non sono trasportate là, ci sono nate. E poi sta succedendo una cosa molto interessante: anche i materiali resistenti ed estranei alla terra e all’erba, stanno affrontando un processo di reciproco adattamento: si consumano, si inseriscono nel tempo. Così, con la parola ho cercato di afferrare il tempo, fermarlo nella poesia».
Una visione oltre il presente che apparteneva al mecenate, conclude Villalta: «La sua visione fin dall’inizio andava oltre la sua vita, aveva a che fare con le vite degli altri e di quelli che verranno. Chi non ha visto il posto dovrebbe farlo: non è il luogo di un collezionista, è qualcosa che si fa fatica a definire, qualcosa di più: come se le opere che sono ospitate lì si trovassero tutte all’interno dell’opera grande, che è quella di Giuliano».