Truffe e soldi falsi in hotel di lusso Gli affari dell’«internazionale rom»
Vendono case, terreni e auto mai posseduti. Il ruolo delle finanziarie
Nel cellulare di Srbo R., un nomade slavo di 46 anni, fermato dalla polizia mercoledì mentre al Four Season tentava di truffare il manager di una squadra di calcio del Lussemburgo, in cerca di sponsor per rianimare le casse, c’erano nomi, fotografie e «report» delle prossime vittime. Tedeschi, inglese, un uruguayano, uno spagnolo, italiani. L’«internazionale rom» delle truffe non ha confini. La base è stata individuata dagli investigatori nel campo nomadi di Baranzate di Bollate, ma pedine principali per l’organizzazione criminale sono altri rom che vivono in Germania e in Francia.
Milano resta, questo sì, con i suoi hotel e ristoranti di lusso, il luogo degli appuntamenti finali per assestare i colpi, preparati mesi e settimane prima con l’invio di email e documentazione falsa (certificati, visure, atti notarili) che sembra vera. Come «finti» sono i temi degli affari: l’«internazionale rom» propone in vendita case e terreni non posseduti, gioielli e orologi taroccati, macchine esose che in realtà non esistono. Le vittime vengono agganciate anche con la promessa di ricorrere, qualora ve ne fosse bisogno, a canali preferenziali per l’approvvigionamento di denaro. Servono soldi per un appartamento? Nessun problema, evitiamo le banche, conosciamo finanziarie che a tassi convenienti erogano subito contante, anche in abbondanza. Naturalmente alla fine tutto è una truffa. Ma chi la subisce se ne accorge troppo tardi. I nomadi chiedono un anticipo, a conferma delle intenzioni dei compratori e nel contempo, per dimostrare la propria «correttezza», versano a loro volta somme di denaro. Anche cinquantamila euro. Di solito sono franchi svizzeri. E sempre sono soldi falsi. Mercoledì quel nomade, già noto alle forze dell’ordine e considerato uno dei «capi» milanesi dell’organizzazione, è stato notato dal personale del Four Season che ha chiamato la polizia. L’intervento decisivo è stato eseguito da una pattuglia del commissariato Centro.
Il «sistema» messo in piedi dai nomadi ( quando fanno bottino pieno festeggiano nei night in zona Duomo), è beninteso una pessima pubblicità per gli hotel e i ristoranti dove le truffe avvengono. Oltre al Four Season parliamo del Principe di Savoia, del Boscolo, del Marriott, del Park Hyatt; parliamo del Novecento, dell’Armani, dei ristoranti all’ultimo piano della Rinascente. Come arma di difesa, hotel e ristoranti hanno il potenziamento delle raccomandazioni alla security di stare all’erta, di memorizzare volti, atteggiamenti, movimenti sospetti. Ovvio che i rom sanno d’essere « attenzionati » , motivo per cui si servono di collaboratori oppure la giocano sull’immagine: giacca e cravatta, aspetto « ripulito » al massimo, ottime maniere, modi estremamente garbati, se vogliamo anche raffinati, l’arrivo all’ingresso con macchine — di recente s’è vista una rara Porsche Panamera — che sono più d’un «valido» biglietto da visita. Dopodiché, e prendiamo di nuovo quel 46enne del Four Season, i truffatori, anche quando vengono bloccati dagli agenti non hanno mai reazioni scomposte; semmai vi sono larghi sorrisi, un’aria di profonda innocenza, il giuramento d’esser stati mossi da semplici motivazioni imprenditoriali, e un lieve fastidio, solamente accennato, contro l’«accanimento» nei confronti degli slavi, dei rom, degli stranieri, quasi che non possano vendere e acquistare come chiunque altro. Imprecisato il numero dei componenti dell’«internazionale», che ha una geografia ramificata e agisce su più fronti. C’è abbondanza di «polli» da spennare, che cascano nei tranelli nemmeno immaginando