C’È UN ORTO curato dagli impiegati SUL TETTO
Spopola nelle aziende milanesi la moda Usa del «roof gardening» Nascono onlus per la consulenza «Riceviamo centinaia di richieste»
Sa di americanata, e in parte lo è, il cetriolo coltivato in ufficio e sgranocchiato in pausa pranzo, la melanzana annaffiata nelle ore buche, poi cucinata a casa. Ma sa anche di dopolavoro alla milanese, vedi lo storico orto aziendale del «Corriere» al cimitero Musocco — prossimo ormai alla vendita — o la terrazza al 25° piano del grattacielo di Porta Nuova, coltivata ad uso dei dipendenti di Unicredit. Ora, saranno gli influssi scandinavi e «bio», la voglia di sporcarsi le mani di terra e risparmiare qualcosina, se si può, sulla spesa al supermercato; mettiamoci pure l’Expo. Fatto sta che sono «sempre di più» gli uffici milanesi dove i dipendenti hanno a disposizione un orticello per l’autoconsumo, e vi si dedicano con passione — orari di lavoro permettendo — come tanti Marcovaldi.
«L’interesse da parte delle aziende sta crescendo, e va oltre la vetrina di Expo perché realizzare un orto è di per sé un progetto a mediolungo termine», spiega Umberto Puppini di Orti d’Azienda, onlus milanese che si occupa di consulenze mirate alle imprese per la realizzazione di orti aziendali su misura. C’è la Lombardini 22, studio di architettura che ospita oltre cento professionisti in zona Porta Genova: qui «l’idea dell’orto è nata in linea con la filosofia societaria, che punta a una progettazione attenta alla sostenibilità» spiega la responsabile Elda Bianchi. «Ce ne occupiamo in tre sfruttando un cortile sul retro, ma in ufficio siamo in tanti e occorrerebbe più spazio: il sogno è estenderci sul tetto della nostra sede, speriamo di poterlo fare in futuro». Per ora ci si accontenta del sughetto con la maggiorana, qualche cetriolo e pomodorino — «splendidi» — e soprattutto «il clima umano di condivisione, il piacere di veder lavorare la natura di giorno in giorno», racconta Bianchi.
Il «piacere della condivisone», appunto, ma anche l’amor della natura che fa capolino là dove non sembrava possibile, imperterrita, inaspettata: è quello che muove i dipendenti-orticoltori anche al Teatro Parenti, dove i terrai sono ricavati dalle scenografie di vecchi spettacoli. «Ne abbiamo fatto dei cassoni di legno, li abbiamo impermeabilizzati, abbiamo fatto il drenaggio e piantato la verdura — racconta Costanza Rampello della Fondazione Pierlombardo —. Per cominciare abbiamo puntato per comodità sulle piante a bassa manutenzione». Erbe aromatiche, timo, finocchietto selvatico. E ancora: zucchine, cipolle, porri, kiwi.C’è anche qualche albero da frutta, riciclato da un «Giardino dei ciliegi». Quattro i dipendenti coinvolti tra cui il direttore amministrativo del teatro.
Unicredit ha fatto le cose più in grande: una cinquantina i dipendenti che coltivano l’orto rialzato nella torre A del grattacielo a Porta Nuova, al 25° piano. In genere, però, «ad avviare dei progetti sono soprattutto aziende medio-piccole, attive in genere nel terziario avanzato con una vocazione all’innovazione anche nel gestire il rapporto con i dipendenti», spiega Puppini: la sua onlus, creata pro bono da un gruppo di consulenti milanesi quattro anni fa, ha realizzato una quindicina di orti aziendali in città ed è stata contattata da «oltre un centinaio» di imprese. Il modello, ammette, viene dalle grandi aziende americane. Noi saremo anche più piccoli, va bene, ma non per questo meno bravi.