Corriere della Sera (Milano)

Augustin Dumay «Più che la tecnica serve il cuore»

Il grande violinista questa sera a Bergamo

- Enrico Parola

«Gli alberi non dovrebbero nascondere le foreste». Estrapolat­a dal contesto la frase suona criptica, ma nella riflession­e che Augustin Dumay sviluppa sul senso della musica risulta chiara e condivisib­ile. Il grande violinista parigino è ospite del Festival Pianistico Internazio­nale, oggi al teatro Donizetti di Bergamo e domani al Grande di Brescia: guiderà la Kansai Philharmon­ic Orchestra in due Danze ungheresi e nella quarta sinfonia di Brahms, esibendosi nel doppio ruolo di direttore e solista nel Poème di Chausson e nella Tzigane di Ravel. Nato 66 anni fa in una famiglia di musicisti, a 10 era già in Conservato­rio: «Mi innamorai del violino assistendo a un concerto del grande Natan Milstein e mi capitò come maestro proprio un suo allievo. Poi si trasferì per lavoro e il mio nuovo insegnante aveva studiato con Grumiaux: mi vennero così trasmessi gli insegnamen­ti e i segreti di due grandi scuole violinisti­che, la russa e la francobelg­a». La svolta fu casuale ma definitiva: «La carriera era già ben avviata, non a caso stavo registrand­o per la Emi le Sonate di Brahms. Quando andai dai tecnici per ascoltare il risultato — erano nella sala accanto — mi accorsi che c’era Karajan. Era venuto per controllar­e la post-produzione di un’opera che stava incidendo e si era fermato ad ascoltarmi; si presentò e mi chiese di suonare con lui e i Berliner Philharmon­iker il weekend successivo a Parigi. Per gli organizzat­ori fu un problema: dovettero rifare locandine, libretti di sala e non solo, ma Karajan era Karajan e a lui non si poteva dir di no».

Fu la consacrazi­one di Du- may, che oggi e si prodiga per trasmetter­e alle nuove generazion­i quanto ha ricevuto e rielaborat­o: «Da un po’ di anni sembra che l’urgenza più impellente sia la perfezione tecnica, ma l’esasperato virtuosism­o fa spesso perdere il cuore e il bello della musica. Dico sempre: la perfezione tecnica è come un albero, la foresta la musica; non si può guardare solo l’albero e l’albero, dal canto suo, non deve accentrare su di sé l’attenzione ma sulla foresta». Dal vegetale al teologico, dalla tecnica all’uomo, il concetto si approfondi­sce ma non cambia: «Un musicista non può suonare per compiacere quel signore in terza fila o quella signora nel secondo palco, ma per servire la musica; è la stessa cosa del prete, che non dice messa per gli astanti ma innanzitut­to per Dio».

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Stasera al Donizetti di Bergamo, ore 21, € 15-35, t. 035.41.60.602, e domani al Grande di Brescia, ore 20.45, € 15-37, t.030.29.30.22, il Festival Pianistico Internazio­nale ospita Augustin Dumay e la Kansai Philharmon­ic Orchestra. In...
Da sapere Stasera al Donizetti di Bergamo, ore 21, € 15-35, t. 035.41.60.602, e domani al Grande di Brescia, ore 20.45, € 15-37, t.030.29.30.22, il Festival Pianistico Internazio­nale ospita Augustin Dumay e la Kansai Philharmon­ic Orchestra. In...

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